Mosaic – Recensione

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Bisogna andare oltre una manciata di minuti per togliere un primo strato di ruggine, derivazione e capire, così, esattamente cosa sia Mosaic.




Superato dunque il primo impatto, fuorviante quanto riconoscibile nello stile e nelle sembianze di progetti quali Inside, passando per Matrix, il gioco di Krillbite  ci catapulta in un mondo grigio e freddo, una sequela di bassi poligoni che formano un quadro distopico di una società capitalistica che ha ormai automatizzato tutto il genere umano. L’anonimo protagonista di Mosaic si sveglia nel freddo letto, il telefono suona la sveglia preimpostata la sera prima. La spegniamo. Inizia una nuova e grigia giornata.

PILLOLA ROSSA

Nelle circa quattro ore che serviranno per concludere, non faremo altro che ripetere la routine della solita giornata, così da capire i meccanismi coi quali la città è riuscita a trasformare il genere umano in automi freddi e rigidi, carne da macello per la promessa capitalistica del domani, che risuona nei cartelloni pubblicitari e nelle strade, negli uffici affollati o peggio sul nostro smartphone, ormai vero e propria estensione sociale – come sessuale – per interagire con il prossimo.Mosaic Recensione

Storia fortemente derivativa, ma rielaborata in modo cristallino per il proprio fine

In questo programma così perfetto, il nostro protagonista comincia a vedere spiragli colorati nelle sue giornate; un raggio di luce che attraversa il vetro della finestra, un gatto che si intrufola in un cantiere edilizio mostrando la terra, gli alberi, le piante e le foglie, tutti ricchi di sfumature cromatiche fino ad allora sconosciute a tutti oppure particolari individui nei sobborghi della città a suonare i loro strumenti e rendere viva la loro vicina confort zone. Come se non bastasse a destabilizzare la psiche del nostro protagonista, ogni mattina, dopo essersi lavato i denti, farà la conoscenza di un pesciolino rosso che uscirà fuori dal lavandino, e che puntualmente decideremo se portare con noi nel taschino, oppure lasciarlo divertire nelle fogne sotto al nostro W.C. Mosaic in questi piccoli contesti si diverte a mostrare un surrealismo da sogno ad occhi aperti. Tutte le piccole distrazioni informi e colorate a cui andremo incontro nel nostro quotidiano tragitto casa-lavoro, ci renderanno sempre più partecipi e consapevoli di essere diventati un ingranaggio in una grossa macchina capitalistica, che si premura di alimentare l’anestesia collettiva con pubblicità assordante e pubblicità con messaggi sullo smartphone.

Quest’ultimo sarà un oggetto richiamabile a piacimento, dove potremo ottenere nuove app, scannerizzandole dai cartelloni pubblicitari, oppure leggere corrispondenza di persone che si firmeranno come nostri genitori, amici o colleghi, ma ai nostri occhi saranno tutte masse informe senza volto, esteticamente identiche.

PILLOLA BLU

Il senso di avventura verrà meno sin da subito. Con un semplicistico sistema punta e clicca – purtroppo macchinoso, con il nostro piccolo impiegato che si incastrerà spesso contro poligoni di oggetti o porte – dovremmo tendere una linea retta tra il punto A, il nostro appartamento, e il punto B, il nostro ufficio.Mosaic Recensione

Ci troveremo in una realtà capitalistica dalle grige e sinistre caratteristiche di distopia

In mezzo troviamo una sequela di situazioni che si avvalgono di una narrazione audiovisiva e di un supporto sonoro davvero accurati, e che confezionano un dramma distopico di pregevole fattura, magari evidentemente ridondante e derivativo, ma con precisi momenti in cui sembra chiedere uno sforzo mentale al giocatore, chiedendogli di entrare in empatia con il nostro grigio impiegato: quante volte abbiamo visto fuori dal finestrino di un treno immaginando qualcosa oltre l’orizzonte? Quante volte abbiamo posto lo sguardo verso altre persone, immerse nei loro smartphone, senza riuscire a catturarne una sfumatura che le rendesse uniche? La solitudine del protagonista di Mosaic, identificabile come una primitiva forma di depressione o semplice misantropia, muterà nell’atto finale in un grido di battaglia contro il sistema, un urlo con cui radunare altri simili e pretendere ed esigere il proprio posto nel mondo, abbattendo ogni muro costruito artificialmente.

Proprio nella fase finale, quando si viene a capo della causa che ha trasformato tutti in automi meccanizzati, Mosaic perde smalto: proprio quando gli si richiederebbe uno sforzo in più, per raccogliere bene tutto ciò che ha seminato, il racconto perde di smalto non riuscendo a chiudere il cerchio drammaturgico con la stessa ferocia, quella con cui aveva dipinto il quadro distopico iniziale.

È difficile scrivere di Mosaic senza cadere nella poesia in prosa o nel saggio esistenziale


Sicuramente una piccolezza che non intacca complessivamente un progetto piccolo, ma consapevole della storia che vuole narrare o mostrare. Derivativo, sì, ma riesce a confezionare e indirizzare gli stilemi tipici di genere, verso un messaggio universale che abbraccia molteplici punti di lettura. Arrivati alla fine potremmo comunque provare diverse run per cambiare alcune scelte durante i diversi giorni che scandiscono i livelli di gioco. Rubare altre parole sarebbe un furto, perché di effettivo c’è davvero poco da scrivere di Mosaic, ma quello che riesce a comunicare è qualcosa che è difficile mettere nero su bianco senza cadere nella poesia in prosa o nel saggio esistenziale. Lasciatevi cullare da questa storia.

Mosaic è un prodotto per un determinato pubblico. I rimandi ad altre opere di genere sono palesi e proprio a queste persone Mosaic si riferisce, sacrificando consapevolmente una qualunque forma di gameplay, riducendosi ad un punta e clicca tutto con mouse, dove ci verrà chiesto di vivere e assaporare questa storia, facendoci essere spettatori in prima fila.

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Pro

  • Ambientazione ispiratissima.
  • Narrazione surrealista sfaccettata.
  • Ottimo sonoro.

Contro

  • Si perde nel finale.
  • Imprecisioni nei comandi.
8

Più che buono

Tra un tunnel carpale e l'altro, amo Dwayne "The Rock" Johnson, Independence Day, Destiny e il DC Extended Universe, tutti buoni motivi per farmi odiare.

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