Daymare: 1998 - Recensione

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Siamo alla fine degli anni ’90. Di punto in bianco un’isolata cittadina americana è in pieno stato d’emergenza. Da anni l’intera zona è sotto lo stretto controllo di una multinazionale farmaceutica; i suoi loschi piani hanno dato vita a un virus in grado di fare letteralmente miracoli, donando a chiunque venga contagiato una resistenza sovrumana e una forza davvero impressionante. C’è solo un unico, piccolo, insignificante problema… Nel processo l’ospite muore, per poi risvegliarsi completamente privo di qualsiasi pensiero. Niente più che un’ombra di quello che era in vita, questa nuova creatura ha in mente solo una cosa: contagiare chiunque abbia intorno, creando caos ovunque vada. Come prevedibile nessuno riesce a contenere la situazione. Polizia, mercenari ed esercito non sono davvero in grado di fermare la carneficina e gli abitanti muoiono come mosche. La trama vi sembra familiare? Dovrebbe! Una delle più famose serie horror della storia dei videogiochi condivide tantissimi dei punti in comune con il primo titolo creato da Invader Studios, Daymare: 1998, e tutte queste similitudini sono ben più che semplici coincidenze.

IL CUORE OLTRE L’OSTACOLO

Tutto è nato dall’amore smodato per Resident Evil. Dopo il successo del primo storico remake, sbarcato nel 2002 su GameCube, tutti i fan già salivavano all’idea di sbranarsi una versione più moderna del secondo capitolo, forse il gioco più amato della serie. L’attesa è stata in realtà davvero lunghissima. Per il piccolo manipolo di sviluppatori italiani aspettare con le mani in mano per oltre 17 anni non è stato possibile.daymare: 1998 recensione

Tutto è nato dall’amore smodato per Resident Evil

Dalla loro passione è nata quindi l’idea di dare vita a un remake non ufficiale, che avrebbe saziato la loro fame e quella di tutti gli altri pronti ad accogliere l’amato classico nel nuovo secolo. Come prevedibile, dopo l’annuncio ufficiale di Resident Evil 2 Remake, uscito questo gennaio, i nostri eroi si sono ritrovati ad affrontare emozioni parecchio contrastanti. Da una parte i loro sforzi sono stati legittimati dalla stessa Capcom, che li ha invitati personalmente a dare un’occhiata al progetto durante il suo sviluppo (e chiedere “gentilmente” loro di interrompere il proprio), dall’altra è sopraggiunta l’amarezza per non poter completare l’opera sulla quale avevano speso davvero tantissimo tempo ed energie. La soluzione al problema è stata tanto semplice quanto temeraria: riutilizzare quello che si può per dare vita a un gioco tutto nuovo.

GIORNI DI TERRORE

Daymare: 1998 si apre con l’arrivo in elicottero di un team di soldati speciali in una base completamente invasa da infetti per recuperare alcuni importanti campioni. Come prevedibile tutto inizia ad andare storto praticamente sin da subito e, in mezzo al frastuono, alcuni contenitori del pericoloso virus cadono nel centro abitato vicino, creando il finimondo. Noi vestiremo i panni di 3 diversi protagonisti intenti a sopravvivere all’interno di ospedali invasi dalle fiamme, le affollate strade cittadine e centri di ricerca colmi di nonmorti. Uno di questi, Sam, dovrà fare i conti non solo con gli “zombie” – che piuttosto che divorarle preferiscono spruzzare allegramente acido sulle proprie vittime per diffondere il contagio – ma anche con la propria sanità mentale. Senza le sue medicine, la testa si rivelerà spesso il nemico più temibile e lo tartasserà con orribili visioni.daymare: 1998 recensione

alcuni contenitori del pericoloso virus cadono nel centro abitato vicino, creando il finimondo

Si tratta di una storia piuttosto semplice, che sembra esser nata più che altro dall’esigenza di far arrivare i propri personaggi nei giusti scenari senza badare troppo a infonderle senso e continuità. Piuttosto che legare tra loro le vicende dei protagonisti con un debole filone conduttivo sarebbe forse stato più efficace raccontare storie slegate tra loro di diversi sopravvissuti, ognuno con i propri obiettivi e destinazioni. A parte tutto, la trama da film di serie B non è in realtà un problema serio, specie quando si parla di un videogioco del terrore. Il problema principale in questo caso è che Daymare: 1998 passa la maggior parte del suo tempo a prendersi decisamente troppo sul serio, per poi fare di tanto in tanto un repentino dietrofront e trasformarsi nella sagra della citazione, molto più spigliata e consapevole di sé ma in qualche modo anche ”infantile”.

TRA ALTI E BASSI

Come avrete già intuito, in questa recensione non avremo peli sulla lingua nel giudicare il lavoro dei ragazzi di Invader Studios. La loro lodevole decisione di dare nuova vita al proprio lavoro merita una critica (magari anche troppo) severa, nella speranza che questo non sia che il primo dei loro titoli. Il problema più pesante di Daymare: 1998 è la sua inconsistenza. Grafica, doppiaggio e animazioni variano in maniera evidente di qualità, con alcuni degli assetti in grado di brillare molto più di altri. Il tutto sembra in realtà derivare da una carente direzione artistica, che non riesce a rendere omogenee le svariate buone idee messe sul piatto. La recitazione un po’ innaturale non è di per sé un problema, ma quando a essa si si aggiungono dei dialoghi un po’ forzati e dei copioni non proprio stellari il risultato può risultare un po’ pesante. A volte, tenendo anche conto della portata del progetto, è meglio fare meno per dare di più.daymare: 1998 recensione

Il problema più pesante di Daymare: 1998 è la sua inconsistenza

Il gameplay è probabilmente uno dei migliori aspetti di Daymare: 1998. La sensazione data dalle armi è più che buona e i nostri colpi hanno sempre un bel rinculo e un discreto potere d’arresto sui nostri nemici. Purtroppo però a inficiare la godibilità dell’azione ci pensa l’impossibilità di rimappare i tasti nel menù opzioni. Il mio povero mignolo a mala pena è riuscito a sopravvivere ad alcune delle scene più concitate, costretto a lavorare senza sosta per far corricchiare il mio personaggio.
Le sezioni di esplorazione trasudano survival horror da tutti i pori e, dall’ospedale in poi, si mantiene sempre un buon ritmo tra azione e suspense. Si tratta di un discreto crescendo che inizia come un lento e metodico survival e culmina con un gioco molto più orientato all’azione. Durante le circa 12 ore di campagna gli sviluppatori si sono dimostrati anche in grado di saper parlare con indizi ambientali e raccontare storie creando il giusto contesto. In questo caso a rompere le uova nel paniere arrivano purtroppo il piazzamento un po’ meschino di alcuni dei nemici, che hanno preso troppo seriamente la frase “terrore dietro ogni angolo” aspettando in agguato nel tentativo di rubare un po’ di vita al giocatore, accompagnati a volte da alcuni effetti decisamente invadenti.
Il gioco offre anche una buona serie di novità rispetto ai titoli da cui prende ispirazione, vantando un sistema di ricarica molto più approfondito, che ti costringe a inserire le singole munizioni nei caricatori perché sia utilizzabile (e fa ovviamente eccezione per i fucili a pompa); alcune armi possono fare affidamento anche su proiettili più potenti, in grado di fare a brandelli gli zombie. Molto buono anche il sistema di cure, così come la sfida aggiunta dall’hacking di porte speciali e casseforti. Purtroppo, il design dei boss e dei mostri speciali davvero pecca di fantasia, passando dallo zombie leggermente deforme alla buffa corsa al ”Nemesis del discount”. Un peccato in realtà, perché proprio quest’ultimo è forse il più interessante nemico da affrontare, nonché uno dei pochi a rompere la ritrita formula degli scontri: spara, corri via, ricarica, spara. La versione su cui abbiamo potuto mettere le mani non era quella definitiva e abbiamo purtroppo assistito a diversi bug (sui quali i programmatori stanno già lavorando e che si spera scompaiano con la patch del day one) e non abbiamo potuto appurare la qualità del testo in italiano.

Daymare: 1998 non è, senza dubbio, un gioco privo di difetti. La scarsa direzione artistica porta a un livello di qualità non proprio costante, ma ha mostrato anche diversi punti a suo favore, tra cui una buona colonna sonora e una grafica che riesce a volte a superare le costrizioni di un piccolo indie. Quella di Invader Studios è un’opera nata da una storia davvero travagliata, che può comunque risultare piacevole agli amanti del genere o a chi vorrebbe ripercorrere le stradine di Keen Sight, alla ricerca degli assetti che avrebbero dato vita a Raccoon City.

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Pro

  • Buona colonna sonora.
  • Diverse meccaniche interessanti.

Contro

  • Qualità inconsistente.
  • Bug e cali di fps.
6.5

Sufficiente

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