Il suono si fa colore, forma, movimento. Accarezza le zone erogene dei sensi, irrorandole di percezioni che tendono a mescolarsi, scambiarsi di posizione come nel gioco delle tre carte, al banco un truffatore che non permette di rimetterci mano fin quando non ci si impone di togliere le cuffie. Sinestesia applicata al videogioco, come ci ha insegnato il genio Tetsuya Mizuguchi, sulle cui orme filosofiche Ludopium ha creato Vectronom, un’opera d’arte contemporanea in moto perpetuo, interattiva, sensuale, che sembra più adatta a diventare parte di un’esposizione piuttosto che rimanere segregata nelle quattro mura di un monitor.
ASCOLTARE COI CINQUE SENSI
Geometrie che reagiscono alle sollecitazioni sonore, come un virus e il suo vaccino, osservati da un microscopio posto in posizione isometrica, sotto un cielo epilettico che pulsa tinte pastello. Ogni livello, ogni traccia, è la coreografia di un ballo minimale sulla croce direzionale, come fosse la sublimazione spirituale di Dance Dance Revolution e del suo iconico palco interattivo. Il ritmo come un puzzle da risolvere per poi muovere il cubo gelatinoso con passi perfettamente sincronizzati ai bpm. Vectronom inganna subito con la sua avvenente estetica platform con un gran gusto per i giochi di prospettiva, quel “vedo-non vedo” che stimola sulle prime alla reattività più che allo studio, andando incontro a risultati naturalmente disastrosi finché non ci si lascia andare alla deriva, verso il suadente richiamo musicale, usando il corpo come metronomo organico.
Ogni livello, ogni traccia, è la coreografia di un ballo minimale sulla croce direzionale
Volume inchiodato al massimo, muscoli rilassati, respiro regolare, pronti ad un gameplay ipnotico per quanto schematico, concettuale ma giocoso
ARTE o arte?
Un pregio enorme che accomuna tutto il trasversale catalogo ARTE, storico canale televisivo franco-tedesco di divulgazione culturale, da qualche anno anche publisher di videogiochi artisticamente notevoli ed emotivamente possenti. Passa anche da questa sorta di mecenatismo (se la si vuole vedere in modo romantico e un po’ naive, perché alla fine l’obiettivo è sempre il lucro) la riscossa culturale del videogioco. Sebbene ogni astratto screenshot varrebbe la pena di essere stampato, incorniciato e appeso in casa, Vectronom è l’esempio lampante di come ogni componente del videogioco viva in funzione alle altre, in una simbiosi perfetta che ha l’obiettivo di amplificare le percezioni del giocatore, stressarle, spingerle al limite fino alla totale sincronia. È quella sensazione di meraviglia e benessere psico-fisico che ogni essere umano cerca nelle opere d’ingegno dei suoi simili, che in Vectronom tracima, sfondando argini mentali, aprendo la via a nuove esperienze.
Vectronom è un pezzo da museo, una di quelle installazioni interattive, sperimentali, davanti alle quali le percezioni diventano fluide. All’inizio sembra un rhythm platform, poi un puzzle musicale, alla fine una danza virtuale, quasi rituale, come mezzo per inneggiare alla meraviglia audiovisiva che ormai si è impadronita della nostra mente. Ludopium ha confezionato un’opera piccola e curatissima, breve ma estremamente rigiocabile, concettuale ma divertentissima, come un giocattolo da portare sempre con sé. Sfida esaltante, gameplay sensoriale, perfino spirituale, e una personalità travolgente. Ascoltatelo, guardatelo, toccatelo.