Il mondo tratteggiato nell’ultima opera di Clifftop Games ha un fascino unico. In un panorama dove il cyberpunk va fortissimo, tanto da essere quasi del tutto inflazionato, col suo eterno decadimento morale, la totale dipendenza dalla tecnologia, la deprimente disillusione negli occhi della gente, vitrei ed illuminati da sfavillanti neon, Whispers of a Machine va oltre. Oltre il Collasso, misteriosa svolta nel percorso dell’umanità che ha portato all’abolizione di qualsiasi tipo di Intelligenza Artificiale, il cui potere era talmente vasto da lasciare un vuoto storico dal momento della sua distruzione. Un reset post-cyberpunk che ha presumibilmente decimato l’umanità tra guerre e caos, costringendola a tornare indietro, ad annaspare per cercare un modo di riemergere verso il futuro. Cento e più anni dopo questo tragico Armageddon tecnologico, però, la sua ombra lunga è tornata a oscurare i cieli di Nordsund, pacifica cittadina svedese sporcata da una scia di sangue che sembra riesumare antichi culti e faide, politiche e religiose, tra chi era pro e chi anti-IA.
IL GIALLO SCANDINAVO APPLICATO ALLA SCI-FI
Un thriller crepuscolare, dal sapore metallico, dove la caccia al serial killer farà affiorare dalle acque torbide non solo segreti, simboli, ideologie, ma personalità ambigue mosse da sentimenti forti, violenti, tangibili. Merito di una scrittura di alto livello, sicuramente, e di una protagonista di gran carattere, perfetto arbitro della vicenda. Esterna alla comunità, Vera è una detective del Central Bureau dalle capacità chimicamente potenziate, non con innesti cibernetici, assolutamente illegali anche a livello governativo, ma dal Blue, sostanza che agisce su corpo e psiche per risvegliare doti sovrumane e dare una scossa alla struttura punta-e-clicca del caso. Non solo sarà possibile scannerizzare palmo a palmo le scene del crimine per analizzare tracce biologiche, ferite, impronte e trovare eventuali corrispondenze, ma anche percepire il battito del cuore del nostro interlocutore durante interrogatori o semplici chiacchierate, facendo luce su ogni ansia, resistenza a certi argomenti, menzogne, trasformandoci in infallibili macchine della verità ambulanti. Ogni dialogo diventa così attraente, interessante, enigmatico, impreziosito da un sistema a risposta multipla che inciderà sulla nostra inclinazione verso il prossimo. Usare un approccio empatico, analitico o assertivo non solo potrebbe portare le conversazioni verso lidi differenti, ma permetterà di sviluppare abilità uniche che cambieranno radicalmente il modo di risolvere determinate situazioni. Un’intuizione assolutamente interessante, che rende l’indagine molto personale, piegandone lo svolgimento alla propria indole, e per questo sempre fresca, come ci si immagina sia l’aria di Nordsund.
Un thriller crepuscolare dove la caccia al serial killer farà affiorare dalle acque torbide non solo segreti, ma soprattutto personalità ambigue
DIPINTI DAL FUTURO
Esteticamente l’opera Clifftop Games appare desaturata, tendente al “prevalentemente nuvoloso”, fioca come un mondo in cui la speranza si è riaccesa da non molto tempo. Una città che mostra segni di un degrado probabilmente passato ma da cui ancora non si è tirata fuori. Vetrine rotte che nessuno sembra voler riparare, sensazione di incuria che si ammorbidisce alla vista del delizioso orto comunale e molti esercizi chiusi, tra cui fortunatamente non figura il museo dedicato al Collasso, epicentro del folklore in cui questo mondo è immerso, oltre che scena del crimine e scenografia ricorrente.
Il problem solving sa essere vario, stimolante, capace di generare situazioni genuinamente sfiziose e dinamiche
Whispers of a Machine racconta uno spaccato post-cyberpunk di grande fascino, dove i destini del mondo si giocano tra le vie di una minuscola cittadina di periferia. La scrittura è brillante, tesa come solo un buon thriller sa essere, ingegnosa come l’ottima fantascienza, ambiente perfetto dove far muovere attori sempre interessanti da ascoltare, spiare e su cui azzardare congetture e ipotesi. Un’investigazione stimolante, sorretta da idee intelligenti e puzzle ben amalgamati nel tessuto punta-e-clicca dell’opera, complici nell’alzare il ritmo generale della narrazione (a meno di non bloccarsi in quei rari passaggi particolarmente cervellotici). Una sorpresa che non ha paura di dire la sua, che vale la pena di vivere tutta d’un fiato, se ne aveste la possibilità, complice la longevità modesta e l’alto livello di pathos che riesce a generare.