The Swords of Ditto : Mormo's Curse - Recensione

PC PS4 Switch

Quante volte un eroe deve sconfiggere la sua nemesi prima di interrompere il ciclo dell’eterno ritorno e mettere la parola fine una volta per tutte alla minaccia rappresentata dall’avversario? Due? Cento? Mille? Oppure ogni eroe è destinato ad affrontare all’infinito il suo copione? La narrativa moderna, così come quella antica, è piena di esempi di scontri destinati a ripetersi in un eterno confronto tra Luce e Ombra, da Batman al Signore degli Anelli, dal Ragnarok alla Bibbia passando per Dragon Ball e Star Wars. Uno degli esempi più brillanti, tuttavia, dell’utilizzo di questo archetipo narrativo non si trova su carta o su pellicola, ma tra i bit de La Leggenda di Zelda.

ANCORA TU?

Nelle diverse interpretazioni della Leggenda pubblicate nel corso dei decenni sulle console Nintendo, lo scontro eterno tra il male che corrompe, incarnato da Ganondorf, e l’eroe muto Link che vi si oppone si ripete attraverso le epoche storiche e le generazioni videoludiche. Una delle caratteristiche peculiari dell’epopea ideata da Shigeru Miyamoto è dunque la ricorsività, il ciclico scontro tra bene e male incarnati da eroe e anti-eroe, entrambi incastrati nello stesso meccanismo, gioco dopo gioco, storia dopo storia. Un concetto che onebitbeyond, piccolo sviluppatore supportato dai sempre illuminati Devolver Digital, ha provato a portare all’estremo nel 2018 con l’interessantissimo The Swords of Ditto, avventura che guarda a Zelda sotto molteplici punti di vista senza disdegnare la contaminazione col roguelite. Il Ditto del titolo è il regno che funge da ambientazione, un luogo all’apparenza molto simile al nostro mondo, su cui tuttavia grava la maledizione della strega Mormo. Questo essere malvagio, il cui influsso minaccia e condiziona la vita degli abitanti, può essere sconfitta solo ogni cento anni da un eroe che si riveli essere l’incarnazione di The Sword, il salvatore profetizzato dalla leggenda. Tradotta in meccaniche di gameplay, nella versione base del gioco questa trama metteva il giocatore nei panni di un eroe diverso a ogni (di)partita, mentre il mondo di gioco mostrava i segni, sia in termini grafici che attraverso un’abbondanza di nemici, di cent’anni di successi di Mormo qualora si incappasse in una sconfitta.
The Swords of Ditto Mormo's Curse

IN OCCASIONE DEL LANCIO SU SWITCH, ONEBITBEYOND HA RILASCIATO UNA NUOVA ESPANSIONE DISPONIBILE GRATUITAMENTE SU TUTTE LE PIATTAFORME

Perché ne parliamo al passato? Ma soprattutto, perché ne parliamo oggi, se il gioco è uscito lo scorso anno? Perché onebiybeyond non ha mai smesso di lavorare al suo gioco d’esordio e in occasione del lancio su Switch ha rilasciato gratuitamente una nuova espansione, Mormo’s Curse appunto, disponibile gratuitamente su tutte le piattaforme, che va a ritoccare diversi aspetti dell’esperienza originale. A partire dal permadeath, divenuta esclusiva del Hero Mode, epiteto dell’ultimo livello di difficoltà sotto cui è stato dirottato il gioco come originariamente concepito. Affrontando il gioco in questa modalità, ogni morte dell’eroe porta ancora a un balzo temporale di cent’anni in avanti, all’incarnazione di un nuovo The Sword, ma anche a un mondo di gioco più cupo e popolato da mostri. Per quanto originale e armonicamente legato alla trama, questo sistema di progressione porta con sé anche un certo livello di frustrazione che non tutti i giocatori hanno dimostrato di apprezzare, sia perché ogni fallimento sfocia inesorabilmente in una punizione, sia perché anche la sconfitta di Mormo, infatti, non si rivela sufficiente a interrompere il ciclo, la cui risoluzione definitiva è nascosta tra le pieghe di un endgame che si è rivelato troppo difficile da decifrare.

MA NON DOVEVAMO VEDERCI PIÙ?

Mormo’s Curse, dunque, segna una fase inedita nella vita di The Swords of Ditto, in cui il gioco si propone di offrire un nuovo approccio più accessibile anche ai giocatori di sicuro affascinati dal suo meraviglioso 2D, ma poco propensi a lanciarsi in un’esperienza di gioco così poco permissiva. Il Normal Mode abbandona quindi il permadeath, riportando l’eroe al suo letto dopo ogni morte, privato tuttavia di una parte del loot. L’unico luogo in cui questa regola è sospesa è il palazzo di Mormo, il dungeon che precede lo scontro finale con la strega, accessibile in realtà fin da subito per i più temerari, come il castello di Ganon in Breath of the Wild. A guardare con attenzione, il coloratissimo indie di onebitbeyond ha più di un punto in comune con l’ultimo capitolo di Zelda sul piano della struttura, con dei dungeon preparatori il cui completamento è facoltativo, ma vivamente consigliato dal momento che portarli a termine indebolisce Mormo. Per quanto, bisogna dirlo, il livello di genialità nel design degli enigmi che compongono queste aree non è purtroppo lontanamente paragonabile.
The Swords of Ditto Mormo's Curse

PRIVATO DEL GIOGO DELLE LANCETTE CHE CORRONO, THE SWORDS OF DITTO SI LASCIA APPREZZARE CON UNA DOSE MAGGIORE DI RELAX

Altra novità dell’espansione è l’abolizione del limite di tempo nel Normal Mode. Il gioco originale prevedeva infatti un conto alla rovescia terminato il quale il nostro eroe falliva la sua missione: prendendosela troppo con calma, The Sword doveva attendere altri cento anni per avere una nuova possibilità di vedersela con Mormo. Se da un lato questa componente riusciva a imprimere un senso di urgenza e fatalità che ben si legava con la narrazione, privato del giogo delle lancette che corrono, The Swords of Ditto Mormo’s Curse si lascia apprezzare con una dose maggiore di relax e consente di esplorare a dovere le meravigliose ambientazioni di cui si compone, incluse le nuove aree realizzate appositamente per l’espansione. Basta una rapida occhiata alle foto sparse per la pagina per capire come il lato estetico sia uno dei principali punti di forza del gioco, se non il motivo principale per farci almeno un giro. Lo stile è chiaramente ispirato all’animazione contemporanea a stelle e strisce, caratterizzato da un abbondante uso dei colori, una componente umoristica e linee arrotondate, ma decise, che richiamano da vicino gli slanci fantastici di Adventure Time. È un’interpretazione in chiave moderna del 2D classico, che sfrutta a proprio vantaggio tutti gli accorgimenti tecnici concessi oggi a partire dalla definizione: guardandolo nella sua semplicità e naturalezza viene da chiedersi per quale ragione non ci sia un intero filone di giochi che sfrutti questo stile, che almeno per quanto mi riguarda rappresenta l’uso migliore del 2D da decenni a questa parte. Il prezzo da pagare per una simile meraviglia è qualche caricamento più lungo del dovuto nelle transizioni tra gli scenari, ma è uno scambio in fondo che appare decisamente equo.
The Swords of Ditto Mormo's Curse

L’AGGIUNTA PIÙ INTERESSANTE È RAPPRESENTATA DA UNA SERIE DI RIFERIMENTI PIÙ ESPLICITI ALLA MITOLOGIA SU CUI È STATA COSTRUITA LA FIGURA DI THE SWORD

Le nuove aggiunte di Mormo’s Curse tuttavia si rivolgono anche a quei giocatori che hanno già affrontato o concluso il gioco nella sua forma originale, provvedendo ad ampliarne i confini attraverso una serie di aggiunte contenutistiche. Oltre alle nuove aree già citate in precedenza, tutte piuttosto ispirate, l’elenco dei contenuti aggiuntivi include anche toy e sticker inediti, ovvero le armi e gli incantesimi a disposizione di The Sword, tutti per altro piuttosto buffi, tra cui spicca il cartello “Kick Me” da attaccare alla schiena di un nemico per attirare su di lui il bullismo dei suoi compari o la possibilità di trasformarsi in un macigno e schiacciare rotolando i nemici sulla propria strada. L’aggiunta più interessante tuttavia è rappresentata da una serie di riferimenti più espliciti alla mitologia su cui è stata costruita la figura di The Sword. Questi dettagli non solo contribuiscono all’allestimento di un lore ben tratteggiato, ma soprattutto consentono di intuire con maggiore facilità quale strada sia necessario percorrere per interrompere il ciclo secolare e consentire al proprio eroe di primeggiare una volta per tutte, spezzando definitivamente la maledizione. Non è un dettaglio da poco, perché permette a The Swords of Ditto di aggiungere al suo repertorio anche una degna conclusione, in origine così complicata da raggiungere da rappresentare quasi un segreto da illuminati più che un vero e proprio epilogo.

Mormo’s Curse è un piccolo capolavoro di equilibrio, perché da una lato riesce ad aprire il gioco anche a chi trovava frustrante la componente roguelite, mentre dall’altro non snatura l’essenza originale di The Swords of Ditto, ma la integra con tutta una serie di elementi che possono soddisfare sia i nuovi che i vecchi giocatori.

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Pro

  • Il miglior 2D da anni a questa parte.
  • Le aggiunte scongiurano la frustrazione…
  • …ma non snaturano il gioco originale.

Contro

  • Alcuni caricamenti un po’ lunghi.
  • Dungeon dalle meccaniche un po’ semplici.
8

Più che buono

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