Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy - Recensione

PC PS4 Switch Xbox One

Phoenix Wright è il Perry Mason con più fortuna (diciamo così) che anima, l’avvocato difensore più famoso del panorama videoludico, uno con la testa tra le nuvole, che alla preparazione meticolosa del caso predilige l’istinto, lo spirito investigativo e una buona dose di irrazionale fiducia nel paranormale. E così Capcom porta oggi in alta definizione su PC e console Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy, la prima trilogia delle sue avventure (testuali) giudiziarie (dopo le versioni 3DS e iOS), nate su Game Boy Advance, confinate in Giappone, ed esplose a livello globale su Nintendo DS, fino a diventare un classico della sua sconfinata libreria. L’azione diventa scrittura brillantissima, nei suoi momenti più esilaranti come nei risvolti più tragici, sempre in equilibrio magistrale, circense; l’enigma si fa dialettico, con parole e prove usate per scardinare menzogne e girare il processo a nostro favore, sotto gli occhi increduli del barbuto giudice, attenti a non esaurire la sua barra della pazienza con deduzioni campate per aria, quel pizzico di arcade che non guasta mai.

L’AVVOCATO DELLE CAUSE PERSE

O che almeno sembrano tali. Prima di tutto perché nell’aula del tribunale detta legge l’accusa, impersonata da procuratori arcigni e determinati che rabbrividiscono di disgusto davanti alla presunzione d’innocenza. Personaggi indimenticabili, veri e propri co-protagonisti, avversari di boss battle verbali all’ultima obiezione. Miles Edgeworth, Franziska Von Karma, Godot, personalità sfaccettate, indimenticabili, tratteggiate con tanta cura da renderli vivi.

Perché se gran parte della bellezza della saga è uscire vincitori da un processo che sembrava perso in partenza, scoprire nuovi personaggi senza soluzione di continuità, così egocentrici, unici, caricaturali, è ciò che rende Ace Attorney così attraente e magnetico anche per chi non è avvezzo al genere. Alla fine il modus operandi è chiaro: c’è un reato, il più delle volte omicidi particolarmente efferati e ingegnosi, barocchi, un sospettato con l’acqua alla gola da difendere e varie sedute in aula, intervallate da investigazioni in stile punta-e-clicca in soggettiva attraverso schermate fisse coloratissime e dettagliate, disegnate a mano. Qui si cercheranno gli indizi che andranno poi usati per difendere chi finisce alla sbarra, disponendo di tutti i fondamentali strumenti del perfetto avvocato videoludico: un registro da consultare, la possibilità di incalzare i testimoni su una determinata frase e una poderosa voce per gridare “obiezione!” quando troveremo un’incongruenza nelle loro deposizioni (o quando ci sarà bisogno di scassinare i blocchi psicologici di certi personaggi, grazie al Magatama di Maya Fey, co-protagonista storica). Momento catartico, adrenalinico, sottolineato da una musica incalzante, con la spada di Damocle dell’intuizione errata sulla testa, che potrebbe portare alla fine prematura del processo in momenti particolarmente delicati. Non c’è azione, certo, ma il design dei processi scritti e diretti da Shu Takumi, la perfetta escalation di colpi di scena e ribaltamenti, rivelazioni e colpi bassi è talmente precisa da tenere incollati e tesi come corde di violino per ore, diciamo sessanta per tutti e tre i capitoli.

Scoprire nuovi personaggi senza soluzione di continuità, così egocentrici, unici, caricaturali, è ciò che rende Ace Attorney così attraente

Poco male se mancano, ovviamente, le variazioni sul tema degli episodi più recenti usciti su Nintendo 3DS (con l’eccezione dell’ultimo caso del primo capitolo, nato inizialmente per sfruttare le caratteristiche del DS), o la dinamicità nell’esplorazione dello spin-off dedicato a Miles Edgeworth, perché in verità questa trilogia risulta ancora la meno guidata e la più stimolante a livello cerebrale. Certi casi richiedono un lavoro di pensiero non lineare, una particolare attenzione ai dettagli, che si riflette poi nella soddisfazione di aver interpretato perfettamente il caso. È prolisso, certamente, e magari capita di giungere alla soluzione con qualche “passaggio” di anticipo, senza alcuna possibilità di arrivare subito al dunque, ma è la natura stessa del genere, che qui non si perde in scelte, bivi narrativi e simili. È un’opera molto classica nei modi, elegante nella struttura, sempre chiara. Bisogna essere predisposti alla lettura di migliaia di parole esclusivamente e inspiegabilmente in inglese (o giapponese), dato che gli originali su DS erano tradotti egregiamente nel nostro idioma. È però una lettura di altissimo livello che vale totalmente la pena vivere, per godere di tre storie giudiziarie dal gusto squisitamente giapponese, tra la commedia e il pulp.

TECNICA ALLA SBARRA

A livello estetico il titolo è esattamente quello che vedete dalle immagini qui intorno. Non è un banco di prova per le ultime schede grafiche ed è la versione in alta definizione di un gioco del 2001. Dagli sfondi ai personaggi tutti i contorni scalettati dalle basse risoluzioni sono stati ridisegnati per rendere l’immagine più pulita, morbida, vivida, senza toccare il numero delle animazioni o la messinscena generale.

Non c’è azione ma il design dei processi scritti e diretti da Shu Takumi, con quella perfetta escalation di colpi di scena, è talmente preciso da tenere incollati e tesi come corde di violino per ore

Un colpo d’occhio stile anime ancorato alla risoluzione di 1280×720, impossibile da modificare nonostante l’apposita opzione (non ho capito se è un problema mio o se verrà rilasciata una patch). È un perfetto “gioco da finestra”, ideale per rilassarsi, abbassare il ritmo della giornata appena trascorsa o la tensione di una partita a Sekiro, per esempio. Un’estetica vintage, piacevolissima, perfettamente in linea col mood delle opere, per quanto dimostri tutti gli anni che ha. Chiude il discorso il prezzo, 29,99€ che possono di utente in utente sembrare troppi o giusti. Il valore del trittico a livello ludo-narrativo è fuori discussione, ma Capcom si è davvero limitata al classico compitino, aggiornando la veste grafica il tanto che bastava e nulla più, sfigurando se confrontata ai due capitoli per 3DS.

Phoenix Wright: Ace Attorney Trilogy è un’ottima occasione per riscoprire un classico delle avventure testuali moderne. Tre titoli scritti da dio, appassionanti, ricchi di personaggi unici capaci di imprimersi nella memoria videoludica vita natural durante. Phoenix è un personaggio straordinario e non può che attrarre altre personalità fuori dal comune, amici, colleghi, assassini e criminali assortiti, lungo una prima parte di carriera ricca di colpi di scena pronti a scattare a tradimento, nel momento perfetto. Certo, si parla di un lavoro di rimasterizzazione che avrà portato via a Capcom ben poco tempo: portiamo tutto a in HD, studiamo i controlli per la tastiera, mettiamo inglese e giapponese e impacchettiamo a 29,99€. La scelta sta agli utenti che non hanno ancora avuto l’occasione di provare un trittico tutt’oggi stimolante e inossidabile nella scrittura, unico a livello tematico. Una di quelle opere capaci di fare innamorare.

Condividi con gli amici










Inviare

Pro

  • La scrittura di Shu Takumi è un sigillo di qualità narrativa.
  • Stimolante, intrigante, divertente.
  • Caratterizzazione dei personaggi fuori scala.

Contro

  • Il prezzo può essere discutibile.
  • Masticare l’inglese è un requisito fondamentale.
  • Lavoro di rimasterizzazione blando.
8

Più che buono

Password dimenticata