Sono sempre particolarmente incline ad innamorarmi di certi prodotti. Quelli il cui cuore lo si sente battere senza bisogno di uno stetoscopio, quelli con la faccia tosta di uno studio piccolo alle spalle, inversamente proporzionale alla voglia di fare a sportellate sul mercato. Xenon Racer degli italianissimi 3DClouds è un’opera molto simile negli intenti al Grip di Caged Element (e molto vicino anche nel risultato finale), un revival dei racing anni ’90 di quelli che servono come l’aria, non ruffiani, non svogliati, nostalgici il giusto ma ben consci degli standard attuali. La differenza è che qui il grip lo si combatte a ogni curva, staccando il piede dall’acceleratore per far slittare le gomme posteriori, inneggiando al traverso e al suo essere orgasmo dell’automobilismo tout court.
INGEGNERIA BIZZARRA
L’ispirazione e l’amore per Ridge Racer è palese, dichiarato, così come la sua collocazione cronologica, che fissa la mitologia dello Xenon Racer Championship esattamente un anno prima dell’era antigravitazionale, del futuro senza gomma, tristemente privo di derapate, di quel contatto viscerale col terreno. Da guidare però è tutta un’altra cosa, riportando alla memoria muscolare i racing arcade della scorsa generazione, su tutti Burnout Paradise e Split/Second Velocity. C’è quella fortissima sensazione di aderenza, vincolante, soffocante, da combattere con repentini tacco-punta sui grilletti capaci di eliminarla in modo anti-fisico, allargando la traiettoria per poi stringerla alla corda, impiccando l’auto all’interno e lasciando scodinzolare il retrotreno con precisione. Bisogna entrare nella forma mentis di un modello di guida tanto semplice nei controlli quanto tecnico nella pratica. Non si ha alcun dio all’infuori del drifting. C’è la necessità di anticipare le chicane, controllare l’inclinazione in ingresso di curva, cercando fluidità e lasciando correre il mezzo in controsterzo il più possibile, trasformando così l’energia dell’elegantemente spavalda manovra in turbo da evocare sui rettilinei. Il bordo pista deve assolutamente restare il più distante possibile, sia per preservare l’integrità dei bolidi, che possono subire danni fino a diventare inutilizzabili, facendo perdere preziosissimi secondi prima del respawn, sia perché così occhio non vede e cuore non duole per la gestione di certe collisioni. Sicuramente uno dei peggiori difetti dell’opera.
C’è quella fortissima sensazione di aderenza, vincolante, soffocante, da combattere con repentini tacco-punta sui grilletti capaci di eliminarla in modo anti-fisico
L’intelligenza artificiale ha delle routine assolutamente imprevedibili, purtroppo in senso per lo più negativo
DESIGN SUADENTE
Il 2030 immaginato dai designer di 3DClouds è architettonicamente meraviglioso, cromaticamente idilliaco, stilisticamente promiscuo, in un continuo mescolarsi di passato, presente e futuro. Sette location che vibrano di personalità, con scorci splendidi evidenziati da giochi di luce che ne esaltano le particolarità, i pacchiani grattacieli e le armoniose curve di un track design di alto livello, pennellato da gente che conosce il mestiere e lo dimostra a ogni giro. Venti tracciati cittadini (quaranta contando le variabili invertite), dall’aeroporto di Shanghai e zone limitrofe, industriali, alla litoranea di Miami, dove il mare si mostra in tutto il suo splendore per poi nascondersi dietro tonnellate di cemento. Le foreste che circondano Lake Louise, Canada, velano invece strutture retro-futuristiche, asettiche e opulente, intimorite dalla natura che le ospita, lasciando alla Costa Azzurra il compito di mostrare tutto lo sfarzo di cui l’uomo sarà capace da qui a undici anni. Qui si è giocato con Montecarlo e il suo celebre, storico GP di Formula 1, lasciandone intatta l’architettura mediterranea, calda, puntellandone però la skyline con strutture pionieristiche, altre familiari (come un simil-albero della vita di Expo 2015), incastonate tra sali-scendi e tornanti vista mare. Un piccolo capolavoro.
Il 2030 immaginato dai designer di 3DClouds è architettonicamente meraviglioso, cromaticamente idilliaco, stilisticamente promiscuo, in un continuo mescolarsi di passato, presente e futuro
Xenon Racer è un titolo che trasmette amore, al netto di alcuni limiti tecnici che rischiano di penalizzarlo più del dovuto. L’opera 3DClouds ha un’anima, esalta il drifting, resuscita quel tipo di corsistico sopito da troppo tempo e lo fa con un design fantastico, per larghi tratti clamoroso e un gameplay fresco, tecnico, impegnativo e divertente. Poi i limiti sono innegabili e si manifestano con un’IA dai comportamenti stranissimi, una gestione delle collisioni approssimativa e scelte tecniche discutibili per le versioni console standard, lasciando godere a pieno solo chi possiede le piattaforme più performanti. Sono però anche i limiti di un team che non ha voluto fare il compitino, che si è spinto forse troppo oltre, provandoci con grande coraggio. Io spero davvero che Xenon riesca a fare breccia nel cuore degli appassionati, stanchi dell’immobilismo di Bandai Namco sul fronte Ridge Racer, stanchi della penuria di arcade duri e puri.