In principio era l’Atemi Nage, la contromossa con cui un apparentemente inattaccabile Geese Howard vanificava gli sforzi degli increduli giocatori di Garou Densetsu, nel 1991. Chiamatele counter, prese o come volete, il risultato non cambia: Dead or Alive è la saga che le ha rese popolari, integrandole in modo fluido e convincente all’interno di uno schema di gioco al fulmicotone, dove i duelli tra giocatori di alto livello richiedono velocità di esecuzione e precisa lettura degli attacchi avversari, da controbattere e rispedire dolorosamente al mittente. Il Triangle System parla chiaro: gli attacchi battono le proiezioni che, a loro volta, hanno la meglio sulle counter, nemiche giurate di quegli smanettoni convinti di avere la meglio su un avversario navigato ripetendo allo sfinimento le stesse sequenze di colpi. L’azione è rapidissima e spettacolare, ma il Blitzkriek forsennato è una strategia da evitare contro chi conosce il gioco a menadito e sa come e quando interrompere l’attacco altrui per massimizzare il danno. Tutto eccellente, se non fosse che Dead or Alive non è mai stata una saga eccessivamente popolare, a torto considerata dai più un inno al fanservice con contorno di calci e pugni anche a causa del suo famigerato spin-off pallavolistico, dove bikini e prosperose forme rubavano la scena al gioco vero e proprio.
YOU SPIN ME ROUND…
Dead or Alive 6 rappresenta la volontà da parte di Team Ninja di confezionare un gioco di combattimento competitivo adatto alle arene degli esports, partendo appunto dalla sua presentazione. Il director Yohei Shimbori aveva dichiarato a tal proposito un cambio di rotta, annunciando che le bellissime lottatrici sarebbero apparse meno prorompenti del solito grazie a un guardaroba più castigato e al movimento dei seni un attimo meno mesmerizzante rispetto a quanto visto negli anni precedenti. Un proposito mantenuto solo a metà, giacché, con l’apposita opzione, le lottatrici più pettorute come Honoka si mostreranno più ballonzolanti e gelatinose che mai, dimostrando come abitudini decennali scolpite nel marmo del game design risultino effettivamente assai dure a morire. Scherzi a parte, essendo il primo capitolo sviluppato specificamente per la nuova generazione di console, Dead or Alive 6 si presenta graficamente splendido grazie a un nuovo motore che, sulla nostra PlayStation 4 Pro, ha regalato un’azione a 1080p ancorata ai 60 fps senza incertezze tra personaggi enormi, combo rapidissime e le solite, elaboratissime arene che rappresentano da sempre un caposaldo della serie. Per i possessori della macchina base è presente un’opzione per favorire la fluidità a discapito della resa grafica, mentre al momento non ci è possibile confermare la chiacchierata risoluzione a 4k con aggiunta di HDR promessa su Xbox One X, avendo ricevuto una promo per la sola macchina Sony.
Essendo il primo capitolo sviluppato specificamente per la nuova generazione di console, Dead or Alive 6 si presenta graficamente splendido grazie a un nuovo motore
Per iniziare a fare sul serio, Dead or Alive 6 presenta una modalità didattica decisamente completa
ON A STEEL HORSE I RIDE, I’M A WANTED…
C’è parecchio da giocare in Dead or Alive 6, a partire dalla Storia, un corposo racconto tra incontri a round singolo e intermezzi cinematici che coinvolgerà l’intero roster nella ricerca di un misterioso essere da parte della facoltosa Helena Douglas. Ci sono capitoli dedicati alla narrazione principale ma anche eventi secondari, che vengono progressivamente sbloccati e si incastrano all’interno di un longevo mosaico grazie al quale anche chi ha snobbato la serie fino a oggi conoscerà buona parte dell’universo di Dead or Alive. Un altro golosissimo appuntamento per i giocatori solitari (o per lo meno per quelli che non se la sentono di buttarsi in pasto ai professionisti senza un po’ di gavetta) è la modalità Quest, suddivisa in oltre novanta incontri contraddistinti da particolari obiettivi, da rispettare per guadagnare l’accesso alle prove più impegnative e incassare punti da spendere in costumi aggiuntivi. In un’epoca in cui siamo tristemente abituati a tirare fuori la carta di credito per mettere mano su contenuti extra, è rinfrescante poter ampliare il guardaroba semplicemente giocando come ai vecchi tempi, senza contare che gli obiettivi più oscuri sono direttamente collegati al tutorial. Quindi, se un incontro richiederà di usare qualche tecnica dalla fumosa nomenclatura, sarà sufficiente premere l’apposito tasto per fare una capatina in palestra, colmare la lacuna e tornare a impegnarsi: davvero una trovata eccellente. A questi si aggiunge la classica modalità arcade con una decina di scontri casuali da affrontare grazie a vari livelli di difficoltà adatti a ogni palato, assieme al Time Attack e alla Sopravvivenza; assente grave e ingiustificato il Tag Match, una piacevolissima costante dai tempi di Dead or Alive 2 con le sue proiezioni combinate e succose opportunità per combinazioni mozzafiato.
Scegliendo di giocare con connessioni alte l’esperienza è stata abbastanza soddisfacente, nonostante qualche occasionale singhiozzo
Dead or Alive 6 è un buon gioco, probabilmente il capitolo meglio riuscito tra meccaniche sapientemente levigate e una serie di ottime intuizioni adatte a far sentire a casa un potenziale nuovo pubblico. A una buona dose di contenuti per i giocatori solitari si contrappone – almeno per il momento – una paradossale carenza di modalità multigiocatore, controbilanciata però da una stabilità di connessione generalmente adatta al velocissimo schema di gioco con cui la saga ha allietato la sua fanbase durante gli anni, a patto di selezionare per bene la linea di ogni sfidante. Un buon punto di partenza per una rinascita sotto il segno degli esports, insomma; ora tutto dipende dal supporto a lungo termine di Koei Tecmo.