Ciò che rende magico Monster Energy Supercross 2 (così come la controparte reale) è il suo potente impatto sul giocatore. Si avvia il gioco e dopo 5 minuti si viene letteralmente trasportati anima e corpo in uno stadio gremito di persone che con le loro urla pompano l’adrenalina oltre i livelli di guardia. È proprio un’esperienza sensoriale. L’hard rock di stampo statunitense in filodiffusione per gli altoparlanti, l’eco dello speaker concitato che arriva alle nostre orecchie attutito dal rombo del quattro tempi. Spalti enormi illuminati da giochi pirotecnici, maxi-schermi e decine di piloti costantemente in volo per il tracciato. Sembra più uno spettacolo circense che uno sport. E questo ambiente, vissuto virtualmente ma incredibilmente vivo e convincente grazie a un ottimo uso dell’Unreal Engine 4, porta ad attivare anche dei sensi che dovrebbero stare in disparte; giuro di aver sentito distintamente il profumo degli hot dog, delle patatine fritte, della birra annacquata, come dei gas di scarico e della terra bagnata dalla pioggia. Una cornice fenomenale e fondamentale, per esaltare un gameplay tutto basato sulla sensibilità e sul ritmo, con l’inconfondibile stile Milestone.
GO WITH THE FLOW
L’AMA Supercross Championship è una disciplina totalmente differente rispetto al mondiale motocross, o MXGP (altra serie della software house milanese), a partire dai tracciati. Interamente artificiali (è presente pure un editor), compatti, costruiti a tavolino con il solo scopo di dare spettacolo, senza alcun bisogno di assecondare la morfologia del territorio su cui sorgono. A risentirne è la varietà, per forza di cose, ma non certo il divertimento. Per quanto tempo si cerca disperatamente aderenza, altrettanto lo si passa con le ruote per aria a cercare l’angolo di atterraggio perfetto sul prossimo dosso, preciso al grado. È tutta questione di flow, talmente importante da avere un aiuto visivo tutto suo, come la traiettoria ideale di un normale gioco di guida ma tracciata nell’aria e che personalmente non ho mai tolto, anche quando ho imparato a gestire con una certa precisione i vari salti, per puro sfizio arcade che fa il paio col punteggio in sovrimpressione. È come la barra del tempo in un rhythm game e quando si sbaglia il primo accordo si genera una catena di errori che porta a perdere una quantità drammatica di secondi, a maggior gloria degli inseguitori. Ma quando si capisce il meccanismo, si impara a gestire il peso del pilota e si dosa il gas alla perfezione per ricadere proprio lì dove vogliano, leggendo il tracciato come uno spartito, la soddisfazione fa traboccare le endorfine, anche grazie a un modello di guida non esasperato come l’impostazione “Pro” dell’ultimo MXGP. Il che è un bene, data la geometria dei tracciati e l’enfasi sul volo con annessa richiesta di precisione. Tutto questo si trasforma in puro divertimento, capace di restituire sensazioni comunque realistiche.
Il flow che connette i vari salti trasforma il titolo in un rhythm game off-road che va guidato tenendo il tempo
CAMPIONE IN TERRA STRANIERA
La carriera, che fa da contorno principale alla guida spericolata di cui sopra, trova il suo massimo gusto nell’essere un pilota straniero in un mare di squali yankee dall’IA sempre un po’ disordinata. La fortuna di Milestone, che personalmente avevo stroncato sotto quest’aspetto nell’ottimo Ride 3, è che il supercross di per sé è disciplina caotica, molto fisica e in cui il contatto è una costante, soprattutto nelle folli partenze di gruppo, in cerca dell’holeshot come fosse l’arca perduta. Quindi l’intelligenza artificiale, abbastanza incurante della posizione del giocatore, riesce a farsi odiare il giusto, con gomitate reciproche che portano raramente alla caduta e un fiato sul collo abbastanza costante ad alti livelli. Una buona sfida dunque, che insaporisce una carriera di per sé un po’ piatta. Non c’è un grande senso di progressione, si parte dalla classe 250cc (scegliendo se gareggiare nel gruppo East o West, come le conference degli altri sport statunitensi) per poi arrivare alla classe regina 450cc. Non esiste il concetto di scuderia, ognuno corre per sé e quindi non si ha l’obiettivo di arrivare a correre per una determinata squadra, facendoci sostenere da sponsor sempre più ricchi e spendendo i capitali nella vasta selezione di abbigliamento proposta o in altre moto.
Non esiste il concetto di scuderia, ognuno corre per sé e quindi non si ha l’obiettivo di arrivare a correre per una determinata squadra
Milestone non si ferma più e continua a migliorare i propri brand di anno in anno. Monster Energy Supercross 2 è quasi un rhythm game mascherato da corsistico, che va guidato con eleganza, concentrazione e senso del ritmo, leggendo il terreno come fosse uno spartito e agendo di conseguenza. Divertentissimo, impegnativo, esaltante grazie a una cornice fantastica, con arene ricreate alla perfezione e pregne di atmosfera festaiola, colorate e letteralmente vibranti. La fisica del terreno è gestita alla grande, vincendo e convincendo anche grazie a un modello di guida più permissivo rispetto all’ultimo MXGP Pro, che si adatta perfettamente a uno sport fondamentalmente diverso. Peccato solo per una carriera non proprio esaltante nel suo scheletro, con uno scarso senso di progressione. Il resto è spettacolo puro.