Correva l’anno 1998. Probabilmente molti di quelli che in questo momento stanno leggendo questa recensione all’epoca erano ancora troppo piccoli per reggere in mano un controller. I più grandicelli invece passavano il pomeriggio a giocare, fare i compiti, bere spremute d’arancia e mangiare merendine del Mulino Bianco che ormai sono fuori produzione da tempo. Fu proprio verso la fine di quell’anno che su PlayStation si affacciò un personaggio destinato a entrare nella storia, un simpatico draghetto viola che fu inizialmente accolto con qualche diffidenza. Tanti videro in Spyro the Dragon un clone volante di Crash Bandicoot, un platform nato per cavalcare l’onda partita un paio d’anni prima. Il gioco sviluppato da una Insomniac Games ancora lontanissima dai successi di Ratchet & Clank, Resistance e Spider-man riuscì invece a conquistare una generosa fetta di pubblico.
Il successo fu tale da dare vita a una saga molto longeva, il cui appeal andò progressivamente spegnendosi fino a sfociare in un inaspettato spin-off chiamato Skylanders: Spyro’s Adventure… che come ben sappiamo ha poi proseguito per una strada tutta sua. L’uscita del remake della trilogia di Crash ha però ringalluzzito i fan, che da tempo chiedevano a gran voce il medesimo trattamento per Spyro. Detto, fatto. Il progetto è stato dato in mano all’esperto team Toys for Bob, la stessa banda di giovani californiani che aveva dato vita proprio al progetto Skylanders.
NUOVA LINFA
Fin dai primi trailer la Spyro Reignited Trilogy sembrava promettere bene. Non stiamo parlando della solita raccolta di titoli rimasterizzati che si limitano a dare una mano di vernice fresca al materiale originale. Questo è un vero e proprio remake grafico, che ha però mantenuto intatte le caratteristiche di gameplay e gran parte del level design originale. Ancora una volta, quindi, troviamo Spyro accompagnato dal fido Sparx, una libellula che oltre ad avere un ruolo da spalla (è lei che raccoglie gemme e bonus presenti nelle vicinanze) indica anche lo stato di salute del protagonista. A ogni colpo ricevuto il suo colore cambia fino a sparire totalmente, lasciando Spyro vulnerabile. È possibile recuperare l’energia perduta caricando le piccole creature presenti in quantità lungo i livelli. Una volta eliminate, queste rilasciano “mangime” che rinvigorirà Sparx e di conseguenza il suo amico sputa-fiamme.
Non stiamo parlando della solita raccolta di titoli rimasterizzati che si limitano a dare una mano di vernice fresca al materiale originale
GUSTOSO E ABBONDANTE
Una volta tanto l’eccellente qualità del rinnovato comparto tecnico è accompagnata da un’estrema abbondanza in termini di contenuti. La trilogia ripropone i capitoli principali della saga, quelli sviluppati da Insomniac prima di passare la palla ad altri team. Curiosamente il secondo episodio viene qui riproposto come Rypto’s Rage, mentre all’epoca dell’uscita originale venne scelto il sottotitolo Gateway to Glimmer. Proprio come avvenne per Crash, la qualità del gameplay è andata crescendo con il passare dei giochi e anche in questo caso possiamo affermare che Year of the Dragon è sicuramente il titolo più completo dei tre e anche quello più impegnativo. La longevità è assicurata e si aggira sulle 25/30 ore complessive, ma questo numero può anche salire nel caso siate a corto di memoria o vogliate completare ogni titolo al 100%.
la qualità del gameplay è andata crescendo con il passare dei giochi
Se tutte le “Operazioni Nostalgia” del prossimo futuro sono destinate a raggiungere i livelli qualitativi delle trilogie di Crash e Spyro, ben vengano. Toys for Bob è riuscito a rendere giustizia al gameplay originale migliorando (quasi) tutto il resto. Il prezzo di lancio è più che concorrenziale per una compilation generosa sia in termini di quantità che di qualità, ancora abbondantemente valido per i fan dell’epoca ma anche per i “platformers” più giovani. Tra poco sarà il turno di un altro mito del passato, quel Sir Daniel Fortesque che con il remake del suo Medievil promette di sedersi comodamente in mezzo ai suoi due vecchi amici.