Assassin's Creed Odyssey - Recensione

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Siamo arrivati a un punto di svolta: la metamorfosi della più celebre saga prodotta da Ubisoft è ormai completa. Con una struttura ludo-narrativa che si inserisce sempre più all’interno dei canoni degli action RPG, Assassin’s Creed Odyssey accantona definitivamente gran parte di quegli elementi che fecero sì la fortuna della serie, ma che dal 2007 e dopo numerosi episodi principali e spin-off diedero forma a una ricetta replicata fin troppe volte, con pochissime variazioni e migliorie introdotte di capitolo in capitolo. Ora, a distanza di undici anni dalle avventure di Altair, il franchise ha cambiato pelle, proseguendo sulla strada tracciata l’anno scorso da Origins per dare vita a un nuovo corso che fa della libertà concessa ai giocatori il suo cavallo di battaglia.

I WILL RIGHT ALL THE WRONGS

Ed è proprio con una scelta che ha inizio l’avventura, una delle tante che ci troveremo a compiere durante le circa sessanta ore necessarie a portare a termine la sequenza di quest principali di Assassin’s Creed Odyssey. Alexios o Kassandra. A noi spetta decidere quale dei due fratelli impersonare per esplorare il Peloponneso e le isole incastonate nel Mar Egeo, in una storia ambientata nel Quinto Secolo avanti Cristo, durante la guerra che ha visto ateniesi e spartani scontrarsi per il predominio sulla Grecia Antica. Nei panni di un misthios, un mercenario che calca i campi di battaglia schierandosi dalla parte del miglior offerente, Alexios o Kassandra incontreranno una serie di personaggi storici realmente esistiti che, come da tradizione, saranno al centro delle vicende narrate nel gioco. È così che avremo modo di scambiare pensieri con Socrate, dibattere di politica con Pericle, assistere alle commedie di Aristofane, oppure aiutare Ippocrate a gettare le fondamenta su cui verrà in seguito costruita la medicina moderna.
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L’ultima fatica di Ubisoft Quebec può contare su una serie di scelte registiche nella realizzazione degli intermezzi di innegabile valore artistico

Peccato che la storia che si dipana attraverso una lunghissima serie di missioni principali dalla qualità altalenante si riveli immediatamente scontata, nonché caratterizzata da una quantità incredibile di scambi di battute banali, pieni zeppi di cliché e situazioni a dir poco imbarazzanti. E pensare che un anno fa mi sono emozionato non poco nell’assistere alle vicende di Bayek da Siwa, una trama e un intreccio narrativo, quelli di Origins, che avrebbero molto da insegnare agli autori della sceneggiatura di questo Odyssey. Un peccato ancora più grave se si pensa che l’ultima fatica di Ubisoft Quebec può contare su una serie di scelte registiche nella realizzazione degli intermezzi di innegabile valore artistico, purtroppo non supportate da un copione altrettanto all’altezza. Va però detto che la possibilità di influenzare lo sviluppo narrativo con le proprie scelte ha un effetto tangibile sul dipanarsi delle vicende, con conseguenze piuttosto importanti che vanno a modificare sia la storia che il mondo di gioco non solo nell’immediato, ma anche a distanza di molte ore dall’evento che ci ha portato a prendere una determinata decisione.

LET THE GODS SING MY SONG

Un effetto farfalla che coinvolge non soltanto la sequela di missioni che fanno capo alle varie anime della quest principale, ma anche i numerosissimi incarichi secondari affidatici dagli abitanti della Grecia Antica. In molti casi, queste attività si svolgono su più livelli interconnessi, dando vita a delle vere e proprie linee narrative parallele, indubbiamente brevi ma spesso molto più curate rispetto alla trama che narra le vicende di Alexios e Kassandra. Portare a termine queste missioni non solo fa sì che si ottengano ricompense speciali, spesso pezzi di equipaggiamento che fanno parte di set unici altrimenti impossibili da recuperare attraverso il sistema che governa i drop casuali, ma permette di godersi al meglio un’esperienza che altrimenti risulterebbe priva di mordente.
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Le genti del Peloponneso inizieranno a riconoscerci e a richiedere i nostri servigi

Va inoltre detto che le modifiche al mondo di gioco derivanti dal completamento di tali quest fa sì che l’immersione aumenti a dismisura. Dopo aver portato a termine determinati incarichi accessori, le genti del Peloponneso inizieranno a riconoscerci e a richiedere i nostri servigi: è così che cominceranno a spuntare altre sidequest che dipendono direttamente dalle missioni completate in precedenza, andando a formare una sequenza di incarichi che ci permetteranno di conoscere alcuni personaggi accessori scritti meglio dei comprimari che incontreremo nel corso della narrazione principale. In alcuni casi viene addirittura introdotta la possibilità di instaurare relazioni amorose: si tratta però di un goffo tentativo di imitare le romance “made in BioWare” che sfocia in dialoghi ridicoli degni delle peggiori pellicole a luci rosse. Da provare almeno un paio di volte per farsi delle sonore risate, ma questa opzione non aggiunge davvero nulla al prodotto finale.
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Compiere troppi reati fa sì che sulla nostra testa venga posta una taglia più o meno ricca a seconda dei delitti di cui ci siamo macchiati

La reputazione, però, non è a senso unico: gli sviluppatori hanno ben pensato di introdurre anche alcune dinamiche per scoraggiare – o perlomeno rendere più difficili – le azioni considerate illegali. Assassinare i bersagli circondati da testimoni, entrare nelle abitazioni civili per rubare, uccidere animali domestici per puro divertimento, sono tutte azioni che agli occhi della gente ci pongono al pari dei peggiori criminali. Compiere troppi reati fa sì che sulla nostra testa venga posta una taglia più o meno ricca a seconda dei delitti di cui ci siamo macchiati: più alta è la ricompensa, più esperti saranno i sicari disposti a eliminarci per intascare le preziosissime dracme. Si tratta di altri mercenari come noi che si metteranno immediatamente sulle nostre tracce per ostacolarci in ogni modo possibile e immaginabile, combattenti esperti di gran lunga più coriacei dei nemici classici, dotati addirittura di debolezze e resistenze determinate in maniera casuale. In questo senso, Assassin’s Creed Odyssey può contare su un sistema che strizza l’occhio al Nemesis System già visto in azione ne La Terra di Mezzo: L’Ombra di Mordor e nel suo sequel, con tanto di guerrieri prezzolati suddivisi in ranghi che determinano il loro livello di pericolosità. Non manca poi l’opzione di disfarsene in maniera non letale per prenderli a lavorare con noi ed eventualmente aggiungerli alla nostra ciurma, in modo tale che mettano al nostro servizio le loro capacità belliche per garantire bonus consistenti durante le battaglie navali.

LET A NEW LIFE BEGIN

Sì perché Assassin’s Creed Odyssey reintroduce gli spostamenti via mare da tempo assenti nelle scorse incarnazioni del franchise. D’altronde non potrebbe essere altrimenti, vista la grandezza del mondo di gioco e la conformazione geografica dei territori nella sfera d’influenza greca. Per raggiungere le isole dell’Egeo bisogna per forza di cose imbarcarsi sull’Adrestia, la nave messa a disposizione da Barnaba, un vecchio lupo di mare intenzionato ad aiutarci in ogni modo possibile nell’impresa che ci porterà a esplorare i territori più remoti dell’Antica Grecia. In mare aperto ci ritroveremo a fronteggiare le imbarcazioni dei pirati decisi a derubarci, ma non mancheranno occasioni per lanciarsi in battaglie navali tra le flotte ateniesi e spartane, come sempre dalla parte del miglior offerente. Gli scontri funzionano in maniera molto simile a quanto già visto in Assassin’s Creed III e Black Flag, ovviamente senza armi da fuoco a polvere da sparo: i cannoni e le pistole lasciano il posto a frecce e giavellotti, entrambi infiammabili all’evenienza per provocare più danni; vi è anche la possibilità di speronare i vascelli nemici e di abbordarli lanciandosi direttamente nella mischia al fine di ottenere ricompense maggiori, per poi vederli affondare nelle profondità marine.
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Con gli insediamenti isolani, relativamente lontani da Sparta e Atene, Ubisoft Quebec ha potuto dar sfogo alla creatività

L’esplorazione delle isole offre un minimo di varietà aggiuntiva che di certo non guasta, soprattutto considerando che la penisola del Peloponneso non garantisce quello stesso assortimento di scenari che invece è presente nell’Egitto di Origins. Gli insediamenti greci sono fin troppo simili tra loro, con qualche differenza sostanziale che intercorre tra le città sotto la sfera d’influenza ateniese e quelle controllate da Sparta, laddove queste ultime si presentano in maniera molto più austera e funzionale rispetto agli ampi viali costeggiati da statue ed edifici marmorei dello stile ispirato ad Atene. Mentre con gli insediamenti isolani, relativamente lontani dall’ascendente di queste due entità, Ubisoft Quebec ha potuto dar sfogo alla creatività per dar vita a realtà autonome caratterizzate da stili architettonici e urbanistici un po’ più esotici. Peccato solo per un costante senso di déjà-vu dovuto a un riciclo abbastanza importante di asset presi in prestito da Assassin’s Creed Origins.

MY JOURNEY HAS COME TO AN END

Detto questo, Assassin’s Creed Odyssey è un titolo dotato di un fascino innegabile. Arrampicarsi sulle alture frastagliate del Peloponneso per raggiungere l’immancabile punto di sincronizzazione, per poi lanciarsi in uno specchio d’acqua baciato dalla Luna, mentre in lontananza ardono gli enormi bracieri che illuminano un tempio eretto in onore di una delle tante divinità che formano il pantheon greco è indubbiamente un’esperienza dal sapore magico. Ecco, magico è l’aggettivo che meglio descrive l’ultima incarnazione di questa serie ormai decennale. Al di là delle indiscutibili criticità, l’ultima fatica di Ubisoft Quebec è un’opera che ha saputo stregarmi: come il canto di una sirena omerica, Odyssey continua a sedurmi anche ora che ho portato a termine l’arco narrativo principale.
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Magico è l’aggettivo che meglio descrive l’ultima incarnazione di questa serie ormai decennale

Vorrei tornare al più presto a solcare il Mar Egeo, mi piacerebbe perlustrare quelle rovine piene di misteri che non ho ancora esplorato nell’isola di Lesbo, vorrei fare ritorno nel dedalo costruito da Minosse sotto il palazzo reale di Cnosso per scoprire se tra i suoi corridoi si celi davvero quella creatura protagonista di miti antichissimi, metà uomo e metà toro. Mi piacerebbe anche tornare ad ascoltare le spettacolari musiche composte da Joe Henson e Alexis Smith, tra melodie armoniose che si adattano alla perfezione le fasi contemplative e pezzi dal sound decisamente più epico che scandiscono impeccabilmente le sezioni in cui l’azione prende il posto dell’esplorazione. Sembra davvero che sia passata un’eternità dal primo episodio della saga, così diverso da quest’ultima incarnazione del franchise, eppure Assassin’s Creed Odyssey – nonostante tutti i suoi difetti – dimostra che la strada intrapresa è quella giusta. Sulla base di queste premesse, e con la certezza che la serie si prenderà almeno un anno di pausa evitando che torni ad avere una cadenza annuale, non vedo l’ora di scoprire cosa ci attenderà in futuro. Nel frattempo, però, ho ancora alcune quest in sospeso: l’Adrestia mi attende.

Assassin’s Creed Odyssey è il punto di non ritorno per una delle serie più famose prodotte da Ubisoft. Nonostante una trama un po’ insipida che a volte sembra dimenticare molti dei punti fermi delle vicende narrate negli episodi precedenti, nonché un costante senso di déjà-vu dovuto all’evidente riciclo di asset dal suo diretto predecessore, la metamorfosi in action RPG è perfettamente riuscita, coadiuvata da un sistema di scelte e conseguenze che funziona decisamente bene nel garantire ripercussioni tangibili sia nel mondo di gioco che nello svolgimento delle quest. La Grecia Antica è inoltre l’ambientazione perfetta per il ritorno degli spostamenti via mare e dei combattimenti navali, qui ritrovati in una veste leggermente riveduta e corretta. A questo punto non vediamo l’ora di scoprire come si evolverà ulteriormente la serie, sperando che ritrovi un minimo di coerenza nella narrazione.

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Pro

  • La metamorfosi in action RPG è finalmente compiuta.
  • Il sistema di scelte e conseguenze funziona abbastanza bene.
  • Le quest secondarie sono particolarmente curate.
  • La colonna sonora si sposa alla perfezione con l’ambientazione.

Contro

  • L’intreccio narrativo non solo lascia un po’ a desiderare...
  • ... ma la trama potrebbe addirittura far infuriare i fan storici della serie.
  • Le romance sembrano uscite dal più scadente dei film a luci rosse.
  • Il riciclo di asset già visti in Origins è costante.
8.4

Più che buono

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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