The Spectrum Retreat – Recensione

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The Spectrum Retreat è stato sviluppato sul prototipo che valse a Daniel Smith, allora diciottenne, il Game Making Award ai BAFTA 2016 per la categoria Young Game Designer 15/18. Stiamo parlando di un concept non dissimile da quello già visto in Portal o The Talos Principle, per quanto alle spalle delle IP appena citate ci fossero team del calibro di Valve e Croteam, mentre Dan è stato supportato dal publisher Ripstone solo in tempi recenti e ha lavorato al suo primo gioco, quasi in solitaria, per oltre cinque anni. In sede di review non si dovrebbero mai usare due pesi e due misure per consigliare al lettore l’acquisto di un prodotto; tuttavia, come ci ricorda Svetonio, “pecunia non olet”…

PUZZLE STORY-DRIVEN

È inevitabile, dunque, continuare a pensare che un puzzle game tanto intrigante sia stato scritto e sviluppato da un minuscolo studio indie senza una struttura di veterani alle spalle. Certo, si potrebbe fare una digressione sul fatto che i dev di Narbacular Drop vennero assunti in massa da Gabe Newell per dare vita a un gioco entrato nella storia del medium e che, con tutta probabilità, sarebbe finito nel dimenticatoio se questo non fosse avvenuto, ma limitiamoci a inquadrare i valori produttivi in una cornice di realtà: team indie, publisher indie, prezzo budget, grande concept. Il gameplay è focalizzato sulla possibilità di attivare o disattivare porte, ponti e ingranaggi “indossando” un determinato colore al fine di raggiungere l’uscita e proseguire.

Il gameplay è focalizzato sulla possibilità di attivare o disattivare ostacoli in base al colore “indossato”

In un livello tipo, alcuni cubi colorati sono disseminati in posizioni strategiche, spesso difficili da raggiungere, e in numero limitato. Tramite una sorta di tablet tenuto in mano dal protagonista possiamo “catturare” uno dei colori che apre il passaggio verso una zona inesplorata della mappa, scambiando quello che abbiamo con quello che prendiamo. Per completare i quadri serve tanta logica, perché la risoluzione degli enigmi ambientali è frutto di una concatenazione precisa di scelte, complicata da barriere che impediscono la “cattura” del colore di cui avremmo bisogno, piccole trappole che assorbono il colore scambiato – quindi se ci serve un blu e sbagliamo dobbiamo ricominciare – e spostamenti da “non si torna più indietro” generati dalla facoltà di teletrasportarsi, sempre grazie alla colorazione di portali e tablet, laddove magari non abbiamo fatto lo scambio corretto e quel rosso utile a sbloccare un ostacolo è ormai fuori portata.

Mi rendo altresì conto che descrivere le meccaniche implementate è molto più complesso di quanto non sia nella realtà, dato che l’accessibilità e la curva morbida di difficoltà sono tra gli elementi meglio riusciti di questo piccolo gioiello di game design. Rimanendo sul tema della strutturazione dei puzzle, per quanto non mi sia mai sentito davvero in difficoltà, ho apprezzato la varietà proposta e l’arguzia con cui sono stati disegnati, configurandosi come divertenti senza risultare mai frustranti.

TI FAREMO USCIRE

Il grande plus di The Spectrum Retreatè la sua cornice narrativa, onnipresente, che viaggia su due livelli paralleli: la contingenza della prigionia subita dal protagonista in un hotel deserto e il suo stesso passato. Il contesto è quello di un esperimento finito male, che ha cancellato la memoria del nostro personaggio.The Spectrum Retreat Recensione

Il grande plus di The Spectrum Retreat è la sua cornice narrativa

La struttura dei ricordi necessita di essere ripristinata poco per volta, coinvolgendo la sorte di un figlio e l’amara riflessione sul sistema assicurativo e il welfare sanitario. I dettagli della vicenda meritano di essere scoperti livello dopo livello, specie nell’interregno tra una sessione puzzle e l’altra; in tali passaggi ci viene dato modo di esplorare – mai inutilmente e con inserti degni del film “Ricomincio da capo” di Harold Ramis – la struttura alberghiera per trovare dettagli utili a procedere e, allo stesso tempo, costruirsi un’idea di cosa stia accadendo, attraverso l’apparizione di ritratti esplicativi, qualche collezionabile e monologhi. Sempre in queste fasi entrano in gioco meccaniche da punta e clicca, implementate con mestiere per offrire un orizzonte di senso compiuto al tentativo di fuga verso il tetto dell’hotel.

A conti fatti, l’unico grande difetto del lavoro di Dan Smith è quello di costringerci a camminare per interi minuti da una parte all’altra dell’enorme HUB centrale, fatto di sei piani, ristorante, libreria, cucine, sala da ballo e ascensori. La mappa di gioco, infatti, è molto vasta e presenta intere aree che si sarebbero potute tagliare, accorciando sensibilmente il tempo necessario a raggiungere l’hotspot desiderato. Chiunque abbia provato Virginia di Variable State sa che il “camminare” fine a se stesso può essere facilmente aggirato da una scrittura intelligente, e se proprio si deve puntare il dito contro The Spectrum Retreat allora è bene farlo per questo aspetto.The Spectrum Retreat Recensione

Gli elementi di debolezza sono di facile assimilazione, e poco intaccano il valore assoluto dell’opera di Smith

La colonna sonora funziona egregiamente come collante alle singole parti del tutto, per quanto non ci siano brani orchestrali che meritino di finire sui nostri iPod (che, poi, mi chiedo quanti ancora usino l’iPod per ascoltare musica in movimento…). Menzione d’onore per il doppiaggio in inglese sottotitolato in italiano: un’unica interprete ma sensazionale. Chiudo la review con una riflessione sulla realizzazione tecnica, perché nel suo lasciare un po’ a desiderare – specie in fase di 3D modelling – va comunque inquadrata nei termini che accennavo all’inizio, ossia come frutto del lavoro di un piccolo team. È vero che le texture sono di qualità discutibile, il numero di poligoni degli oggetti è risibile e gli ambienti sono spogli e statici; si tratta, però, di elementi di contorno che si configurano come marginali e di facile assimilazione, una volta considerato il valore produttivo di The Spectrum Retreat. Tenetene conto.

The Spectrum Retreat è un puzzle game sorretto da una narrazione ben strutturata e coinvolgente in stile Portal. Sviluppato da un team indie dalle dimensioni davvero contenute, presenta valori produttivi che, per quanto imparagonabili a un titolo tripla A, riescono a non allontanarsi troppo dai migliori modelli. Un gioiello di game design, con enigmi ambientali impegnativi senza mai risultare frustranti, che adoperano un sistema di combinazione di colori per aprire porte e sbloccare ingranaggi al fine di proseguire. La storyline affronta temi quali il welfare sanitario e i limiti del sistema assicurativo, portando a riflettere sulle vicende personali di tante persone che hanno un parente malato e si devono affidare a costose strutture private. Un titolo assolutamente imperdibile per chi ha amato il capolavoro di Valve o The Talos Principle, adatto anche a chi ricerca un gameplay originale e una bella storia di cui chiacchierare con gli amici.

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Pro

  • La cornice narrativa è accattivante.
  • Puzzle divertenti senza essere mai frustranti.
  • Non è un walking simulator...

Contro

  • ...per quanto si cammini troppo.
  • Tecnicamente mostra tutti i limiti delle piccole produzioni indie.
8.2

Più che buono

Il fatto che la moglie abbia accettato di avere un marito con dei seri problemi di dipendenza da giochini elettronici, la dice lunga sui compromessi ai quali è dovuto scendere pur di evitare che la sua collezione di cartucce finisse misteriosamente nel bidone della spazzatura. Il suo sogno è quello di arricchirsi facendo un lavoro appagante, anche se chi lo conosce sostiene che sarebbe disposto a diventare semplicemente ricco. Nel mentre, trascorre la domenica mattina facendo le pulizie di casa, ipotizzando cosa accadrebbe se alla sua porta bussassero Elena Fisher e Liara T'Soni, insieme.

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