Fe - Recensione

PC PS4 Switch Xbox One

Volando tra le cime e gli alberi della foresta incantata di Fe, sui titoli di coda, mi sono chiesto cosa non ha funzionato nel rapporto tra me e il mondo creato da Zoink, la software house di Göteborg che ha messo in scena con indubbia sensibilità il concetto di interdipendenza tra gli esseri viventi. Me lo sono domandato più volte durante l’avventura, perché è innegabile che ci sia qualcosa di magico e incantevole tra gli scorci nordeuropei trasformati in un’onirica visione dai tratti low poly e da una serie di gradienti tenui e delicati, ma allo stesso tempo potenti, densi e vivi. Neanche il richiamo degli animali, inserito con cura all’interno di una colonna sonora pregevole, è riuscito a tenere al caldo il mio cuore, e in effetti il mio problema con Fe è che, pur apprezzando molto il messaggio di base, ho trovato profondamente incoerente e manierista il modo in cui prova a farlo emergere, e questa cosa mi ha reso molto triste.

AMBIZIONI SCANDINAVE

Il mio rammarico si acuisce perché in fondo, pur volendoci credere, sin da subito l’adorabile creatura un po’ volpe e un po’ lupo è nata sotto una stella un po’ sfortunata. Annunciato durante l’E3 2016, su Fe è pesato un po’ l’effetto Unravel dell’anno precedente; d’altronde, il palco era pur sempre lo stesso, e la combinazione EA Originals più gioco adorabile venuto dalla Svezia non è che potesse funzionare sempre, per quanto la spiccata e unica personalità del titolo Zoink emerse sin da subito. Dopo l’annuncio, Fe è sparito dai radar fino a quest’estate, dove ha trovato una sua forma definitiva, e la marcia di avvicinamento all’uscita a dire il vero gli aveva donato un’aura affascinante, seppur con qualche remora relativa all’identità ludica in senso stretto. Quegli stessi dubbi, dopo la manciata di ore che serve a concludere l’avventura, non si sono dissipati, e la criticità maggiore di Fe è quella di presumere di poter essere troppe cose contemporaneamente, senza esserne nessuna. Sì, perché Zoink ha creato un ibrido strano, che ha l’incedere sognante e criptico di uno Journey o di un Abzu, con evidenti richiami all’universo di Ueda nel modo in cui si interagisce con il mondo, il tutto innestato su una mappa in stile metroidvania, con la possibilità/necessità di tornare in alcune zone con nuove abilità per raggiungere punti precedentemente inaccessibili. Per non farsi mancare nulla, il cuore del gioco è poi essenzialmente un action adventure con enigmi ambientali e diverse sezioni platform.

fe recensione pc ps4 xbox one

è buffo che un titolo che si basa moltissimo sul concetto di comunicazione e comprensione faccia fatica a raccontarsi

Insomma, nella sua semplicità Fe è parecchio ambizioso, ed è proprio nell’amalgamare tutte le sue componenti che finisce per diventare a tratti pesante e macchinoso. Ed è un peccato, perché le sue meccaniche più originali, invece, funzionano, e sarebbe bastato puntare esclusivamente su di esse per creare un’esperienza narrativa ben più efficace. Mi riferisco soprattutto al canto di Fe, che permette di dialogare con gli altri animali della foresta modulando le sue frequenze attraverso la pressione del trigger destro del pad. Un’interazione istintiva, che va calibrata in base all’interlocutore e che restituisce meravigliosamente il senso di entrare in armonia con un altro essere vivente. La necessità di dover imparare sei linguaggi, che corrispondono ad altrettante abilità, passa per il dover comprendere le necessità degli altri animali, liberandoli dal giogo dei cattivi risolvendo una serie di enigmi che costituiscono in un certo senso il territorio comune per stabilire una comunicazione efficace.

Il momento in cui iniziamo a capire un altro animale è certo molto poetico; peccato, tuttavia, che il processo di scoperta non sia sempre altrettanto entusiasmante, perché passa attraverso fasi platform scomode e poco precise, viziate da una gestione delle distanze non ottimale a causa della palette cromatica poco contrastata e piatta, oltre che da una telecamera spesso scomoda e da momenti stealth francamente noiosi e meccanici. Anche gli enigmi, tranne in un paio di casi, sono poca cosa, soprattutto perché estremamente guidati, come se, tutto sommato, contassero poco nell’economia di gioco, che vorrebbe in tutti i modi favorire la fluidità assoluta, ma che così facendo banalizza l’esperienza.

IL PARADOSSO DELL’INCOMUNICABILITÀ

Dopo aver completato un paio di sezioni della mappa alla ricerca dei cristalli per migliorare le abilità di Fe, di nuovi legami con gli altri abitanti della foresta e dei gusci vuoti dei Silenti (gli inquietanti nemici robot attraverso la cui prospettiva scopriamo la storia), la sensazione è che da un lato Fe ti voglia lasciar libero di esplorare, mentre dall’altra ti voglia guidare dritto per dritto verso la conclusione. Si tratta evidentemente di una contraddizione volta a gratificare ogni tipologia di giocatore, ma che finisce per risultare cacofonica e stridente in un contesto che dovrebbe in tutti i modi esaltare l’armonia.

Fe finisce per rifugiarsi nella sua bellezza estetica, nei suoi suoni magici e nel mistero della foresta

Da questo punto di vista, la storyline principale rappresenta quasi un peso, nella misura in cui la parte migliore di Fe resta l’esplorazione e la comprensione degli equilibri della foresta, mentre la frammentaria e criptica narrazione dei Silenti vorrebbe essere il risvolto amaro della medaglia, ma non riesce a emozionare quanto dovrebbe. Il motivo è che, pur costituendo l’ossatura principale dell’avventura, per ricostruirla completamente è necessario interpretare più di un centinaio di pittogrammi e vedere dodici flashback più o meno nascosti sulla mappa, con il risultato che – alla fine – si tira dritti senza neanche comprendere tutto fino e in fondo. Per carità, quale sia il messaggio di Zoink è chiaro, però è buffo che un titolo che si basa moltissimo sul concetto di comunicazione e comprensione faccia fatica a raccontarsi, lasciando il giocatore sospeso in un limbo un po’ abbozzato, dove né la parte narrativa né quella espressamente ludica riescono a sostenere completamente il senso dell’opera.

E dunque, in mancanza di una vera sostanza, Fe finisce per rifugiarsi nella sua bellezza estetica, nei suoi suoni magici e nel mistero della foresta. Una soluzione di comodo che – per carità – in parte riesce anche, ma che finisce per limitare molto le ambizioni complessive. Alla fine dei titoli di coda resta la possibilità di tornare a esplorare il mondo di Fe alla ricerca dei collezionabili rimasti indietro, ma con molta sincerità è davvero improbabile sentirne il bisogno, perché a meno di non essere dei completisti di natura, le motivazioni per farlo sono scarse. Si chiude il gioco e ci si guarda indietro con gelido distacco emotivo, ricordando la parentesi di Fe come affascinante, misteriosa e suggestiva, ma anche come una mezza occasione mancata.

Fe è un affascinante viaggio in una foresta incantata che finisce per trasformarsi in una vuota visita guidata con una vista bellissima, ma poco emozionante. La cura estetica riservata da Zoink alla sua avventura è incredibile, così come l’ottimo sound design e la sublime colonna sonora; tuttavia, le poche e intriganti idee originali sono soffocate da uno storytelling zoppicante e da una quantità superflua di meccaniche derivative poco ispirate e assolutamente macchinose.

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Pro

  • Meccaniche originali intriganti…
  • Esteticamente incantevole.
  • Colonna sonora bellissima.
  • Messaggio complessivo positivo.

Contro

  • … sepolte da altre farraginose.
  • Gestione della telecamera rivedibile.
  • Fasi platform da dimenticare.
  • Narrazione criptica e poco efficace.
6.2

Sufficiente

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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