Tra i meriti di Dragon Ball FighterZ c’è indubbiamente quello di aver alzato oltre le nuvole l’asticella della qualità riguardo gli spin-off di anime e manga, imponendo uno standard incredibilmente duro da raggiungere. The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia ci risparmia la fatica di elogiare un sistema di combattimento brillante e una narrazione capace di far innamorare delle gesta di Meliodas e compagni anche chi non ha mai letto il manga di Nakaba Suzuki, dato che allo standard a cui accennavo poc’anzi non si avvicina neppure lontanamente. Come la mettiamo?
“CAUSE WHILE THE SINNERS SIN…”
I Seven Deadly Sins sono un gruppo di ex cavalieri del regno di Liones formato da efferati criminali, allo sbando in seguito all’omicidio del Grande Cavaliere Sacro Zaratras. O almeno, questo è quello che asseriscono le voci. In seguito a un colpo di stato perpetrato dagli stessi Cavalieri Sacri, la principessa Elizabeth parte alla ricerca dei pericolosi fuorilegge, sperando che la loro leggendaria forza sia sufficiente per salvare il suo regno.
ogni personaggio dispone di una tecnica finale attivabile riempiendo un apposito indicatore
Tornando a bomba, l’esplorazione di Liones avviene su una mappa vista dall’alto, dove potremo direzionare il ciclopico suino alla volta di battaglie e località, combattendo per smuovere le acque e venire a conoscenza di pettegolezzi e dicerie con cui sbloccare gli sviluppi della trama. Il combattimento offre diversi approcci, tutti però piuttosto dozzinali. Prendiamo le battaglie contro un gran numero di cattivi, per esempio: queste si vincono generalmente spegnendo il cervello, inclinando l’analogico verso il nemico più vicino e martellando sui pulsanti d’attacco come se non ci fosse un domani. Poco importa che ogni personaggio disponga di tre attacchi speciali e manovre di aggiramento e avvicinamento; allo stesso modo, è irrilevante vedere il campo di battaglia cosparso di trappole da sfruttare per guadagnare vantaggi o curare le ferite. Tutte le opzioni del mondo non sono sufficienti a donare al gioco una qualche parvenza tattica, dato che i nemici vanno giù con un soffio.
il guaio principale del gioco resta uno solo: è facile, troppo facile
“… THE CHILDREN PLAY”
La buona notizia è che ci sono proprio tutti i personaggi del Kingdom Infiltration arc, da Howzer a Guila, e possono essere conquistati e successivamente usati nella modalità duello, dove giocare in locale e online, tra l’altro senza apparenti problemi di lag, perlomeno nei match disputati. La cattiva è che, anche in questa situazione, le cose non sono state fatte come si deve: ogni personaggio dispone di una tecnica finale attivabile riempiendo un apposito indicatore che dimezza letteralmente l’energia del nemico, e la CPU la prederà sempre e comunque sui denti, fidatevi.Tanto per aggiungere sale sulla ferita, i personaggi – divisi in tre categorie – sono palesemente sbilanciati: quelli veloci non hanno semplicemente punti deboli, al contrario di quelli magici, che usano la riserva di mana anche per le normali combo; i forzuti, invece, capaci di assorbire parte delle combo nemiche tramite super armor, sono tuttavia lenti come mufloni zoppi.
La narrazione non è lineare, e ruota attorno all’esplorazione di Liones da parte dello sgangherato staff della Boar’s Hat, una locanda ambulante trasportata da un enorme maiale verde
Complessivamente, il guaio principale del gioco resta uno solo: è facile, troppo facile. Io l’ho finito durante la prima serata, seguendo direttamente la trama del manga appena rivelata la pista giusta, e non ho mai perso un combattimento se non alla fine. In effetti, si tratta di un picco di difficoltà notevole, indubbiamente creato per motivare l’esplorazione: vincere le battaglie frutta reagenti, convertibili nel Boar’s Hat in artefatti magici che possono essere equipaggiati dai personaggi in quattro diversi slot. Al contrario degli altri duelli, il nemico finale non può essere battuto senza prima aver messo da parte qualche potenziamento, giacché i suoi punti ferita sono invero smodati tanto da rendere la vittoria impossibile senza ricorrere ad un piccolo aiuto magico, considerato anche lo stretto limite di tempo a disposizione.
In tutto, The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia offre un centinaio di missioni, molte delle quali appariranno solo dopo i titoli di coda, ma si tratta di riempitivi, caratterizzati dallo stesso, insulso tasso di sfida che pervade il resto del gioco. Nondimeno, permettono di concludere la collezione degli artefatti, oltre a garantire l’arruolamento di Escanor, il peccato della superbia, nonché ultimo membro dei Sins (Merlin non combatte nell’atto finale, e viene resa disponibile immediatamente dopo i credits). Ci sarebbe anche un piccolo assaggio dei Ten Commandments, ma non ho intenzione di rovinarvi la sorpresa più del dovuto.
Facile, breve, banale e tecnicamente inconsistente, The Seven Deadly Sins: Knights of Britannia è un titolo mediocre, mirato solo ai più giovani fan dei cavalieri di Nakaba Suzuki. Questi, probabilmente, riusciranno a spremere un po’ di divertimento extra nella modalità duello con i suoi venticinque personaggi, ma tutti gli altri farebbero bene a non avvicinarsi eccessivamente al Boar’s Hat: nell’aria c’è puzza di avanzi andati a male.