Tra rugby e football americano c’è da sempre un’amichevole rivalità, giocata sul fatto da una parte ci sono protezioni, caschi, azioni frammentate ed esultanze assurde anche solo per un placcaggio, mentre dall’altra ci sono tradizioni, birra e al massimo un paradenti e un caschetto morbido che ti separano da una brutta concussione. Tuttavia, se c’è un campo in cui i rugbisti possono solo chinare il capo è quello dei simulatori dedicati ai rispettivi sport. Il football americano, essendo una delle principali passioni made in USA, può contare su tutta la potenza di fuoco di Electronic Arts, che ogni anno migliora, affina e amplia Madden come se fosse la villa di un quarterback milionario; sull’altro versante, vuoi per il mercato inferiore, vuoi perché sembra interessare a pochi, abbiamo titoli che al massimo sembrano la bettola dove Renton e soci si facevano di eroina in Trainspotting.
Rugby 18 continua purtroppo questa spettacolare tradizione di videogiochi raffazzonati che, incredibilmente, non riescono a imparare assolutamente niente dai precedenti e che portano a rimpiangere titoli preistorici come Jonah Lomu Rugby o Rugby Challenge 2006. Ma procediamo con ordine, perché se c’è una cosa che il rugby mi ha insegnato è che non importa se fai schifo e stai subendo: devi portare in fondo anche la peggiore delle partite.
Non so onestamente gli sviluppatori quali partite abbiamo visto prima di iniziare a lavorare su Rugby 18
SIAMO UNA SQUADRA BRUTTISSIMI
Ma onestamente, chi vorrebbe mai organizzare un torneo o gestire una squadra di questa roba qua? Non so onestamente gli sviluppatori quali partite abbiamo visto prima di iniziare a lavorare su Rugby 18: probabilmente, avranno assistito ad alcuni match di serie C1 italiana giocati sotto la pioggia tra due compagini bendate, perché non c’è niente di rugbistico nel modo in cui le squadre si schierano in campo. L’attacco è composto da giocatori che vagano in maniera non meglio precisata, senza rispettare in alcun modo la profondità e finendo quindi per prendere palla e venire subito placcati da una difesa che si raggruppa seguendo movimenti altrettanto casuali. Per quanto possa sembrare qualcosa di diverso allo spettatore occasionale, il rugby è uno sport d’ordine in cui tutti devono fare la loro parte, dove la posizione in campo è fondamentale e dove chi ha la palla in mano è soltanto la cuspide di una strategia d’attacco che si basa sui suoi compagni, che devono – con i loro movimenti – aprire i varchi difensivi necessari a effettuare il passaggio o la linea di corsa giusta. Rendere tutto questo in un videogioco è complesso e qualche incertezza ci può stare, ma qui si esagera. Cosa ancora più assurda, una volta che un giocatore ha la palla in mano e riesce miracolosamente a fare più due passi viene subito rallentato da una perdita di stamina quasi istantanea, col risultato comico di vedere ali velocissime che si involano sulla fascia per poi essere riprese e placcate da piloni sovrappeso: vista la mia stazza, magari fosse davvero così!
Simulare il rugby è complesso e qualche incertezza ci può stare, ma qui si esagera
Abbiamo sperato un po’ tutti che Rugby 18 riuscisse a portare nobiltà videoludica a una disciplina sportiva che, almeno sui nostri schermi, non è mai stata riprodotta col giusto decoro. Purtroppo, qui non si salva davvero quasi nulla, in particolare al momento di scendere in campo, dove le deficienze sono tante e tali che davvero non si capisce quale sport gli sviluppatori abbiano preso a esempio per partorire un prodotto che definire problematico è un eufemismo. Non resta altro da fare che affidarci a un eventuale, prossima edizione: questa lasciatela sullo scaffale.