L’immagine di un eroe di Gondor e del fabbro più importante della Seconda Era della Terra di Mezzo che guidano con pura ragion di stato e di equilibrio un esercito di orchi – al fine di contrastare l’Oscuro Signore tra le guglie di Cirith Ungol – è emozionante per chiunque, nella sua vita, abbia subito la fascinazione di Tolkien. Un’immagine ardita, che Monolith ha avuto il coraggio e l’intelligenza di inserire in una finestra temporale poco battuta dell’universo tolkeniano, stiracchiando e adattando un po’ la continuity letteraria, ma rispettando tutto sommato i codici e i temi di una delle più grandi mitologie fantasy mai immaginate. Se L’Ombra di Mordor aveva rappresentato una guizzante e interessante sorpresa nel panorama videoludico, dando concretezza e sfruttando in maniera piacevolmente innovativa la licenza della Terra di Mezzo, L’Ombra della Guerra è un titolo che ha un fardello molto più grave su di sé: quello di trasformare un concetto brillante come il Nemesis System in qualcosa dal respiro incredibilmente più ampio, rompendo i confini di Mordor e portandoci finalmente nella Valle di Morgul, ad assistere alla caduta di Minas Ithil e alla nascita di Minas Morgul, partecipando alla resistenza contro Sauron, nel tentativo di confinare la minaccia nella terra dove l’ombra cupa scende. Per farlo, la scelta di Monolith, intelligente, è quella di integrare il suo sistema procedurale di generazione di ranghi alla narrazione, inserendo come snodi fondamentali quest legate a figure fondamentali dell’universo tolkeniano e, soprattutto, mettendoci a capo di un vero e proprio esercito di orchi, in una virtuosa scelta del male minore.
RACCONTI RITROVATI
L’Ombra della Guerra accoglie il giocatore con un “riassunto” della puntata precedente e continua la storia di Talion, guerriero senza morte perito al Cancello Nero, e di Celebrimbor, anima maledetta del fabbro che forgiò i Tre anelli dei Re degli Elfi in segreto dall’occhio vigile di Annatar (Sauron, prima di diventare Signore Oscuro). Sin da subito, l’impronta narrativa è abbastanza marcata e indomita, con Shelob in forma umanoide (una libertà creativa tecnicamente plausibile) che diventerà di fatto narratrice e testimone di una pagina idealmente intensa e originale del mondo di Arda. Senza spoilerare nulla, la storia de L’Ombra della Guerra, pur prendendosi licenze poetiche, ruota intorno all’unico, vero, fondamentale tema de Il Signore degli Anelli, ovvero il rapporto tra potere e corruzione, o meglio, tra virtù e fascinazione del dominio, tra giustizia personale ed equilibrio della Terra di Mezzo. Celebrimbor rivela a Talion che a Mordor qualunque manifestazione è un atto politico, e di fatto l’intera campagna di riconquista è un gesto di rivendicazione nei confronti di Sauron e i suoi Nazgul, sfruttando la purezza e il potere di un anello non corrotto, ma è anche vero che la storia di Arda ci insegna che resistere alla forza dei manufatti elfici è davvero per pochi.
Le prime ore de L’Ombra della Guerra sono esaltanti
Il feeling del gameplay, come ampiamente raccontato durante le anteprime fieristiche, è lo stesso del passato, ma il level design sicuramente più curato e un eroe incredibilmente più atletico nelle movenze rendono l’approccio alle missioni e ai combattimenti, fulcro dell’avventura, decisamente vario e divertente. Il problema, semmai, è che il senso di crescita e progressione è clamorosamente rapido, e anche volendosi godere soltanto la storia è davvero difficile che si possa essere impensieriti dalle minacce orchesche, data l’abbondanza di equipaggiamenti potenti ed esperienza da investire nel ricco albero delle abilità. Tra l’altro, la natura più urbana delle mappe – sono di fatto cinque regioni, con Minas Morgul che è l’unica vera città, mentre Seregost, Cirith Ungol, Gorgoroth e il Núrn sono sensibilmente più grandi, con fortezza e accampamenti circostanti – rende molto più localizzata la presenza di nemici, ed è clamorosamente facile andare dritti all’obiettivo. Chiaramente, impostando la difficoltà a Nemesi cambia tutto, ma la sensazione è che l’intera campagna sia una sorta di piacevole accompagnamento verso la vera novità di quest’edizione, rappresentata dagli assedi e dall’evoluzione del Nemesis System.
Monolith, pur partendo da un presupposto affascinante, ha preferito rifugiarsi in una comoda epicità formale
RACCONTI INCOMPIUTI
Il cuore de L’Ombra della Guerra, tuttavia, è ancora il Nemesis System, che prova a mettere sulla scacchiera una notevole varietà di tribù orchesche che combattono, insieme e contro, per scalare i ranghi delle diverse fortezze, con la solita pletora di missioni in cui ci si può ergere sostanzialmente a giudice tra le parti, sfruttando le rivalità intestine a proprio vantaggio. La necessità di dover tirare su un esercito si sposa benissimo con l’ampliamento del sistema, che resta un concept magistrale, tanto più che gli orchi sono caratterizzati ben meglio dei protagonisti. La formula della conquista è sostanzialmente banale ma funzionale: ogni area ha le sue missioni legate all’indebolimento e alla pianificazione dell’assedio, che permettono sia di avanzare nella storia, sia di creare il proprio esercito personale, che torna utile quando sferriamo l’attacco. Interrogando i Vermi è possibile studiare le caratteristiche dei capitani avversari e dei comandanti delle difese, per pianificare l’azione sfruttando vulnerabilità e alimentando le faide interne. Una volta scesi sul campo di battaglia, si può investire moneta di gioco (o reale, ma durante la main quest non è mai necessario) per potenziare l’esercito e, infine, si assalta la fortezza in un “capture and hold” con diversi punti da acquisire e un duello finale da affrontare.
Al primo assedio il cuore palpita, e trovarsi in mezzo a una battaglia è emozionante, ma già al quarto o quinto attacco il sistema inizia a mostrare alcune criticità. Intanto, le fortezze godono delle peculiarità architettoniche e paesaggistiche splendide delle varie regioni, ma all’atto pratico la struttura delle roccaforti conta praticamente nulla ai fini della battaglia. Analogamente, le tanto sponsorizzate reazioni intelligenti dei propri luogotenenti in base all’esito dei combattimenti si rivelano un po’ deludenti: la prima volta che Ugol lo Schiacciateste ti salva dall’esecuzione è esaltante, ma nel corso dell’avventura mi sarà capitato di essere sorpreso tre o quatto volte in tutto. Infine, cosa più importante, nel caos della guerra con tantissimi personaggi sullo schermo l’assenza di lock del bersaglio si fa sentire, anche perché la presenza del fuoco amico e l’incapacità di Talion di fermarsi dinanzi alle forze alleate (tanto son sempre orchi) può essere frustrante, soprattutto quando vuoi eseguire un colpo di grazia su un capitano nemico e il Tark si rivolge verso un ignaro passante.
Al primo assedio il cuore palpita, ma già al quarto o quinto attacco il sistema inizia a mostrare alcune criticità
La sensazione costante della nuova versione del Nemesis System è sì di una potenza incredibile, ma francamente poco necessaria e non sempre utilissima. Il problema si acuisce nell’end game: è vero, il quarto atto è sostanzialmente qualcosa di non necessario ai fini della trama, ma occupa circa il 30% del gioco; dopo i cinque assedi condotti durante la main quest, l’idea di dover difendere le fortezze, anche alla luce di un bel colpo di scena, è incredibilmente affascinante, ma ridurre tutto a cinque giri di difesa (per un totale di venti assalti) di difficoltà crescente delle stesse quattro roccaforti è avvilente, nonché terribilmente ripetitivo e poco appagante. Se non fosse stato per scrupolo professionale, da giocatore avrei abbandonato tutto al secondo turno de La Guerra delle Ombre, tanto più che laddove si fallisca nel tenere una fortezza, per riconquistarla si possono rifare le stesse missioni di indebolimento percorse durante la campagna principale, il tutto mentre l’impatto sulla regione circostante è relativo soltanto alla palette cromatica e alla presenza di più o meno nemici. Non ho tenuto conto, infine, che ripetendo ad libitum le stesse missioni, il gioco si è iniziato a “rompere”, mostrando glitch più o meno esilaranti, tutte cose che credo (e spero) verranno risolte per l’uscita commerciale.
L’OMBRA DELL’ANELLO
Dopo circa una quarantina di ore (e una percentuale di completamento globale intorno al 90%) L’Ombra della Guerra si è rivelato esattamente come il potere dell’Unico Anello: affascinante e potente, ma ambiguo e maledetto, con la conseguenza che il titolo di Monolith resta vittima di se stesso e delle sue ambizioni. Da un lato, infatti, l’avventura di Talion e Celebrimbor annichilisce con una varietà teorica impressionante, tra combattimenti sulle ali dei draghi e furiosi duelli; dall’altro, una curva di difficoltà abbastanza bassa, la scarsa incidenza della narrazione e, soprattutto, la ripetitività e la pochezza strutturale della maggior parte delle missioni non fanno altro che acuire i rimpianti di un Nemesis System che resta bellissimo anche nella sua variante Frotress, ma a cui alla fine spetta un ruolo quasi marginale dal punto di vista del peso specifico.
L’Ombra della Guerra si è rivelato come il potere dell’Unico Anello: affascinante e potente, ma ambiguo e maledetto
L’Ombra della Guerra affascina con un gameplay collaudato, un concept comunque irresistibile e un’ambientazione molto più varia che nell’episodio precedente, esaltata da valori produttivi notevoli e da una bellissima colonna sonora. Monolith, però, nell’immaginare un seguito più grande, grosso e cattivo della sua IP, ha perso di vista l’organicità dell’esperienza e, soprattutto, ha incomprensibilmente imprigionato il nuovo Nemesis Fortress in una struttura ripetitiva e paradossalmente quasi tangente al cuore dell’avventura. Il risultato è un titolo ricchissimo di buone idee e potenziale, ma che non sempre riesce a esprimerlo pienamente, a causa di una narrazione a singhiozzo e con poca personalità, e di una ripetitività di base che viene esasperata in un end game immenso, ma francamente noioso. Certo, dissipare morte ed esercitare il proprio dominio foraggiati dal potere dell’anello ha i suoi momenti divertenti, e la prospettiva di sfidare Isildur a duello può comunque valere il prezzo del biglietto, a patto di essere fan dell’opera di Tolkien e avere nostalgia della vista della reggia tetra.