L’attrazione chimica esiste anche per i videogiochi, ed è anche quella, potentissima, che avevo provato per RUINER negli spazi di Devolver Digital a Colonia (qui la relativa anteprima). In quel momento avevo la possibilità di testare qualsiasi altro prodotto nello stand, alcuni dei quali mirabili, ma la mia attenzione è stata tutta catturata dal gioco di Reikon Games, peraltro a più riprese: ho sperato che dietro la folgorante locandina – un tizio fasciato di pelle nera con la scritta elettronica “Kill the Boss”, su una sorta di maschera spersonalizzante – ci fosse anche un gioco solido, e ne ho avuto conferma con il pad in mano, poi sostituito da mouse e tastiera (ottimo anche così) nella prova della recensione. È il regalo cyberpunk che ormai pensavo nessuno mi facesse più, nel 2017, e che negli scorsi giorni mi ha fatto impazzire di gioia e dolore come una dominatrice sadomaso. No, non ho esperienza in tal senso, ma il paragone mi sembra appropriato.
KILL THE BOSS
Essenzialmente, RUINER è un ibrido d’azione shooter-brawler con visuale dall’alto, fondato su un ritmo velocissimo che ricorda un pochetto Hotline Miami ed emuli vari, in particolare Mr. Shifty, ma senza imitarne davvero lo schema. Da un lato, infatti, anche qui ci troveremo davanti una serie di livelli con nemici implacabili da abbattere, in cui l’uso di fulminee strategie e il puro istinto devono viaggiare all’unisono; dall’altro, in RUINER i modi per uscirne vivi risiedono in una vastissima gamma di abilità, per una volta strettamente necessarie a procedere, oltre che nel conveniente utilizzo del rallentatore prima dei movimenti di “dash”, scatti quasi istantanei in tutte le direzioni che richiamano, appunto, il recente titolo di Team Shifty. Questi ultimi possono essere concatenati durante la sospensione del tempo, e dunque elargire danni nel modo più tattico possibile, fermo restando che le combo e i colpi più efficaci possono sempre rallentare l’azione e darci un secondo di respiro per osservare il groviglio di nemici, variamente armati con diversi gingilli a distanza e altrettanti corpi contundenti. Possiamo raccogliere gli stessi strumenti e usarli fino a esaurimento (o “durabilità”, per katane o mazze, come prima ma non ultima citazione GdR), oppure lootarli attraverso appositi droni e stazioni per sostituire la pistola e la lama dell’equipaggiamento di base (all’inizio, un semplice piede di porco); numero ed eventuali danni collaterali dei movimenti di teletrasporto si ricaricano col tempo, mentre salute ed energia per alimentare le altre abilità vanno ripristinate su apposite pedane, poste ad arte tra i continui e tostissimi scontri.
RUINER alza l’asticella della difficoltà in modo che i potenziamenti vadano sempre usati in modo intensivo
HELLO DARKNESS
Una simile durezza di intenti, peraltro, si posa benissimo con la scelta della cornice cyberpunk, come impatto visivo e anche nel linguaggio secco ma tagliente adoperato per le righe di testo, senza sonoro per i dialoghi e, anzi, con un notevole accompagnamento tecno-punk che si va a sovrapporre al frastuono della battaglia. Ci troviamo nei panni di un inquietante reietto della società, sullo sfondo della fittizia megalopoli di Rengkok, il cui cervello è stato manipolato da qualcosa o qualcuno fin quasi ad “azzerarlo”; con l’aiuto di una hacker collegata in remoto e di diversi personaggi che incontreremo lungo le strade, scopriremo che il nostro misterioso persecutore ha rapito nostro fratello ed è asserragliato in fondo a una catena di potenti scagnozzi, ognuno circondato dai suoi personali mercenari, fra semplici criminali di strada, assassini potenziati e cultisti della realtà virtuale. Il filo narrativo non è poi così complesso, insomma, e tuttavia viene dipanato attraverso rapide sovrapposizioni visive, espressioni slang e un gusto da fumetto underground che arricchiscono il racconto al di là delle vicende, comunque non banali nell’approccio a tecnologia e moderne schiavitù.
Una goduria per molti, ma non necessariamente per tutti
RUINER, che tanto mi aveva colpito in quel di Colonia, si è dimostrato un ottimo esercizio di stile e idee, capace di relazionarsi ai migliori giochi d’azione top-down senza copiarne nessuno, giacché costringe a sfruttare fino in fondo il suo liberissimo sistema di abilità, richiede tanta giusta abnegazione ed è contornato da un’atmosfera cyberpunk perfettamente coerente alla sua durezza, ancora più ricercata di quel che sembra. Può apparire monotono a chi non ama il genere, o troppo corto a chi lo affronta al minimo della difficoltà: in caso contrario, mettervi la maschera-display di RUINER può solo farvi del bene.