N.B. Questa recensione è stata divisa in due parti. Nella prima vi ho raccontato la mia esperienza di una trentina di ore abbondanti con le modalità che non abbisognano di una connessione ai server (Diventa un Mito, Champions/Europa League e Campionato Master, principalmente). Per un giudizio completo su PES 2018, però, ho atteso di accumulare esperienza soprattutto online (myClub e Stagioni, per dire, non sono state accessibili fino al giorno del lancio). Buona lettura.
Ammetto di essere in seria difficoltà nell’approcciare questa recensione. Una manciata di partite assieme ad altri colleghi della stampa mi aveva convinto, un paio di mesi fa, che PES 2018 potesse rappresentare il salto definitivo verso l’Olimpo, dopo la buona prova dello scorso episodio (qui la recensione di PES 2017, nel caso vi interessasse un ripassino sull’argomento). E invece, almeno stando a quanto succede sul campo contro la CPU, la sensazione evidente è quella del passo del gambero: un vero peccato, perché anche quest’anno Pro Evolution Soccer mostra di avere comunque in mano buone carte da mettere sul tavolo.
ORDINE E DISCIPLINA
Prima che mi addentri su quanto succede in campo, è d’obbligo il consueto excursus sui numerosi contenuti presenti in PES 2018, che in massima parte sono gli stessi dello scorso anno. La parte del leone la fa il trittico Campionato Master, Diventa un Mito e myClub: se di quest’ultima modalità non posso dire nulla al momento e la penultima è sostanzialmente un copia/incolla di quella dello scorso capitolo, qualche parola in più la posso spendere sulla prima, laddove ho condotto il Sassuolo (che non è più Sansagiulo, mentre la Juve è ancora PM Black White) e, in un paio di stagioni, l’ho portato a vincere un triplete talmente prezioso che José Mourinho può accompagnare solo. Fatta salva la separazione dei budget tra mercato e ingaggi introdotta in PES 2017, ora a bilancio ci vanno anche le clausole rescissorie, un parametro da tenere in considerazione in fase di trattativa e che si è rivelato abbastanza impattante durante i momenti più serrati del calciomercato. Per farsi le ossa, incassare qualche soldo e cementare un po’ la squadra è ora possibile partecipare ai tornei estivi, certo facoltativi, ma comunque utili per introdurre i nuovi innesti e regalare XP a qualche giovane, senza che il risultato conti davvero.
L’unica vera novità, in quanto a modalità, riguarda il ritorno della Selezione Casuale
L’ERBA DEL VICINO
Veniamo alle note un po’ dolenti, ovvero a quanto succede sul terreno di gioco di PES 2018 quando ci si ritrova ad affrontare la CPU, a prescindere dalla modalità selezionata. Buona parte delle partite le ho affrontate a livello di difficoltà Professionista (come in entrambe le stagioni del Campionato Master), con Tipo di tiro Avanzato e niente assistenza sui passaggi. A partire da questo setup base, ho sperimentato via via a salire, fino alla massima difficoltà (Superstar) in Full Manual, anche se solo per poche partite.
Sono tre gli aspetti laddove PES 2018 ha, a mio avviso, perso terreno rispetto alla scorsa edizione: i portieri, l’arbitraggio e il passaggio filtrante. PES 2017 aveva messo una pezza, seppur parziale, alle deficienze di PES 2016 proprio in questi argomenti critici, ergo mi sarei aspettato di assistere a un miglioramento ulteriore. Qualcosa deve evidentemente essere andato storto se i portieri sono tornati a prendere un po’ troppo facilmente gol sul secondo palo e se gli arbitri, proprio come due anni fa, fischiano talmente raramente che non ho tirato (e né subito) un calcio di punizione dal limite in entrambe le sopraccitate stagioni nel Campionato Master, nonostante io pratichi un calcio abbastanza aggressivo in fase di non possesso.
Sono tre gli aspetti laddove PES 2018 ha, a mio avviso, perso terreno rispetto alla scorsa edizione: i portieri, l’arbitraggio e il passaggio filtrante
Capito questo fatto, sono tornato al Campionato Master e ho portato il Sassuolo in cima al mondo. Come? Beh… arrivando sul fondo a colpi di triangolo e mettendo palloni in mezzo con R2+O, un’altra combinazione che addormenta i centrali difensivi avversari quel tanto che basta perché l’attaccante la schiacci comodamente di testa: Grégoire Defrel, 179 centimetri di talento, è tutto tranne che un cristone d’area, eppure ha stravinto entrambe le classifica cannonieri a suon di inzuccate. L’unico modo per tamponare queste deficienze della CPU è impostare tutto in Full Manual (ci ho fatto un’intera Champions League col Milan, a difficoltà Professionista), laddove il recupero palla da parte dell’avversario era per lo meno generato da un mio errore in fase di controllo e impostazione. Mi chiedo cosa accadrà online, una volta che i giocatori avranno capito quanto sia facile aggirare anche una difesa ben schierata a colpi di filtrante. Staremo a vedere.
OLTRE IL BUIO, LA LUCE
Spiace scrivere queste cose, un po’ perché speravo davvero nel salto definitivo della serie, e un po’ perché PES 2018 ha al suo arco tante frecce che invece centrano il bersaglio, come l’occupazione logica degli spazi e la capacità della squadra di giocare coralmente e coerentemente coi dettami imposti in fase di disegno tattico. Anche la fisica del pallone a me piace non poco, così come ho trovato più reattiva rispetto a PES 2017 la conduzione della sfera da parte dei singoli calciatori e, più in generale, la sensazione di controllo che si ha nel giro palla.
dal punto di vista tecnico si possono dire di PES 2018 un po’ le stesse cose della passata edizione
In attesa di vedere cosa succederà con l’aggiornamento delle rose, dal punto di vista tecnico si possono dire di PES 2018 un po’ le stesse cose della passata edizione. Alcuni calciatori sono davvero simili alle loro controparti reali, mentre altri davvero non ci pigliano per nulla, a prescindere dalla cronica assenza di molte licenze importanti. Gli stadi sono ben realizzati e – più in generale – il comparto grafico fa il suo, magari in maniera meno appariscente rispetto al diretto concorrente FIFA, ma comunque piacevolmente nella maggior parte delle occasioni. E poi ci sono i 1080p e i 60 fps granitici (almeno su PS4), che insomma… su console non sono proprio un risultato da buttare. Non vedo l’ora di mettere le mani sulla versione PC, di cui avrò disponibilità dal giorno del lancio e che quest’anno dovrebbe dare la pista a tutte le altre.
MA ‘STO ONLINE?
Ha quasi dell’incredibile la differenza di esperienza che propone PES 2018 tra la sua componente offline (un po’ problematica, come vi ho scritto qui sopra) e quella online. A dirla tutta, pare proprio un altro gioco, forte probabilmente del fatto che la community rimasta fedele al brand ha qualche anno in più sulle spalle rispetto ai luoghi frequentati dalla concorrenza, e quindi preferisce un approccio più legato al divertirsi e al “costruire calcio”, anziché puntare alla vittoria a tutti i costi. Fatto sta che in tutte le modalità, nessuna esclusa, ho trovato principalmente avversari e/o compagni che hanno limitato al minimo indispensabile l’uso del filtrante assassino e il gioco ruvido (l’arbitro non fischia quasi mai, s’era detto), prediligendo la costruzione sana della manovra: in questo ambiente quasi al limite dell’autogestione, PES 2018 si è rivelato un titolo godibilissimo, a tratti perfino esaltante. Certo, ogni tanto qualche “fenomeno” uso alle furberie è capitato di pescarlo, ma in misura nettamente minore a quanto mi sarei aspettato sulla carta.
Partiamo dalla modalità co-op 3 contro 3, veramente spassosissima e ben riuscita, laddove il sistema di matchmaking ci mescola con altri due compagni guardando alle nostre statistiche e alle nostre attitudini. Man mano che si gioca (e che si sale di livello), difatti, diventa sempre più chiaro quali siano le nostre caratteristiche, che vengono sfruttate proprio per metterci affianco compagni complementari. Il tutto funziona più che bene e non di rado si riesce a incastrare un terzetto affiatato fin da subito: peraltro, grazie a questa modalità ho fatto la conoscenza di un paio di simpatici ragazzi danesi coi quali faccio spesso squadra, quando ho voglia di rilassarmi con una partita online senza troppo impegno.
PES 2018, nella sua controparte online, si è rivelato un titolo godibilissimo
Due ultime parole sull’aggiornamento delle rose, tutto sommato ben equilibrato e coerente con le forze delle varie compagini reali, se si esclude qualche eccezione come i giocatori polacchi, la cui nazionale tiene botta con eccessiva disinvoltura anche nei match contro le squadre più blasonate. La telecronaca, invece, è la solita accozzaglia di frasi non proprio adatte al contesto; per lo meno possiamo festeggiare una versione PC che non fa gridare al miracolo, ma che almeno propone gli stessi identici contenuti di quella console. Era ora.
Tanto problematico offline quanto buono online, nell’animo di PES 2018 coesistono due personalità in antitesi, proprio come nella miglior tradizione Dr.Jekyll/Mr.Hyde. I passi indietro compiuti a livello di Intelligenza Artificiale e arbitraggio sembrano non aver toccato la community, che invece affronta in massima parte le partite cercando di costruire calcio e non sfruttando i vuoti difensivi sul filtrante o l’arbitraggio permissivo. Mai come quest’anno, quindi, il calcio griffato Konami ha un senso compiuto se siete animali da multiplayer, ancor più se giocate su PC, laddove – finalmente – Pro Evolution Soccer è tornato a essere un titolo al pari delle versioni console. In caso contrario, prima di valutarne l’acquisto converrebbe attendere di capire cosa proporrà FIFA 18, almeno dal punto di vista del giocatore solitario.