Pyre è uno di quei giochi che ti rimette in pace con l’esistenza, uno di quei prodotti di intrattenimento che ti dispiace finire, ma che contemporaneamente non puoi fare a meno di consumare tutto d’un fiato assimilando il più possibile di quello che vuole raccontarti, lasciando avvampare la passione proprio come in una pira. Il ritorno di Supergiant Games è interessante e sorprendente, non tanto per un discorso di qualità e stile che – al netto delle preferenze e del fatto che Bastion arrivò come un fulmine a ciel sereno – senza essere vittima dell’hype del meno apprezzato Transistor ha sempre contraddistinto lo studio californiano in maniera abbastanza peculiare. A meravigliare, in questo caso, è la capacità di proporre un’avventura che si basa contemporaneamente sia su canoni di genere (abbastanza) tradizionali, che su alcune meccaniche profondamente innovative, le quali – di fatto – aiutano a una riconfigurazione brillante e contemporanea del concetto di RPG, ibridata a dovere da influenze che vanno dalle visual novel, ai tattici erranti come Banner Saga, fino all’insospettabile ma fondamentale matrice sportiva, di cui parleremo più avanti.
A tenere insieme la caleidoscopia di Pyre c’è lo stile estetico e narrativo inconfondibile di Supergiant Games, che unisce una sontuosa art direction a un’elegantissima ricerca del linguaggio, sempre arcaico e misterioso, per mettere in scena un’avventura pregna di una profonda vena malinconica da romanzo collettivo di viaggio. A corroborare in maniera unica la presentazione di Pyre è sicuramente l’uso spettacolare del sonoro in ogni sua forma, sfruttato per creare un legame empatico indissolubile tra il giocatore e l’affascinante, complesso e frammentato mondo in cui è ambientata la storia. Le voce tonante di Logan Cunningham (il narratore di Bastion) e il cantato sublime di Darren Korb (coadiuvato dalla sempre ottima Ashley Barrett) non sono però gli unici menestrelli di una storia che parla di libertà e ribellione, ma soprattutto di amicizia e legami umani, visto che i primi suoni del Downside, il limbo in cui ci ritroviamo privi di libertà all’inizio del gioco, sono le voci in una lingua apparentemente distante, mistica e inquietante di strani individui mascherati. La trasformazione di quei suoni incomprensibili in compagni di viaggio dal volto amico/nemico, ma sempre vivo, è probabilmente uno degli aspetti più belli di Pyre, un viaggio verso le stelle che rende familiare l’ignoto, e che pur conservando parte del suo mistero, ci fa sentire protagonisti di un mondo incantevole.
WHEN THE STARS ALIGN…
Appurato che Pyre sia un gioco di sensazioni, una storia di un viaggio in cui le nostre decisioni e il modo di viverlo contano di più della meta, come ogni rito di passaggio che si rispetti, provare a raccontarlo in maniera lineare senza cadere in malaugurati spoiler è faccenda delicata, più che altro perché è nelle continue scelte che vengono proposte nei dialoghi e durante le fasi d’azione che i significati più profondi del titolo di Supergiant emergono in tutta la loro prepotenza.In ogni caso, il viaggio nel colorato mondo di Pyre ci vede nei panni di un’ombra venuta dal Commonwealth, l’ultimo grande regno del mondo, tenuto nel giogo di un imperatore grazie al vecchio trucco bradburiano della messa al bando dei libri… e di qualunque forma di alfabetizzazione. In un assetto politico del genere, con un contesto multiculturale fatto di razze diverse e differenti fazioni, con una guerra in atto con il fiero popolo delle arpie, basta poco per essere tacciati di tradimento e noi, modestamente, ci troviamo nella difficile posizione di essere uno dei pochi esseri viventi al mondo in grado di saper leggere.
nel colorato mondo di Pyre ci troviamo nella difficile posizione di essere uno dei pochi esseri viventi in grado di saper leggere
Il nostro talento, unito a una bella collezione di libri, è sufficiente per un viaggio di sola andata verso il già citato Downside, un limbo tanto affascinante quanto perduto, dove gli esiliati vagano in cerca di un segno delle otto divinità del cosmo (i cosiddetti Scribi) per provare a riconquistare la libertà. In un ribaltamento di prospettive che sarà poi una costante dell’intera narrazione, è proprio ciò che ci ha condannato all’esilio che ci può salvare, visto che un gruppo di erranti (i Nightwing) ci accoglie tra le sue fila come prescelto in grado di scrutare nel cielo il volere degli Scribi, e interpretare le sacre scritture del Tomo dei Riti, un antico libro magico – interamente leggibile in-game – che, di fatto, rappresenta il mito di fondazione dell’universo e descrive in maniera complessa, arcaica, ma accurata, le vite degli otto messaggeri divini e la cosmogonia del mondo. Soprattutto, però, essere eletto “Reader” di un gruppo vuol dire poter interpretare il libro per condurre i Riti, ovvero una manifestazione sacra in cui due compagini di tre persone (i Triumvirati) si sfidano in onore delle stelle e delle divinità, che volendo possono essere chiamate direttamente in causa per aumentare la difficoltà degli incontri, in modo da rendere la sfida sempre piacevole e stimolante.
Al termine di ogni stagione, le due squadre migliori si sfidano in un rito di liberazione che permette a un solo membro del Triumvirato vincente di ritornare nel Commonwealth. La cadenza dei Riti non è regolare, e varia in base al volere delle stelle, e va da sé che sebbene siano tre i compagni di viaggio impegnati in ogni partita, la compagnia che viaggia nel nostro strano caravan magico è ben più numerosa. Se a questo uniamo una trama di matrice politica e che ogni personaggio, sia dei Nightwing che delle altre compagini, ha le sue motivazioni per voler essere liberato, è chiaro che la faccenda si complica, e la storia di Pyre si svela lentamente stagione dopo stagione con la viva consapevolezza che non tutti potranno riconquistare la libertà perduta. In qualità di “Reader”, tra l’altro, il nostro compito sarà non solo quello di condurre i Riti, ma anche di scegliere il destino di quelli che diventano, tappa dopo tappa, amici sempre più stretti, nonché validi triumviri sul campo di battaglia, che una volta liberati non potranno, ovviamente, essere più schierati. Perseguire il bene di tutti o i propri interessi? Dare precedenza ai legami, o a una visione politica? Mostrare rispetto e fare un passo indietro davanti ad avversari notevoli oppure essere sempre ligi a se stessi? Le responsabilità sulle spalle del Reader sono tantissime, e in base alla nostra visione del mondo il destino di tutti i personaggi coinvolti nell’avventura cambia radicalmente.
… THE RITES SHALL COME TO BEAR
Se durante la fase di viaggio il gioco consiste in un’alternanza abbastanza canonica di cammini su quella che è una vera e propria mappa del mondo 2D dai colori sgargianti e dai paesaggi soltanto suggeriti, e le fasi di dialogo sono affidate ad altrettanto classiche schermate fisse in pieno stile visual novel, corredate da artwork egregi e sottolineature sonore raffinate, i Riti rappresentano il cuore di Pyre, nonché il suo “battle system” sui generis, talmente unico da essere disponibile in una modalità stand alone, purtroppo priva di multiplayer online.L’idea alla base è quella di un tre contro tre che unisce il basket al football americano, animato da un sistema in tempo reale che ha la particolarità di lasciar muovere soltanto un personaggio per volta. Ogni triumviro combatte grazie alla propria aura, che è sia uno strumento di offesa che di difesa, e lo scopo del rituale è estinguere la pira avversaria con l’ausilio di una sfera magica da imbucare in una sorta di canestro.
il Tomo dei Riti, un antico libro magico, è interamente leggibile in-game
Alla componente sportiva e alla matrice strategica si uniscono anche peculiarità da MOBA, nel senso che ogni eroe ha di fatto dei propri poteri unici, dati in parte dalla razza e in parte dalle abilità o dall’equipaggiamento, costituito da un unico slot da riempire con amuleti. Ecco, sebbene il discorso degli oggetti sia forse quello meno riuscito del lotto, le variabili in campo sono tantissime, e la necessità di coordinare costantemente lettura di insieme con i momenti più action è inizialmente straniante, anche a causa di un sistema di controllo mouse e tastiera che va rifinito necessariamente sulle proprie esigenze. Molto meglio il pad, a mio avviso, che fa perdere un minimo di precisione nella gestione della mira, ma permette di guadagnare sicuramente in comodità e naturalezza.
Dicevo, le possibilità strategiche sono tante, anche perché una volta conquistata la sfera magica siamo obbligati a comandare il portatore, e basta entrare nell’aura di un avversario per essere banditi temporaneamente dal campo. A equilibrare e complicare la situazione, ogni volta che viene colpita la pira il triumviro che segna non partecipa all’azione successiva, e dunque bisogna sempre scegliere accuratamente la squadra, anche e soprattuto in previsione dei Riti di Liberazione. È qui che la meccanica dello sport fantasy si lega indissolubilmente alla narrazione e alle scelte di gioco, perché la necessità di bilanciare la forza dei Nightwing con la liberazione dei compagni di viaggio richiede tantissime valutazioni di diversa natura, che finiscono per intrecciarsi anche con la pianificazione degli scontri con gli avversari. Dopo la prima stagione, infatti, i Riti diventano un vero e proprio un campionato, e in base alle nostre scelte su chi sfidare, determineremo anche i contendenti alla Liberazione. Considerando che ci sono personaggi estremamente carismatici anche tra gli avversari, in alcune circostanze fallire può portare a risvolti narrativi inaspettati, e la liberazione di un nemico non è da intendere come un fallimento, piuttosto come il compromesso tra i nostri desideri di libertà e il volere degli Scribi.
Il senso di controllo e partecipazione alla storia che nasce durante le peregrinazioni per effettuare i Riti è spettacolare, e come dicevo ieri nell’editoriale, un titolo che contempla il fallimento come parte integrante del racconto, di fatto valorizza molto di più ogni scelta, perché ci costringe a fronteggiare sempre con lucidità le conseguenze delle azioni. È per questo motivo che, nonostante non sia un grandissimo amante delle run molteplici nei videogiochi che vogliono raccontare una storia, nel caso di Pyre è diverso, perché la curiosità verso le tantissime combinazioni possibili è tantissima proprio in virtù della sua struttura estremamente sfaccettata. Eppure, il senso di appartenenza alla nostra narrazione personale resta comunque altissimo, nonostante una certa linearità di fondo e una struttura di gioco che, a voler essere pignoli, non brilla neanche troppo per varietà. Forse è proprio nella sua ripetitività tipica delle stagioni sportive, nella prolissità di alcuni dialoghi e nelle lunghe sessioni di lettura del Tomo dei Riti (facoltative, benché consigliate per comprendere il lore) che Pyre potrebbe risultare indigesto per qualcuno, ma la presenza di personaggi incredibilmente carismatici, una scrittura elegante e matura (che rielabora moltissime metafore di natura letteraria e religiosa in forma mai pesante), nonché le continue sollecitazioni e decisioni a cui è chiamato il giocatore trasformano l’avventura di Supergiant Games in un racconto che riesce a trasmettere tutto il senso, l’importanza e l’empatia del viaggio di un gruppo di persone chiamate a mettere in gioco quanto di più caro hanno al mondo per inseguire la speranza e la libertà.
Grazie a una cornice estetica raffinata, un sonoro sontuoso e il solito incredibile gusto unico per la narrazione e la messa in scena, Pyre racconta una bellissima storia di speranza, libertà e amicizia in maniera singolare e affascinante. L’uso dei Riti di matrice sportiva, infatti, offre un’interpretazione fresca e originale degli RPG classici, e le ibridazioni con altri generi narrativi mettono nelle mani del giocatore una notevole libertà di interpretazione e, soprattutto, un grandissimo potere decisionale. Spiace per alcuni momenti un po’ prolissi (la campagna dura una quindicina di ore, un paio di troppo forse) e per una quantità di testo da leggere (in un inglese non banale) un po’ soverchiante, ma nel complesso Supergiant Games ha tirato fuori un’altra piccola gemma.