Cryptark è un roguelite fantascientifico che sa ingannare, abilmente, con la sua seconda natura di dual stick shooter. La primissima partita, in effetti, ha risentito di questa istintiva interpretazione del gameplay, e me ne sono dovuto pentire nel giro di un paio d’ore; il fatto è che, inizialmente, le munizioni a disposizione mi sembravano tantissime, e i kit di riparazione o rifornimento mi rincuoravano sul mio proposito di puro massacro, senza percepire che il rapido aumento della difficoltà, così come il rigoroso impianto “economico” di Cryptark, mi avrebbero riportato alla schermata iniziale senza gloria e senza alcun achievement. Game over, man, solo ed esclusivamente game over.
CLONI ED EXOSUIT
È giusto, prima della vera analisi, ricordare che Alientrap è anche lo sviluppatore di Capsized e Apotheon, e ha quindi già dimostrato le proprie capacità nel puro fascino delle ambientazioni e, soprattutto, nel rispettare purezza e duttilità degli impianti bidimensionali in gameplay antichi, dagli adventure spaziali ai metroidvania, fino alla odierna declinazione meno dura – ma sempre durissima, per il giocatore medio – dei roguelite.
Cryptark è un roguelite che sa ingannare, abilmente, con la sua seconda natura di dual stick shooter
In una normale campagna (l’offerta di gioco non finisce qui, dopo ci arrivo) la partita finisce con la bancarotta economica, ovvero quando non avremo più denaro per clonare un sostituto e comprare equipaggiamento: la fase di loadout è fondamentale, dunque, con gli armamenti di base della classe Exo adoperata oppure con le varianti speciali che possiamo rinvenire in specifici dispositivi, acquistabili dal settore successivo; in tutti i casi, le scelte sull’equipaggiamento avranno cruciali ripercussioni nella strada verso la Criptarca, persino quando – come dicevo – appaino sotto forma di “innocui” dispenser per munizioni o salute, tutti col loro costo, al pari di qualsiasi altra cosa.
SPACE HULK BALISTICO
Addirittura eccezionali le singole trovate di design, in un impianto sasso-forbice-carta che amplia a dismisura le varianti. La chiave di volta sono le strutture contenute nelle basi, spesso concatenate tra loro: a parte quelle per la produzione di scudi, allarmi, droni vari, biomeccanoidi cacciatori e altro ancora, ci sono dispositivi che dislocano tutte le altre apparecchiature in punti diversi ogni 60 secondi, oppure che le ripararono in 100 o, ancora, che possono nascondere la mappa o imitare la funzione dei meccanismi distrutti, in una sovrapposizione di insidie che, nelle basi di classe 6 e ancora meglio nella Criptarca, può apparire inestricabile al primo tentativo. Per non parlare degli ordigni nucleari prodotti da alcune strutture, capaci di corroderci fino al midollo se rimaniamo nei pressi degli obiettivi distrutti. Va da sé che la pianificazione risulta presto il sale del gioco, per bilanciare spesa, equipaggiamento e sequenza tattica della distruzione, fino ai cervelli artificiali (anche due, nelle basi “duplex”) che governano le stazioni nemiche. Niente da dire nemmeno sulla generazione procedurale, costruita con pezzi attentamente progettati, così come sul dettaglio della fase di avvicinamento della Exo al conglomerato nemico, privi di armi e in balia delle torrette nello spazio, perfetta nel sottolineare l’importanza del punto d’ingresso.
La partita finisce quando non avremo più denaro per clonare un sostituto e comprare equipaggiamento
Non di meno, come accennavo, ogni introduzione o evento del gameplay viene segnalato con siparietti narrativi concatenati in modo sempre diverso (finestre col faccione fumettoso dell’alieno di turno, come in mille giochi d’altri tempi), di pari passo con la generazione procedurale delle basi, delle insidie in esse contenute e dei risultati di fine missione. Quel che ne risulta non è Shakespeare, come si suol dire, ma fa egregiamente il suo lavoro e brilla per lo stile adottato, nella presentazione compatta dei testi ma anche e soprattutto nei disegni riecheggianti di Moebius e della tradizione Metal Hurlant. Tutta cultura nazionale, per i francesi di Alientrap.
UN PO’ DI ROGUE, COSì LA SMETTI DI RIDERE
L’offerta di Cryptark non finisce con la campagna roguelite, e anzi si estende ad alcune piacevoli varianti (al netto delle botte, s’intende). Come è già successo in altri casi, gli sviluppatori hanno deciso di offrire una modalità più vicina ai classici roguelike, dove le cose si fanno più dure e la vittoria finale ancora più rara, come sto ancora sperimentando sulla mia pelle.
Sotto il profilo strategico, la chiave di volta sono le strutture contenute nelle basi
Tutta roba che mi sta richiamando a sé come le sirene di Ulisse, per quanto sostanzialmente ripetitiva: un bel dire per uno che, senza le carezze grafiche di altri roguelite, come Everspace, non giurerebbe mai di potersi appassionare a qualcosa di così brutale e “grezzo”. Stavolta è successo, come nella migliore delle trappole aliene.
Cryptark è uno dei migliori ruoguelite usciti negli ultimi anni, grazie anche alla forte impronta personale: i francesi di Alientrap semplificano alcune cose ma ne mettono altrettante sul piatto, come un sistema economico che può determinare la fine della partita (tenendoci sul chi vive anche sotto questo aspetto) o una serie di idee di design che rendono piacevolmente tattica ogni sessione, anche al di là dell’impegnativo impianto dual stick shooter che troverete ad aspettarvi (perfettamente fruibile anche con mouse e tastiera, prova alla mano). Alla fine l’offerta di gioco non è così articolata, e certo le bastonate che offre non sono adatte a tutti, ma difficilmente sono stato così felice di prenderle, una volta uscito trionfante dalla maledetta Criptarca.