MotoGP 17 - Recensione

PC PS4 Xbox One

Se MXGP3 segna l’inizio del nuovo corso di Milestone, ed è sicuramente un prodotto che, seppur con i suoi limiti, guarda al futuro, MotoGP 17 è quanto di più conservativo potesse partorire la software house meneghina. Lo è soprattutto alla luce di un prodotto come quello dell’anno scorso dedicato a Valentino Rossi, che era riuscito a massimizzare (quasi) sotto ogni aspetto i risultati ottenibili dall’engine proprietario. Il problema, evidente, è che lo spessore del gioco (e l’importanza della licenza) non si prestava certo all’uso sperimentale dell’Unreal Engine 4 e, dunque, quello che arriva oggi su PC e console è un episodio abbastanza interlocutorio del franchise dedicato al Motomondiale, visto che non è altro che MotoGP 16 privo del mondo legato a Valentino Rossi, con ovviamente la licenza del campionato in corso e con il ritorno della carriera con il team privato, un po’ arricchita per l’occasione. Insomma, proprio mentre la MotoGP è tornata a livelli competitivi di altissimo livello, con gare al cardiopalma e almeno quattro piloti a contendersi il titolo iridato, la sua controparte videoludica prova a conseguire il massimo risultato col minimo sforzo.

L’ESPERIENZA DEL DOTTORE

Per certi versi, l’esperienza con Valentino Rossi ha lasciato alla serie un buon bagaglio, fatto di un modello simcade oramai collaudato, piacevole e giunto a un compromesso assolutamente bilanciato, adatto sia a chi vuole semplicemente schiacciare il tasto dell’acceleratore e a chi, invece, un po’ vuole sgobbare per tenere in pista un mostro di oltre duecentocinquanta cavalli senza fare la brusca conoscenza dell’asfalto con la capoccia. Non c’è nulla di estremamente appagante per un vero centauro, ma è tutto più che sufficiente a soddisfare il grande pubblico e chi, tra gli appassionati, sa chiudere un occhio di fronte a qualche concessione alla “giocosità” anche disattivando tutti gli aiuti e impostando la fisica al massimo livello di realismo.

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MotoGP 17 è quanto di più conservativo potesse partorire Milestone

Certo, spiace che piccoli difetti ampiamente rivedibili come la tolleranza ai contatti non sempre chiarissima e, soprattutto, la lettura delle traiettorie da parte dell’Intelligenza Artificiale, siano rimasti immutati rispetto allo scorso anno. In sostanza, la CPU non è malvagia, nel senso che sul giro sa correre forte ed è in grado di tenere i tempi su livelli assolutamente realistici (se impostata all’omonimo livello di difficoltà), ma resta ancora ingenua nella lotta, soprattutto nella classe regina. Il punto è che i piloti si limitano sempre e soltanto ad allungare la staccata e ad attaccare sull’interno, con poca inventiva e, soprattutto, poca reattività, tanto da buttarci fuori senza pietà in circostanze concitate o allorquando il giocatore tenti una manovra azzardata. Certo, ci sono i rewind per mettere le cose al loro posto, però a distanza di un anno, anche a fronte di una cornice rimasta uguale, Milestone avrebbe potuto mettere una pezza a quello che rappresentava, in termini di gameplay, uno dei pochi limiti storici della saga ancora presente in Valentino Rossi: The Game.

Probabilmente il tutto è legato a un motore di gioco decisamente fuori tempo massimo, che ha già dato ciò che poteva lo scorso anno e che, oramai, è davvero inadeguato a sostenere le ambizioni di Milestone. C’è da dire che a Milano han fatto comunque lo sforzo di rendere tutto più leggero, e MotoGP 17 sfreccia a 60 fps anche su console, mentre su PC, con la stessa configurazione di un anno fa (980m, i7), tenendo tutto al massimo si va quasi a 180 fps senza colpo ferire. Il problema è che il colpo d’occhio (modelli delle moto e texture di tutte e carene a parte) è davvero lo stesso di sempre, e dunque, per quanto non sgradevole, è oramai vetusto senza appello, soprattutto nella gestione dell’illuminazione, tanto che il confronto con MXGP 3 non lascia dubbi sul fatto che il salto verso Unreal Engine 4 fosse davvero necessario.

UNA MOTOGP SENZA CUORE

MotoGP 17 non è un brutto gioco, anche perché la base è più che buona, ma è privo di cuore ed emozioni. Il racconto del Motomondiale e dell’adrenalina non esiste più, e per quanto la licenza sia declinata con la solita ricchezza di nomi e contenuti, l’assenza di modalità come Scenario – ma anche e soprattutto di qualsiasi cutscene che racconti la gioia del paddock e il contorno delle gare – dimostra quanto poco trasporto ci sia stato nella realizzazione di questo capitolo. D’altronde, in assenza di concorrenza stiamo parlando pur sempre del miglior gioco sul Motomondiale disponibile, però è anche vero che era lecito aspettarsi quantomeno qualcosa per cui valesse la pena affrontare il 2017 con il piglio giusto, tollerando la decisione di restare sul vecchio engine.
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L’impressione è che MotoGP 17 si doveva fare, ma che nessuno ci abbia creduto davvero

Il tentativo poco convinto di fornire un selling point adeguato è il ritorno della carriera con un team privato, arricchita di diversi elementi di gestione, come lo sviluppo della moto e della scuderia. Sulla carta è tutto molto ben fatto, e la scelta degli sponsor con cui personalizzare le livree, così come la possibilità di assoldare un compagno, sono tutti meccanismi apprezzabili per creare variazioni sul tema; tuttavia, il sistema degli upgrade è fin troppo superficiale, la dinamica della reputazione ha francamente poco impatto sull’economia globale della carriera e, soprattutto, le offerte degli sponsor sono abbastanza squilibrate, nella misura in cui il classico rapporto tra contributo fisso e quello variabile in base ai risultati diventa inutile in presenza di un’offerta esageratamente più conveniente delle altre (per dire, Alpinestars mi ha quasi sempre dato complessivamente molti più soldi sia come fisso sia come bonus, e dunque perché avrei dovuto optare per un altro sponsor? Per il logo?).

Non manca la solita caterva di altre modalità classiche, ma, ripeto, non c’è spazio per nessun extra, se non per la Red Bull Rookies Cup, competizione monomarca che fa da scuola ai piloti di Moto3, e i classici video introduttivi prima di ogni gara. L’impressione è che MotoGP 17 si doveva fare, ma che nessuno ci abbia creduto davvero, con il team al lavoro per il salto verso Unreal Engine 4 previsto per la prossima edizione. La fotografia della mestizia è un po’ il commento laconico di Guido Meda nel pre-gara, che sembra quasi appiccicato per dare un tocco di colore in mezzo al grigiore del già visto, e finisce per essere un po’ fuori luogo.

Difficile dare un giudizio su MotoGp 17, nella misura in cui, pad alla mano, riesce a essere soddisfacente e piacevole come il capitolo precedente; tuttavia, è inaccettabile ritrovarsi a un anno di distanza da Valentino Rossi: The Game con un semplice aggiornamento delle livree (senza la ricchezza propositiva dei millemila contenuti dedicati al Dottore) e con una sola modalità diversa dal solito, manco pienamente convincente. Spiace soprattutto la mancanza di entusiasmo: MotoGP 17 si limita a fare – anche bene, per carità – il compito di declinare una licenza che, evidentemente, non poteva “saltare” un giro in previsione del passaggio ad Unreal Engine 4.

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Pro

  • Il cuore del gioco è quello dello scorso anno…
  • Tecnicamente ben ottimizzato, sia su PC che console.
  • Ritorna la possibilità di creare un team privato.

Contro

  • … ma anche tutto il resto, difetti inclusi.
  • L'engine di gioco è oramai anacronistico.
  • Manca l'entusiasmo e il racconto della MotoGP.
  • Edizione pigra e fin troppo essenziale.
6.2

Sufficiente

Se serve un tuttofare il buon Mancini è l’uomo da chiamare. La nostra principessa fotografa, usa la videocamera come se fosse un’estensione naturale del corpo e monta video manco fosse in una catena di montaggio. Ah… e scrive anche. Insomma… il classico “bravo guaglione”.

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