Giugno è evidentemente il mese della nostalgia per gli utenti di PlayStation, visto e considerato che dopo l’ottimo ritorno di WipEout con la sua Omega Collection, è tempo di riabbracciare anche un’altra iconica produzione dei tempi della prima, storica, PSX. Si tratta di Crash Bandicoot, il peramele più tamarro del creato e, contestualmente, vera e propria mascotte anni ’90 per la grigia scatoletta nipponica.
CRASH, EROE 90S
L’amore per il marsupiale è di quelli vibranti e totalmente istintivi: rappresenta per molti videogiocatori l’infanzia o l’adolescenza, soprattutto per quelli che con la PSX son cresciuti. Per lo stesso motivo, Crash ha sempre attirato anche un bel po’ di occhiatacce, perché Naughty Dog, nel 1996, si sedette al tavolo dei grandi con un platform ispirato ai giochi old-school ma con la volontà di “ingannare” e ingraziarsi il pubblico sfruttando parzialmente la terza dimensione. D’altronde, erano gli anni in cui PlayStation si presentava al mondo con il chiaro intento, soprattutto dal punto di vista di marketing, di rivoluzionare il mercato del videogioco e renderlo pop. Crash Bandicoot, come WipEout, rappresenta uno degli attacchi all’establishment classico del mondo console, e la campagna pubblicitaria con protagonista il marsupiale rende bene l’idea, del tone of voice scelto dal colosso nipponico (e dal suo marketing occidentale), e del ruolo di Crash. Dal look badass, con jeans e sneaker, alla fidanzata Tawna, esperimento di laboratorio che ricalcava le sinuose forme del periodo andersoniano più rovente (poi rimossa dall’universo ludico senza un vero perché), Crash Bandicoot era talmente fuori le righe che conquistò tutti, a prescindere dalla qualità ludica in sé.
La grandezza di Crash Bandicoot fu di intercettare un target preciso, nel processo di formazione dell’identità, e associarlo a un’icona, la PlayStation
UN CLASSICO MODERNO
Crash Bandicoot: N. Sane Trilogy è un vero e proprio tuffo negli anni ’90, e permette di recuperare tutta l’epica sfida tra il nostro marsupiale in jeans e il suo acerrimo nemico Neo Cortex, scienziato pazzo dall’insolita smania di potere. In realtà la faccenda nel corso dei tre giochi si fa più complicata, perché non c’è scienziato pazzo senza uno scagnozzo peggiore (o migliore, che dir si voglia) di lui, e dunque nel corso degli episodi il povero Crash – che è un po’ ingenuo, non c’è che dire – finisce per fare il tergicristallo di una lotta senza quartiere tra menti folli, e già che c’è sventa pure il collasso dell’universo (ammesso che lo realizzi poi mai per davvero, ché ho sempre avuto la sensazione che a lui piacessero semplicemente i frutti wumpa).
Detto ciò, la storia simpatica, ma non esattamente memorabile, è sempre stata un bel pretesto per andare in giro per mondi colorati a distruggere casse, recuperare cristalli e battere le sfide proposte dai pazzi di turno. Il lavoro di ammodernamento di Vicarious Vision, in questo senso, è stato molto intelligente: i tre giochi sono stati completamente rifatti da zero dal punto di vista estetico e, soprattutto, uniformati. Se guardando ai contenuti abbiamo la riproposizione esatta dei primi tre capitoli della saga, sotto il profilo estetico si può parlare quasi di remake. Una scelta saggia, che esalta la ricchezza quasi barocca degli stage, e rende molto più giustizia al coloratissimo mondo cartoonoso di Crash Bandicoot. Certo, l’originale, dal forte carattere poligonale della prima generazione, perseguiva un’idea estetica se non realistica, forse più matura, e la morbidezza del tratto di questa collezione potrebbe non piacere a tutti, ma la qualità del lavoro è eccellente, e anche il set di animazioni è degno di nota. Se non fosse per la scelta di rispettare i 30 fps (anche su PS4 Pro, dove grazie al checkerboard il gioco si bea dei 4K) sarebbe a tutti gli effetti un titolo dall’aspetto contemporaneo, e proprio per questo motivo, secondo me, i difetti dell’epoca in un certo senso risaltano.
Mi spiego meglio. Crash Bandicoot non è un platform frenetico, anzi, è molto compassato. È fatto più di attese e di run continue alla ricerca del perfect score per arrivare in una zona bonus che si attiva solo se non moriamo mai, e dunque figlio di un bel po’ di trial ed error e una certa propensione all’infame arte della morte esattamente dopo il checkpoint per quel salto infame. Lo stile grafico estremamente pulito di questa raccolta, che è davvero uno spettacolo da vedere (al netto forse di un pelo di Crash un po’ infeltrito), sottolinea anche che a volte il titolo si comporta in maniera ingiusta “by design”, e parlo di zone di pericolo mortale non esattamente precise al pixel, salti che richiedono di calcolare un passo nel vuoto o, in generale, un senso di profondità non sempre leggibile e in grado di creare difficoltà nella lettura delle distanze. Questo elemento, però, è confinato quasi solo al primo capitolo.
Se guardando ai contenuti abbiamo la riproposizione esatta dei primi tre capitoli della saga, sotto il profilo estetico si può parlare quasi di remake
Sono tutte cose che nel triennio del 1996/98 potevano essere tollerate, ma che in un’edizione così pettinata avrebbero forse meritato un attimo più attenzione. È anche vero che si tratta di una remastered, che Crash Bandicoot è sempre stato soprattutto questo, e che, nonostante tutto, Vicarious Visions qualche sforzo per rendere più agevole la traversata lo ha fatto. Intanto la telecamera è gestita meglio che negli originali, e spesso e volentieri regala una prospettiva più inclusiva e meno stretta dell’azione, per cui in alcuni casi è più facile scovare zone segrete o casse nascoste; i dev hanno poi ben pensato di inserire il salvataggio anche nel primo capitolo, rendendo l’esperienza di gioco estremamente più coesa. C’è poi il fatto che il supporto alle levette analogiche rende il controllo del personaggio sensibilmente più preciso rispetto al passato. È peraltro bello anche il modo in cui sono state realizzate da zero le cut-scene, con tanto di aggiunta di lip-sync, dettagli di caratterizzazione aggiuntivi supplementari e un doppiaggio rifatto da zero per supportare completamente l’opera di restauro. Stessa situazione anche per il comparto sonoro, riarrangiato e rimasterizzato per permettere un’esperienza che, ripeto, a tutti gli effetti viene percepita come contemporanea.
CRASH, OGGI
Giocare la trilogia di Crash oggi, in questa maniera, è come guardare una bella commedia che non ti delude mai. È un crescendo piacevole, che diventa sempre più vario e, contemporaneamente, funziona sempre meglio. Warped, a mio avviso, con la scusa dei viaggi nel tempo, garantisce una varietà di ambientazione notevole e, allo stesso modo, livelli più grandi e assai più liberi dalle idee un po’ asfissianti del primo capitolo, scardinando anche l’ottima linearità del secondo episodio. È a tutti gli effetti un bellissimo platform 2.5D che sfrutta con intelligenza le sequenze a inseguimento su mezzi di locomozione per sperimentare qualcosa di diverso: dalla motocicletta agli aerei, passando per il jet-ski o anche i livelli subacquei con tanto di seadoo, le variazioni sul tema sono tante e, soprattutto, divertenti.
Nell’ottica dell’unificazione dell’esperienza è stata carina l’idea di rendere Coco Bandicoot (la sorella di Crash) disponibile come personaggio giocabile in tutti e tre gli episodi, anche se vederla nel secondo, dove tecnicamente non è possibile che sia protagonista della storia, fa un po’ strano. Le boss battle e alcuni livelli, però, restano solo appannaggio di Crash, probabilmente per questioni legate al lavoro su animazioni uniche; non che la simpatica Coco non le abbia, ma vai a sapere.
Giocare la trilogia di Crash oggi, in questa maniera, è come guardare una bella commedia che non ti delude mai
L’operazione di Vicarious Visions e Activision è senza dubbio ottima. A un prezzo stellare si portano a casa tre giochi che tengono impegnati almeno per venti ore e attraversano il cuore degli anni ’90 senza far sentire il peso degli anni. Sono perfetti, dunque, sia per chi vuole tuffarsi nei ricordi, sia per chi vuole riscoprire un classico senza subire il contraccolpo dell’effetto “vecchio”. L’offerta squisitamente ludica è quella di tre platform lineari che sfruttano la terza dimensione per arricchire un’offerta di salti, capriole e piroette distruttive. Crash, come personaggio e come gioco, nel corso dei tre episodi migliora drasticamente, con Cortex Strikes Back e Warped che sono ancora oggi due espressioni validissime di genere. Chiaramente, non sono più “originali”, ma va da sé che il fattore nostalgia è un sottotesto importante per l’intera operazione.