Eccolo qui, il buon DiRT 4, che si presenta a noi dopo che Codemasters ha fatto e disfatto con DiRT Rally, capitolo se vogliamo un po’ apocrifo della serie, ma che ha avuto l’indubbio pregio di regalare agli appassionati un modello di guida duro e cattivo come non si vedeva dai tempi di Richard Burns Rally (e hai detto niente, hai detto!). Anche DiRT 4, a suo modo, pesca nel cestone delle origini: con pochi fronzoli e tanta sostanza, il neonato di casa Codemasters ci fa guidare tanto, lasciando un po’ da parte le velleità simulative e abbracciando la filosofia del “scegli tu che fare”, così da coinvolgere anche quei piloti virtuali che hanno visto in DiRT Rally uno scoglio troppo grande da superare. L’obiettivo – ve lo dico subito – può dirsi riuscito, visto che DiRT 4 ha divertito sia me (che ho impostato tutta la carriera su un livello simulativo alto), sia mio figlio di 10 anni, abituato ad affrontare le derapate controllate solo in Mario Kart; questi si è messo lì bel bello a giochicchiare prima con la DiRT Academy (così da imparare le basi del duro mestiere da rallista) e poi con l’editor procedurale, per poi percorrere le tappe così create senza troppo star lì a patire, grazie ai numerosi aiuti alla guida che gli ho lasciato a disposizione. DiRT 4 è probabilmente il capitolo più democratico dell’intera serie, capace com’è di adattarsi alla pelle di ciascun pilota come quelle fantastiche magliette aderenti che – ahimé – non posso più indossare da parecchi anni, a meno di non voler sembrare un povero mentecatto a forma di pera.
LO SPORCO DI CODEMASTERS
Detto questo – e aggiunto che DiRT 4 è un titolo che in linea generale “ce la fa” – mentirei se vi dicessi che Codemasters ha partorito un videogioco tutto rose e fiori. Tra le cose riuscite c’è il modello di guida delle modalità “pure”, come Rally e Historic Rally: quest’ultima, in particolare, ci mette alla conduzione di veri e propri mostri sacri del mondo dei motori, dotato ognuno di una personalità spiccata e “nervosa” al punto giusto; domarli dona un gusto non indifferente, in particolare se si approccia la carriera tenendo l’asticella della simulazione sopra la media. Meno bene vanno le cose al momento di salire a bordo delle vetture Land Rush e Rallycross, due categorie laddove le auto condividono contemporaneamente lo stesso tracciato e che vivono di alti e bassi, principalmente per via di una fisica eccessivamente ruvida e fin troppo faticosa da padroneggiare. In questi eventi l’Intelligenza Artificiale si è certo dimostrata ben programmata e combattiva; tuttavia, la CPU ha talvolta palesato un’eccessiva voglia di fare a sportellate, costringendomi a ripetere qualche gara per un testacoda causato da un improvvido tocco sul posteriore durante l’approccio a una curva.
Oltre alle gare vere e proprie, DiRT 4 mette in pista un sistema di gestione della scuderia che richiede un minimo di attenzione se si vogliono ottenere risultati senza restare al palo. Tra sponsor con cui raccogliere soldi per aumentare il conto in banca (e acquistare così nuovi veicoli) e ingegneri necessari alla gestione delle riparazioni tra una tappa e l’altra, c’è sempre un minimo di lavoro extra-strada cui badare, anche se in maniera decisamente più blanda rispetto a quanto mostrato in passato da altri titoli di casa Codemasters.
DiRT 4 è probabilmente il capitolo più democratico dell’intera serie, capace com’è di adattarsi alla pelle di ciascun pilota virtuale
Al di fuori della Carriera, è spassoso dedicare il giusto tempo alla modalità Asso del Volante. Qui si mettono alla prova le nostre capacita di rallisti senza paura in due discipline, ovvero Autoscontro e Controtempo: nella prima è necessario distruggere il maggior numero di bersagli a suon di “cofanate”, prima che il cronometro raggiunga lo zero; nella seconda, invece, bisogna semplicemente staccare il miglior tempo, raccogliendo i bonus che sottraggono secondi ed evitando i malus che, invece, li aggiungono. Le prove sono circa una sessantina, e se è abbastanza facile portare a casa un Bronzo, Argento e Oro sono tutt’altra questione, in particolare nelle prove Autoscontro, dove è necessario un minimo di studio su come muoversi, visto che non siamo vincolati dai rassicuranti limiti di un circuito definito.
è spassoso dedicare il giusto tempo alla modalità Asso del Volante
EDITAMI TUTTO
Il cuore pulsante di DiRT 4 batte nell’editor procedurale di tappe, peraltro sfruttato dagli stessi sviluppatori per costruire l’intera Carriera. Il primo passo per generare il tracciato dei nostri sogni coinvolge la scelta della località: DiRT 4 mette a disposizione cinque scenari (Australia, Spagna, Svezia, USA e Galles), che di base non sono tantissimi, ma almeno hanno il pregio di essere ben caratterizzati nelle proprietà morfologiche, con un buon mix di superfici e condizioni. Una volta deciso “dove” correre, è il momento di scegliere “come” correre. Per farlo, DiRT 4 ci mette a disposizione due slide, una che regola la complessità del tracciato e l’altra la lunghezza; in aggiunta, si può selezionare il momento del giorno (che inficerà sulla luce) e il meteo, impostando una delle tante condizioni tra secco da arsura in gola e tempesta tropicale, passando per la rognosissima nebbia o, nel caso delle tappe svedesi, la neve.
Per quanto ci si continui comunque a divertire, è indubbio che DiRT 4 perda un po’ di freschezza con l’uso
DELLE LUCI E DELLE OMBRE
Come detto, al di là dei circuiti che fanno da teatro a Land Rush e Rallycross, gli scenari dei rally veri e propri sono cinque. La caratterizzazione grafica è evidente, e il sistema di illuminazione è in grado di regalare alcuni scorci interessanti: correre in Australia al tramonto, insomma, concede buone sensazioni anche alla vista, nonostante l’assenza dei canguri. Detto questo, se ci si sofferma sui dettagli non si può non notare come DiRT 4, dal punto di vista grafico, appartenga quasi a una generazione passata (come DiRT Rally, peraltro). Tutto è chiaramente pensato ai fini del gameplay, ed è evidente come gli sviluppatori abbiano preferito la leggibilità e la fluidità ai fronzoli. Per redarre questo testo ho giocato sia su PlayStation 4 che su PlayStation 4 Pro, senza notare grosse differenze se non per l’uso del multisampling antialiasing e poco altro: su entrambe le piattaforme DiRT 4 tiene i 60 fps senza troppi problemi nelle tappe in solitario (una manna dal cielo in un gioco del genere), mentre fatica sporadicamente al momento in cui sono presenti a schermo altre vetture, senza comunque calare sotto la soglia della giocabilità.
Non sottovalutate il potere di un controller configurato a modo
Tutto il peso di DiRT 4 poggia sull’editor procedurale, il che è un bene e un male allo stesso tempo. A lungo andare, i blocchi con cui sono costruiti i tracciati diventano facilmente riconoscibili, lasciandoci addosso una strana sensazione di artificioso. Anche il livello di difficoltà non sembra tarato al meglio: a prescindere dal fatto che si affrontino gli eventi spostando il peso sulla simulazione o sul versante arcade, c’è eccessiva bipolarità nel modo in cui alcune gare si rivelano particolarmente impegnative rispetto ad altre fin troppo facili da portare a casa. Detto ciò, è innegabile come DiRT 4 sia un prodotto valido, in alcuni momenti dannatamente divertente e “addictive”. Quello che abbiamo di fronte oggi è un videogioco che punta alla longevità non tanto nel progresso della carriera, quanto nel migliorarsi continuamente e nel modo in cui ci invoglia a confrontarci col resto della community. A fronte di categorie poco riuscite come Land Rush o, in parte, Rallycross, è l’esperienza tipicamente rallistica degli eventi “puri” a esaltare le capacità di Codemasters come dev di giochi di corse, il che lascia ben sperare in un futuro roseo della serie.