Forse non lo ricordate, ma Namco provò a entrare nell’agguerritissima arena dei giochi di combattimento nel 1993 con un oscuro titolo chiamato Knuckle Heads. In quegli anni, cercò di arginare lo strapotere di Capcom con idee tutte sue, come la possibilità di far combattere quattro personaggi alla volta e un bizzarro pulsante adibito al salto, ma il gioco viene spazzato via come foglia al vento. Decisa a non mollare, la casa di Pac-Man ci riprova l’anno dopo con il geniale The Outfoxies, stranissima unione tra combattimenti e piattaforme che strega un buon numero di appassionati, che similmente sparisce dai libri di storia. E così, a oggi, entrambi i titoli restano privi di un adattamento domestico.
Fino ad allora, creare un gioco in Namco voleva dire esaminare e discutere pacatamente la proposta del game designer di turno, ma con Tekken tutto andò in “malora”. Yutaka Kounoe non ebbe il tempo di riprendersi dal lavoro su Point Blank che venne subito messo al timone di un team “folle”, composto da una trentina di creativi provenienti da altre compagnie, assemblato per fornire il know-how necessario a Namco nella sfida al gigantesco Virtua Fighter, con idee che venivano scartate e aggiunte giorno dopo giorno. Sapevate che, inizialmente, Kuma doveva usare un salmone congelato come arma contundente, da riciclare in Tekken 3 come personaggio segreto costantemente sdraiato e saltellante (e così sapete anche da dove viene l’idea per Boskonovich)? Oppure eravate a conoscenza del fatto che diverse tecniche – oggi familiari come posture o evasioni – rischiavano di non esserci, perché non approvate da alcuni capricciosi membri del team? Tekken nasce nel cuore della tempesta e con la tempesta nel cuore, frutto di un melting pot di idee inizialmente caotiche che lo hanno portato a essere uno dei marchi più potenti di Namco Bandai; con una simile premessa, il quantitativo di novità proposte da questa ultima versione appare come un logico passo avanti.
QUESTI PUGNI NON TEMONO RIVALI!
Tekken 7 dà il via alle danze con stile, presentano una ricca modalità Storia con cui viene finalmente posta la parola fine all’ormai leggendaria faida della famiglia Mishima. Solo uno tra Kazuya e Heihachi vedrà la luce del sole dopo circa quattro ore di gioco, narrate dal punto di vista di una voce fuori campo appartenente a un anonimo reporter. Si tratta di una modalità che fa il verso alle narrazioni interattive dei titoli NetherRealm e mixa in maniera efficace schermate semi statiche a filmati realizzati in CGI o con il motore del gioco, solitamente interrotti sul più bello per consentirci di menare le mani.
Oltre a offrire un tassello fondamentale della trama della serie, la modalità Storia funge parzialmente anche da tutorial, mostrando nella parte bassa dello schermo i comandi necessari perché chiunque possa fare i primi passi, novellini compresi. Del resto, Katsuhiro Harada è sempre stato fiero del lato casual di Tekken (nonostante si sia definito in passato come un giocatore piuttosto hardcore, capace di battere in ogni picchiaduro l’amico/collega Yoshinori Ono), e alcune delle meccaniche più eclatanti introdotte in questo nuovo capitolo sembrano fatte apposta per catturare un maggior numero di proseliti.
Tekken 7 introduce le “Rage Arts”, supermosse semplici da effettuare capaci di infliggere un danno inversamente proporzionale alla salute rimasta
Le Rage Arts, inoltre, godono di super armor, un concetto assai familiare agli appassionati della scuola bidimensionale e qui agli esordi nell’universo di Tekken. Per i non addetti, un colpo “corazzato” passa attraverso gli attacchi nemici, incassando regolarmente il danno senza però interrompere la sua animazione. Un avversario cerca di finirvi con una combo? Calcolate il momento e sfondate la sua combinazione passando come un coltello rovente attraverso il burro, togliendogli una marea di energia con stile e brutalità. L’introduzione delle mosse finali risale nientemeno che al 1992 con il primo Ryūko no Ken, ma sono ben disposto a perdonare il ritardo, perché la loro declinazione a opera di Harada e del suo team mi è piaciuta parecchio. E abbiamo appena cominciato.
MESSATSU!
L’alternativa alle Rage Arts sono le Rage Drive: immaginatele come la variante made in Namco delle mosse Ex. Ogni personaggio ne ha a disposizione una, in grado di conferire fotogrammi di vantaggio in seguito alla parata rispetto alla tecnica “liscia”, assieme a danno e velocità incrementata. Anche queste faranno terminare lo stato di furia, ma imparare a usarle all’interno di una combo può dar vita a momenti esplosivi, riducendo nettamente il rischio di rimanere esposti nel caso andassero a vuoto, al contrario delle Rage Arts. Sono chiaramente uno strumento avanzato, da studiare per bene nella solita, indispensabile, nonché completissima modalità pratica a seconda del personaggio, e sarà interessante vedere come verranno utilizzate dai professionisti del gioco.
Un’altra modifica interessante sono le mosse dotate di super armor: il significato del termine lo abbiamo chiarito poco fa, quindi sarete felici di sapere che ogni lottatore dispone ora di una mossa potenzialmente inarrestabile. Possono essere regolarmente parate o interrotte da proiezioni e attacchi bassi, certo, ma le tecniche denominate Power Crush arriveranno a destinazione passando come un treno attraverso colpi alti e medi, mandando al tappeto l’avversario.
le tecniche denominate Power Crush arriveranno a destinazione passando come un treno attraverso colpi alti e medi
A queste novità vanno aggiunti i bilanciamenti e le nuove mosse introdotte nel repertorio dei lottatori classici, senza ovviamente tralasciare tutti i nuovi volti che contribuiscono a rendere Tekken 7 un gioco veramente grosso, con la bellezza di 36 spezzaossa immediatamente selezionabili, tutto questo senza contare la vampira Eliza, introdotta nell’ormai defunto Tekken Revolution, e qui negli striminziti panni del primo personaggio DLC.
I nuovi volti sono l’ennesima scommessa di Harada per incrementare la fanbase
Chiudono la carrellata Kazumi Mishima (moglie di Heihachi di cui non svelerò nulla, vista l’importanza che veste nella storia) e Akuma, chiacchieratissima guest star direttamente da Street Fighter. Quest’ultimo porta con sé tutto il suo repertorio ed entra sul ring con tanto di super gauge, cementando il sospetto che sarà presto bollato come scomodo personaggio per dilettanti, vista la sua natura aggressiva che ben si presta a spammare raffiche di hadouken di ogni tipo e da ogni direzione, come se non ci fosse un domani. Tra l’altro il personaggio dispone dell’unica Rage Art imparabile: niente resiste alla furia dello Shun Goku Satsu!
NUOVA GENERAZIONE
Tekken 7 ama la platealità, sfruttando l’Unreal Engine 4 per animare fluidamente grossi personaggi su fondali destinati ad andare a pezzi di fronte a devastanti tecniche marziali. Al di là dell’aspetto puramente estetico, la nuova potenza è messa al servizio del giocatore sottolineando la fisicità e l’impatto dei colpi con zoom, deflagrazioni multicolore ed eventuali cambi d’inquadratura perfettamente integrati nello scontro, arrivando a rallentare l’azione per qualche istante qualora due attacchi dovessero incrociarsi in un momento decisivo.
Il sonoro, come sempre, vive di alti e bassi, con le colonne sonore più rockeggianti e solenni che rubano la scena a quelle elettroniche, ma la modalità jukebox garantisce una certa varietà, permettendo di giocare pescando tracce provenienti da tutti gli episodi precedenti, combinabili a piacere in playlist personalizzate. Menzione per il doppiaggio che cerca di essere il più autentico possibile, facendo parlare ogni lottatore nel suo idioma.
la nuova potenza sottolinea la fisicità e l’impatto dei colpi con zoom, deflagrazioni multicolore ed eventuali cambi d’inquadratura
L’online consente di partecipare a tornei, partite classificate e del giocatore, ed è parso decisamente stabile nei match disputati tra colleghi e occasionali player francesi (probabilmente, qualcuno ha rotto il dayone lì da loro). Al netto di tempi di caricamento e sincronizzazione piuttosto lunghi, gli scontri disputati non hanno mostrato scomodi singhiozzi, consegnandoci un’esperienza godibile e priva di lag.
Avrete notato che non ho speso molte parole per la modalità Storia: dopotutto padre e figlio si sono buttati a vicenda da rupi e vulcani per quasi un quarto di secolo, quindi sarebbe criminale spoilerare il finale di un capitolo tanto importante. L’aspetto negativo è che l’approfondimento dedicato ai personaggi non integrati nella narrazione è infimo, relegato ai cosiddetti capitolo del giocatore. Trattasi di singoli scontri presentati da qualche riga di testo e seguiti da una sequenza finale realizzata con il motore del gioco, spesso banale e ridicola.
A questo si somma la trascurabile versione arcade, così come la trovereste in sala giochi, che mostra i titoli di coda dopo una manciata di combattimenti, affiancata però dalle ben più interessanti battaglie tesoro. Si tratta di una serie di scontri potenzialmente infinita dove far scalare i ranghi al lottatore impersonato, affrontando nemici sempre più forti e ricevendo in premio scrigni dal valore variabile a ogni vittoria, il che consentirà di mettere le mani su un quantitativo smodato di oggetti con cui potremo poi personalizzare la scheda del giocatore e l’aspetto del cast, con gadget, costumi ed effetti grafici.
Tralasciando l’obbligatoria galleria ove assistere, non senza un filo di nostalgia, ai filmati provenienti dall’intera saga, la modalità VR lascia – ahimè – il tempo che trova. Calcato il visore in testa potremo osservare da più angolazioni (no, non c’è il trofeo per sbirciare sotto la gonna delle donzelle come in NieR: Automata) il modello personalizzato, oppure imbandire un combattimento contro la CPU ruotando e zoomando a piacere l’azione. Gradevole per un paio di minuti, se non meno.
Tekken 7 è grosso. Un nuovo motore grafico, nuovi personaggi, nuove tecniche e opzioni: l’offerta di Namco Bandai è così ricca da interessare anche chi pensava di conoscere a menadito il torneo del pugno d’acciaio. Il titolo non presenta la ricchezza di contenuti di un Injustice 2, ma l’appagante sensazione di potenza che trasmette un simile sistema di combattimento continua ad avere pochi rivali. È questo l’incontestabile assioma di una saga da sempre destinata a dividere gli appassionati, spesso superficialmente bollata come semplicistica (“simulatore di pallavolo”) dai fan di Virtua Fighter per via dell’enfasi sulle juggle e sull’indole casinista, ma che vanta un pregevole e divertente lato competitivo se giocata con la dovuta dedizione. Le nuove meccaniche rappresentano un’intrigante aggiunta su cui mi sento di scommettere, certo che sapranno donare un inedito livello di imprevedibilità agli scontri. Ora, però, vado a importunare Harada sul suo profilo Facebook: considerando che entro la fine dell’anno verranno annunciati due personaggi DLC provenienti da altre serie, devo gentilmente proporgli – subissandolo di richieste – Geese Howard.