Se dovessi recensire Farpoint di pancia credo che gli affibbierei un dieci tondo tondo. Il merito di un punteggio tanto lusinghiero, ça va sans dire, non sarebbe certo farina di una campagna a dir poco lineare e scontata, quanto della nuova periferica, quel PS VR Aim Controller che DOVETE possedere per giocare. Certo, potete anche avventurarvi alla ricerca di due scienziati dispersi su un pianeta ostile armati di Sixaxis; dopotutto c’è gente che beve birra analcolica e pare felice, no? No, perché il plasticoso-ma-non-troppo compagno d’avventura di Farpoint è una figata pazzesca, capace di innalzare – da solo – la qualità dell’offerta per la realtà virtuale griffata Sony alle soglie della killer application.
SCHIVA QUESTO!
PS VR Aim Controller è tanto leggero da non affaticare le braccia giocando a lungo, ma abbastanza consistente da restituire una sensazione soddisfacente, specie quando si inizia a ballare e la vibrazione restituisce una tangibile esaltazione, proiettile dopo proiettile. È pieno zeppo di pulsanti e comandi, presentando sulla sua struttura tutto quello che trovereste sul joypad d’ordinanza, ed è mappato 1:1 all’interno del gioco, una caratteristica capace di dare enormi soddisfazioni.
Spendete serenamente qualche minuto all’inizio per calibrare il tutto, inserendo l’altezza e cercando di posizionare PlayStation Eye sopra la televisione, anche se proprio non c’è spazio per accasarlo lì. Anzi, già che ci siete fatevi un altro favore e giocatelo con gli auricolari o un buon impianto stereo per gustarvi l’immersione fornita dal sonoro, generalmente composto da sparatorie, ma che offre il meglio di sé quando miriadi di zampette aliene iniziano a ballare la samba tutto intorno.
il PS VR Aim Controller è pieno zeppo di pulsanti e comandi, ed è mappato 1:1 all’interno del gioco
Farpoint è un titolo da giocare in piedi, tanto che abbassandoci noteremo le ginocchia del nostro alter ego piegarsi, ed è anche giusto affrontarlo con una certa libertà di movimento, nonostante un provvidenziale reticolo ci metta in guardia qualora “sconfinassimo” al di fuori dell’area d’azione. In questo simulacro virtuale avviene la magia, pressappoco quando il primo xenoschifo deciderà di saltarci addosso, spingendoci a far fuoco. Ecco, quel grilletto che scatta sotto la pressione dell’indice è il punto di non ritorno ed equivale a ingoiare una tonnellata di madeleine, roba che ti si materializza Proust a fianco per scambiare un vigoroso high-five.
Durante la mia avventura con Farpoint, francamente, me ne è importato assai poco del destino dei due scienziati, Moon e Tyson, dispersi su un pianeta ostile in attesa del mio soccorso; piuttosto, sono avanzato da uno scontro all’altro tenendo l’arma di turno come sul poster di Codice Magnum, ho sparato gratuitamente verso l’alto in segno di sfida (non credo che gli alieni l’abbiano recepita, ma tant’è) e sventagliato raffiche di piombo bollente all’indirizzo di ragnetti che, ovviamente, uscivano dalle fottute pareti mentre chiamavo a gran voce Hicks. Spesso e volentieri ho esaminato da vicino la bocca di fuoco che imbracciavo, ruotandola per ammirarne i particolari come avrebbe fatto la buonanima di Tackleberry, e in più di un’occasione ho deflagrato all’ultimo momento il colpo decisivo contro la carica imbizzarrita di un crostaceo alieno taglia forte, reggendo il fucile a pompa con una mano sola (effetto reso perfettamente anche nel gioco, che rileva se l’arma è più o meno distante dal corpo), mentre profferivo una frase ganza qualsiasi al momento di premere il grilletto, pescata dalla mio invidiabile (?) repertorio di one-liner anni Ottanta.
Menacer, Guncon, Zapper o Super Scope: li ho provati tutti, ma la combinazione PS VR Aim Controller più realtà virtuale è qualcosa che non si dimentica, un impatto sensoriale paragonabile a quando giocai per la prima volta Dactyl Nightmare al Trocadero, ‘anta anni fa! Anche volendo evitare di fare il tamarro a tutti i costi, è possibile sparare alla cieca da dietro un riparo semplicemente allungando il braccio, come faremmo nella realtà, oppure prendere la mira avvicinando l’arma al viso, tenendo sotto tiro il malcapitato nell’ironsight olografico. La ciliegina sulla torta è la possibilità di alternare le armi trasportate portando verso la schiena quella impugnata, come per metterla da parte e prelevare un nuovo strumento di morte.
GLI EROI DELLO SPAZIO NOI SIAMO
Giocato senza la periferica, mi sarei rotto le scatole enormemente durante la campagna principale, in pratica un enorme corridoio dall’inizio alla fine senza alcuna velleità esplorativa. Si avanza da uno scontro all’altro in linea retta senza considerare il minimo excursus; in quest’ottica, il fatto che il nostro alter ego non possa neppure saltare la dice lunga.
L’ultimissimo DOOM ha dimostrato che uno schema di gioco senza troppi fronzoli sa ancora essere fresco e divertente, ma Farpoint è francamente uno sparatutto in prima persona eccessivamente semplice e basilare, quasi anacronistico se spogliato dell’Aim Controller.
è possibile sparare da dietro un riparo allungando il braccio, oppure prendere la mira avvicinando l’arma al viso, sfruttando l’ironsight olografico
Per quanto riguarda il comfort, molta cura è stata profusa per evitare che la nausea faccia capolino proprio mentre si fronteggia una torreggiante regina aliena tutta zanne, con numerose opzioni per gestire la velocità e la modalità di rotazione in grado di offrire scelte adatte a ogni tipo di stomaco. Anche i nemici hanno comportamenti piuttosto “permissivi”, volti a non disorientare più di tanto il giocatore: schivate il salto di un simil facehugger e lo sgorbio farà retromarcia per riportarsi alla posizione di partenza. Bizzarro sulle prime, ma comprensibile una volta che l’azione si fa calda e gli avversari diventano davvero tanti e attaccano da più parti. Se leggete le mie recensioni, forse saprete che spesso e “volentieri” il motion sickness mi rovina un po’ la festa quando si tratta di avventurarmi nella realtà virtuale, ma posso garantire che Farpoint mi ha “costretto” a sessioni anche piuttosto lunghe per realizzare questa recensione, e ho sempre messo da parte il visore fresco come una rosa.
Nelle cinque ore circa necessarie per raggiungere i titoli di coda, va detto che la parte più gagliarda è comunque quella iniziale; quando Farpoint smette di giocare a Starship Troopers e vuole essere un po’ Halo, le sparatorie da macho dello spazio cedono il passo a un approccio meno dinamico a base di coperture e scambi di laser dalla distanza, dove il migliore amico del giocatore diventa il fucile di precisione.
A proposito dell’arsenale, gli ordigni recuperabili (è possibile portarsene dietro solo due per volta) non sono tantissimi, ma riescono a coprire ogni bisogno efficacemente anche grazie a modalità di fuoco secondarie che includono lanciarazzi e granate. Una volta finita l’avventura, quel che resta è la modalità cooperativa, dove due giocatori si spostano da un’area all’altra per raggiungere un vascello di salvataggio. Si può scegliere il livello di difficoltà e l’arena da affrontare prima di entrare in azione, massimizzando il punteggio attaccando bersagli all’unisono per attivare moltiplicatori vari, facendo attenzione a non farsi saltare in aria a vicenda con il fuoco amico. Va da sé che incontrare altri esaltati che sparano improperi vari mentre ci si sincronizza con la chat vocale è un ulteriore, preziosissimo punto a favore del gioco.
Farpoint riesce a farti sentire un tostissimo marine spaziale come mai prima d’ora nella storia del nostro hobby. Avventurarmi tra le polveri di un pianeta alieno (sfoggiando un inutile, quanto vistoso mascellone, e cercando di imitare l’Arnold d’altri tempi) rimarrà a lungo una delle esperienze più belle di sempre. Dura pochino, l’avventura è sostanzialmente un lungo canalone e il bundle gioco più Aim Controller costa quasi novanta sacchi, ma non ce la faccio davvero a non raccomandarlo. Sono un romantico in fondo.