LocoRoco è probabilmente il videogioco che più ho consumato su una console portatile assieme a Fire Emblem Awakening, e non per nulla il mio avatar su PSN è da sempre proprio uno degli esserini tondi, gommosi e pucciosi che amano tanto il canto e l’arte del rotolare. L’aver messo le mani su LocoRoco Remastered per vergarne la recensione, nonostante una vagonata di altre cose da fare, è stato un regalo che mi sono dovuto fare a tutti i costi: rispetto alla “fatica” di doverci lavorare, il piacere di tornare nel mondo colorato di SCE Japan Studio era sulla carta enormemente superiore, anche se, con la pelle che brucia ancora per la scottatura di PaRappa The Rapper, ho temuto che anche LocoRoco naufragasse negli abissi delle remastered partorite storte. Fortunatamente, le cose a ‘sto giro sono andate (quasi) per il verso giusto.
LOCOLOCURA
Come dite? Non sapete cosa sia LocoRoco? Davvero? Beh… anziché una sana “spiega” meritereste qualche sculacciata ben assestata sul popò; tuttavia, giacché di nei sulla pelle ne abbiamo tutti (io non ho mai visto Arancia Meccanica, per dire), vi perdono e vi educo brevemente. I locoroco sono esserini gommosamente tondi che possiamo far rotolare semplicemente inclinando il dispositivo (all’epoca lo schermo della PSP, oggi il DualShock 4), mentre un colpetto sui tasti dorsali permette di compiere un saltino. Lo scopo è giungere alla fine di ciascuno dei 40 livelli portando in salvo il maggior numero di locoroco, fino a un massimo di 20 per stage. Per farlo è spesso necessario unire i piccoli locoroco in uno gelatinosamente più grande, oppure compiere l’operazione contraria di separazione, stando però attenti a non lasciarne qualcuno per strada.
Il sopraffino level design non è invecchiato di una virgola
I SEE YOUR TRUE COLORS SHINING THROUGH
Ripulire il codice LocoRoco per portarlo alla versione Remastered non dev’essere stato un compito improbo, visto il comparto grafico essenziale e dalle tinte “flat”. Dopotutto, l’opera originale spiccava principalmente per la direzione artistica ispirata e per un uso dei colori capace di instillare gioia nei cuori di chi si trovasse a impugnare una PSP: si tratta di cose insite nel DNA del gioco e che ritroviamo intatte e senza una ruga anche su PS4.
Una volta presa l’abitudine, ci si muove con dimestichezza anche con un pad in mano
Speravo, infine, che Sony ci facesse un bel regalo e ci concedesse il piacere di un titolo cross-play, cross-save e cross-buy con PS Vita, ma purtroppo così non è, e anzi la versione portatile non è nemmeno contemplata. Dopotutto, il LocoRoco originale del 2006 è presente su PlayStation Store come prodotto PSP riproducibile su PS Vita: un fatto, questo, che ha ucciso sul nascere qualsiasi possibilità che avvenisse ciò che mi ero ingenuamente auspicato. Peccato davvero.
LocoRoco, undici anni dopo, non ha perso una virgola dello stile e del godimento procurato al giocatore durante l’esplorazione certosina dei livelli, alla ricerca spasmodica della partita perfetta. Ancora oggi il titolo di SCE Japan Studio è un esempio di level design pensato con criterio, che fa scopa con una direzione artistica fuori di testa per così tanti motivi che a elencarli si farebbe notte. Nel mio cuore sarebbe da dargli un bel 10 e morta lì, non fosse che questa remastered ha qualche problemino di input lag al momento di usare il giroscopio (non sognatevi nemmeno di giocare coi soli tasti, eh) e palesa una minor sensibilità all’inclinazione rispetto a quanto accade su PSP, trasformando alcuni passaggi particolarmente ostici in una prova di pazienza, più che di abilità. Per il resto, promossissimo anche se ci avete già giocato all’epoca, ancor più se siete totalmente vergini della serie. Ora ci vorrebbe un bel Katamari Damacy Remastered, e magari anche un Vib-Ribbon che peschi dal client di Spotify, vero Sony?