Gōichi Suda, oggi meglio noto come Suda51, sicuramente uno dei game designer più controversi dell’intera industria,nel 1999 si distinse per la graphic novel The Silver Case. Nel titolo, pubblicato esclusivamente nella terra del Sol Levante, si possono già intravedere quelli che saranno i tratti distintivi dei giochi futuri (Killer 7, No More Heroes, ecc.), ovvero quelli di prodotti molto particolari, per certi versi estremi.
Nel 2016 è giunta in Occidente la versione rimasterizzata di The Silver Case per PC, portando gioia e gaudio a tutti gli amanti di un genere che, anno dopo anno, ha saputo conquistare anche i giocatori europei. A distanza di qualche mese, ecco comparire sul mercato anche la versione PS4. Si tratta di una mera operazione commerciale o di prodotto da tenere in considerazione? La risposta è meno banale di quanto si possa immaginare.
UN PRODOTTO COMPLICATO
Una graphic novel è sicuramente un prodotto piuttosto complicato da trattare, soprattutto all’interno di realtà che non digeriscono volentieri un genere che – ad oggi – rimane ancora di nicchia. Avevo giocato The Silver Case già su PC, lo scorso anno, e posso tranquillamente affermare che – tolti i due capitoli esclusivi su PS4 – il gioco è rimasto sostanzialmente lo stesso.
Di cosa parla The Silver Case? La storia imbastita da Suda51 è complessa, contorta e ricca di allegorie. Ci troviamo un periodo a metà tra il presente e un futuro in cui la città di Tokio è stata divisa in distretti e livelli di povertà, con ogni settore che ha una sua giurisdizione. Il gioco propone due filoni narrativi differenti: il primo vede per protagonista un giovane e inesperto detective, l’altro l’eccentrico e chiacchierone giornalista Tokio Morishima; entrambi i personaggi saranno impegnati in casi piuttosto particolari, inizialmente distanti tra loro ma che, con il proseguire della storia, si scopriranno essere pezzi di un puzzle più grande.
nelle sezioni interattive viene richiesto di risolvere degli enigmi per poter passare al blocco narrativo successivo
The Silver Case – complice lo stile grafico psichedelico e movimentato, alterna cornici di varie forme che racchiudono immagini disegnate, video e testo, con un plot piuttosto intricato che, nelle prime fasi, arriva persino a scoraggiare il giocatore. Nel prime ore di gioco si viene infatti bombardati da un quantitativo abnorme di personaggi e nomi, e vi assicuro che tenere traccia di tutte queste informazioni non è per nulla semplice. A rendere ancora più complicata la fruizione ci pensa un fitto e per nulla elementare inglese (dato che il gioco non è stato localizzato in lingua italiana).
La storia imbastita da Suda51 è complessa, contorta e ricca di allegorie
Alla luce di quanto detto, mi trovo a constatare come The Silver Case non sia invecchiato proprio benissimo, ma come ancora oggi riesca ad offrire un’esperienza di gioco decisamente particolare, che merita di essere esperita da tutti gli amanti delle graphic novel. Rimane un grosso rammarico, ovvero il fatto che non sia arrivata su PS Vita (potremmo vederla su Switch, ma al momento nulla è stato confermato): la natura peculiare del titolo si rivela infatti consona alla dimensione di una piattaforma portatile.
Difficile giudicare un’opera come The Silver Case, soprattutto se si guarda a una struttura ludica intrigante, ma invecchiata non proprio bene. Rimane comunque consigliabile ai fan di Suda51, ma – più di tutti – agli appassionati di graphic novel. I punti di interesse certamente non mancano, ma bisogna tollerare diversi aspetti legnosi per poter essere rapiti dalla vera natura del gioco.