Mark Cerny aveva appena diciassette anni quando presentò l’idea di Marble Madness in un concorso pubblico indetto da Atari, guadagnandosi all’istante un posto nell’organico dell’azienda di Sunnyvale. La sua creatura si rivelò estremamente popolare durante gli anni Ottanta; merito di uno schema di gioco originale e di una resa grafica escheriana insospettabilmente leggibile, connessa ai prodigi della neonata scheda Atari System 1 e, dunque, alla configurazione che rese la storica conversione su Amiga (realizzata da Larry Reed nel 1986) una vera e propria killer application per il sedici bit Commodore. Degno di menzione, a tal proposito, il riuscito sistema di controllo via mouse che replicava egregiamente il feeling della trackball originale, giustificando, al contempo, il proliferarsi di cloni su sistemi a otto bit come il celebre Spindizzy. Nel nuovo decennio, però, la rodata formula si scontrò con l’inattaccabile Street Fighter 2, relegando tra le pieghe del vaporware il seguito Marble Man, nonostante un’accoglienza positiva durante i location test.
NUOVA GENERAZIONE
The little Ball that Could è un riuscito omaggio all’idea di Cerny, confezionato in un’isometria ricca di personalità. Il look risulta asettico ma accattivante, e il suo appeal viene rimarcato da tracce al pianoforte ed effetti sonori ambientali che donano all’avventura della piccola sfera un ritmo rilassato e piacevole.
ognuno può godersi il gioco come preferisce, sfruttando il numero di tentativi che ritiene necessari
Collezionare tutti i cuori diventa un compito corposo ma non eccessivamente frustrante, e la ricompensa finale, dopo decine di sfide, è rappresentata dalla scelta di poteri quali il salto o la super velocità, capaci di “rompere” facilmente le regole del gioco ma, appunto, disponibili solo dopo aver collezionato tutti gli obiettivi e dato prova dell’assoluta padronanza.
L’aliasing, piuttosto fastidioso, è avvertibile in special modo proprio sulla sfera al centro dell’azione
A partire dal look astratto e dal singolare accompagnamento sonoro, The little Ball that Could mostra uno stile tutto suo nel riportare in auge le meccaniche di Marble Madness. Al netto di qualche difetto tutto sommato marginale, la creatura di NaissusWorks si qualifica come un titolo affascinante e giocabile, peculiare nella presentazione e preciso nella risposta dei controlli, adatto ai giocatori di vecchia data che sentono la mancanza di Marble Madness e derivati o, in in generale, di tutti quelli alla ricerca di una sfida arcade diretta e senza fronzoli. Dispiace per la resa grafica e la gestione della visuale, che avrebbero potuto risultare di gran lunga migliori.