Il videogioco è un medium in costante evoluzione, e se fino a qualche anno fa era più che naturale cercare subito il “tasto per sparare”, oggi la storia è decisamente diversa. Opere fortemente incentrate su una storia da raccontare, senza enigmi particolarmente impegnativi da risolvere, sono ormai all’ordine del giorno, e titoli come Dear Esther e Gone Home hanno fatto scuola. Eppure, il genere dei walking simulator risulta essere un’arma a doppio taglio: basta davvero poco, qualche leggera sbavatura e un paio di scelte infelici, per affossare un gioco che altrimenti avrebbe avuto parecchio da dire. PaperSeven, una piccola software house indipendente, prova a lanciarsi nell’impresa. Purtroppo, a mio avviso, il risultato è appena soddisfacente.
BINARIO 3
Nei panni di Scarlet, giovane ragazza in viaggio su un treno, ci addentriamo in pochi attimi in un vero e proprio universo onirico alla ricerca di nostro fratello Finn. Lo stile grafico cartoonesco è più che gradevole e riesce a stupire positivamente in diversi frangenti, così come il continuo mutare dell’ambiente attorno alla protagonista.
I primi problemi, però, insorgono pad alla mano (più immediato rispetto alla controparte mouse e tastiera, laddove risulta scomoda persino la navigazione nel menù principale): spostarsi tra i vari ambienti, comunque piccoli e limitati da pochissime interazioni, è un vero e proprio incubo, soprattutto a causa della camminata claudicante – senza apparente motivo – della giovane ragazza.
In Blackwood Crossing occorre capire in che ordine dobbiamo parlare ai vari personaggi che abitano il nostro sogno
Gli enigmi, come accennato in precedenza, non sono pervenuti, a parte capire in che ordine dobbiamo parlare ai vari personaggi che abitano il nostro sogno. La parte complicata, ahimè, non è risolvere tale problema, ma sopportare gli snervanti spostamenti tra un NPC e l’altro. Vorrei tanto dire che, pian piano, ci faremo l’abitudine, ma ciò sarebbe una menzogna: in meno di un paio d’orette, difatti, giungeremo ai titoli di coda.
UNA LACRIMA STRAPPASTORIE
Parlare della trama di Blackwood Crossing risulta invece estremamente complicato, a causa dell’estrema soggettività del discorso: il sottoscritto non è rimasto affatto colpito dalla storia, il cui scopo era palesemente spingere sul pedale del dramma familiare. Certo, è innegabile come scoprire il passato della protagonista, decifrando i vari dialoghi abbastanza criptici degli altri personaggi e soffermandoci su piccoli tocchi di classe come le varie locandine cinematografiche rivisitate appese sulle pareti del treno, riesca a smuovere qualcosa nel profondo, ma non abbastanza – purtroppo – per tenere in piedi l’intera opera.
Non vivere i vari colpi di scena in prima persona sarebbe imperdonabile
L’unica cosa che vi chiedo, in caso troviate interessante Blackwood Crossing, è di aspettare magari la prima occasione per portarvelo a casa a un buon prezzo, e di non rovinarvi l’esperienza guardando qualcun altro giocarlo su Twitch, YouTube, o qualsiasi altra piattaforma. Titoli del genere hanno solo una cosa da offrire: la capacità di emozionare – nel bene o nel male – il giocatore, e non vivere i vari colpi di scena in prima persona sarebbe imperdonabile. Per il momento, attendo con ansia un eventuale, nuovo lavoro di PaperSeven, che con l’esperienza maturata potrebbe davvero fare il botto.
Blackwood Crossing rientra a pieno titolo in quei walking simulator che calano il giocatore nel bel mezzo di una storia da vivere in prima persona, senza però curarsi troppo di enigmi o insidie. Raggiungere il livello qualitativo di Gone Home è difficile, e infatti la casa inglese PaperSeven riesce a malapena a sfiorare le emozioni maturate grazie al titolo di Steve Gaynor: spostamenti insopportabili, interazioni limitate e una trama fin troppo “strappalacrime” sono un buona prova d’esordio, ma non sono sufficienti per emozionare appieno il giocatore navigato. Certo, apprezzare o meno la storia è un discorso puramente soggettivo, ma a mio avviso si poteva fare di meglio. Promosso, ma con riserva.