Ho faticato non poco a riprendere la mano su Battlefield 1 con il primo DLC, They Shall Not Pass, ma alla fine l’esperienza è stata tutto fuorché noiosa. Il titolo di DICE non si pone certo fra gli FPS online più rigorosi, come fa ad esempio il meno famoso Red Orchestra 2 (o Verdun, che è pure più appropriato), e tuttavia non è nemmeno come il più blasonato dei cugini: quando mi cimento nei DLC di Call of Duty ho sempre la frustrazione dietro l’angolo, complice una guerra di nervi e velocità che non ho più l’abitudine di combattere; Battlefield 1, invece, pur se più difficile per altri versi, riesce sempre a offrire quello sguardo più lungo e tattico che sveglia il mio cervello e lo mette al lavoro, studiando la forma delle collinette e la posizione delle trincee, e godendo allo stesso tempo dell’indiscutibile carisma della rappresentazione visiva.
D’altra parte, They Shall Not Pass (bel titolo, non c’è che dire) non ha nemmeno troppo bisogno di discorsi generali sul gioco base, per i quali vi rimando all’originale recensione, ed è invero interessante per il particolare passaggio del conflitto su cui si concentra, rappresentativo almeno quanto l’offensiva del Piave da parte delle forze italiane, e forse ancor di più sul piano dell’immaginario collettivo (gas, fumo, infinite distese di trincee sotto un cielo plumbeo) della Prima Guerra Mondiale.
APOCALYPSE FRANÇAIS
DICE ha furbescamente tenuto per i DLC nientepopodimeno che lo scenario di Verdun, e contestualmente anche l’esercito francese che, insieme a quello austroungarico, perse nel lungo scontro (febbraio-dicembre 1916) qualcosa come 300.000 soldati tra morti, feriti o dispersi. Quella delle Alture di Verdun è la mappa più cupa e potente, con condizioni ambientali variabili (nebbie, variazioni nel cielo o nell’ora del giorno) ma sempre tendenti al tono grave di un terreno da Apocalisse.
Il bel titolo di They Shall Not Pass si riferisce alla battaglia di Verdun, tra i più importanti punti di snodo della Prima Guerra Mondiale
Impressioni simili, e sostanzialmente più classiche, sono invece state evocate dai livelli Soissons e Breccia. I luoghi inquadrati sono abbastanza vicini per estensioni e struttura, ma hanno invero un valore diverso (corretto, peraltro, sotto il profilo cronologico) in relazione all’uso dei veicoli in momenti diversi del conflitto. La battaglia di Soissons risale al 1915, quando la potenza militare degli eserciti era all’apice e si sfogava con un maggior numero di carri armati e veicoli, cosa che ovviamente è stata riproposta nelle vaste pianure, collinette e piccoli agglomerati di case (interamente devastabili come tutto il resto, dato che They Shall Not Pass non contempla le più rigide mappe urbane) che caratterizzano la mappa. La furia dello scontri fra i carri è già passata nell’ambientazione di Breccia, dove linee di trincee si incrociano per buona parte della mappa e si stagliano su una giornata paradossalmente “solare”: prati di papaveri rossi ricoprono le rovine dei carri distrutti, mentre la battaglia torna a infuriare su un terreno ben caratterizzato, con un corso d’acqua a far da barriera e la battaglia sul relativo ponte, imponente e distruggibile, oppure con la serratissima rete di scavi nella porzione occidentale dello scenario.
MASSACRO DA PRIMA LINEA
Alle quattro mappe vengono agganciate due nuove operazioni, Oltre la Marna (Soissons, Breccia) e Incudine del Demonio (Alture di Verdun, Fort di Vaux), proponendo anche questa volta piacevoli racconti dei fatti storici prima delle partite, o accurate ipotesi in caso di esito diverso della tal battaglia. Stavolta ho preferito gli scontri della fanteria, comunque più aperti e articolati rispetto alla concorrenza, nonché particolarmente serrati nella nuova modalità: gli obiettivi di Prima Linea si muovono in avanti a all’indietro, in attacco e in difesa, ma a differenza di Corsa il meccanismo riguarda entrambe le compagini; francesi e austriaci devono conquistare gli obiettivi in progressione fino alla base avversaria, dove è necessario mettere fuori uso la radio nemica o, in caso di fallimento, tornare alla propria roccaforte. Davvero dirompente la forza delle parti prima della battaglia, con parecchi equipaggiamenti speciali a disposizione delle retrovie: il nuovo Incursore di Trincea – con mazza, granate e corazza – si dimostra un po’ più effettivo e meno ingessato del solito, anche se permane nella parte di gioco (i pacchetti per specialisti distribuiti in modo semi-casuale, eredità un po’ impropria di Battlefront) di cui, almeno personalmente, sentivo meno la necessità.
Fort di Vaux farà la gioia di chi ha provato godimento fisico ad ammazzarsi di botte nei bunker di Battlefield 1
Alla fine della battaglia non poteva che palesarsi un nuovo behemoth (con un fratellino più piccolo, ma comunque imponente, come aggiunta fra i mezzi normali) a rinforzare i perdenti: un carro armato di dimensioni ciclopiche, capace di muoversi sul campo con una libertà maggiore del solito, facendo ampi giri per raggiungere gli obiettivi con le sue numerose bocche da fuoco. Una trovata irrealistica o quantomeno rarissima, nel vero conflitto, ma che è come tutte le altre cose del titolo DICE: se ne può parlare in tanti termini, ma per estensione e spettacolo non c’è nulla di paragonabile a Battlefield 1 in tutto il panorama degli shooter online.
Il voto a They Shall Not Pass si abbassa un pochetto per l’assenza di aggiunte alla Storie dal Fronte, considerata la presenza di Verdun, ma è comunque commisurato a un’espansione dalla qualità elevata. Non trasforma Battlefield 1 in qualcos’altro, naturalmente, e anzi la natura ludica è sempre ben calcata: non credo che i soldati percepissero i colpi come piccoli e affascinanti dardi roventi scagliati nell’aria, ma è indubbio che la velocità dei proiettili, il moderato bullet-drop, le frequenze di fuoco e la precisione balistica siano stati progettati in modo più libero e creativo in Battlefield 1, quasi si trattasse di un titolo di fantascienza dieselpunk. Questa cosa, forse per la particolare importanza della fanteria e i colori spesso cupi, emerge in They Shall Not Pass con forza ancora maggiore, e tuttavia ho voluto tenere presente nel giudizio finale anche il prezzo di 15 euro, forse un tantino esagerato per una sostanziale (e bella, su questo non ci piove) collezione di mappe. C’è la battaglia di Verdun, però, scenari da fanteria addirittura splendidi e ottime armi, con alcune situazioni (scorrazzare nel nuovo behemoth, ad esempio, o nei bunker di Fort Aux) che potrebbero automaticamente valere il prezzo del biglietto.