La paura, dopo il primo DLC, era che The Ringed City spendesse la parola definitiva su Dark Souls III con paragonabili tentennamenti e distinguo, per corposità dei contenuti, pura estensione e numero di elementi su cui elucubrare nelle settimane successive (qui trovate l’analisi del nostro Fabio De Felice). Questo, va detto subito, non è avvenuto, e se anche la meraviglia non riesce a essere esattamente la stessa dei migliori passaggi del gioco base, è comunque vero che l’estensione della nuova avventura, il suo level design e i segreti che nasconde valgono l’attenzione dei veterani di Dark Souls III, e forse anche l’acquisto della precedente espansione, Ashes of Ariandel, non generosissima nella sostanza ma anticipatoria di alcuni elementi narrativi di The Ringed City. A partire da un vecchio cavaliere di nome Gael.
IL CAMMINO DELLO SCHIAVO
Sulla difficoltà incide molto il livello del nostro personaggio, naturalmente, ma di base mi è sembrata ben elevata: personalmente ho affrontato la sfida da un salvataggio alla fine della seconda partita, con un PG di livello 175 (portato a 180 durante la run) principalmente basato su Forza e Destrezza e, in misura minore, sulla Fede; in queste condizioni non certo miserrime ho comunque avuto le mie gatte da pelare, nella prima parte per la sottovalutazione di alcune insidie e il tentativo di abbatterle, e nell’ultima per il dramma di trovarmi di fronte a un nemico che richiede nervi d’acciaio a chi è poco avvezzo alla distanza. I personaggi magici dovrebbero cavarsela meglio in The Ringed City, ma anche in generale (e dopo aver visto il boss opzionale) c’è ben poco da rilassarsi.
The Ringed City mi ha fatto riassaporare l’essenza di Dark Souls in generosi tratti del level design
Ho contato diversi PNG (tre, per la precisione), ognuno con il suo compito più o meno oscuro che potrete interpretare e tenere a mente, magari per servirvi di un importante aiuto (in un caso è sicuramente così, avendolo provato) nella prima vera battaglia; posso senz’altro dire, inoltre, che il numero di boss è “grossomodo” (ulteriori sorprese non sono escluse) quello del glorioso Artorias of The Abyss, e che la struttura degli scontri risulta ancora una volta efficacemente dinamica, con piglio vigliacco nell’ultima fase, pur senza mostrare nulla di particolarmente originale rispetto a quanto già visto. Facile che l’abbattimento dell’ultimo boss (o di quello che sembra esserlo) vi lasci con l’impressione di esservi lasciati qualcosa dietro, e che quel qualcosa possa essere rinvenuto solo con la dedizione maniacale o, nel caso ne siate soggetti, da un colpo di genio. Un modo “giustamente bastardo” di mettere le cose, come piace al team di Miyazaki.
SUI GRADINI DELLA CITTÀ DEGLI ANELLI
In generale non posso dire di essere rimasto sbalordito dal tono del DLC, in termini visivi o di invenzioni, e tuttavia The Ringed City riesce a brillare per qualità oggettive: torna ai momenti migliori di Dark Souls III, ad esempio, il rapporto tra disegno del livelli e insidie ivi contenute, anche per l’epicità delle situazioni (o il rischio bestemmie, due concetti che nei Souls tendono a fondersi) con cui dovremo confrontarci per procedere.
Gli scontri coi boss non sono troppo originali, ma comunque ottimamente studiati nella sfida
Nel mio caso sono andato oltre le 15 ore di gioco (e non è detto, naturalmente, che vada a tutti così, in difetto o in eccesso), in cui The Ringed City mi ha fatto riassaporare l’essenza di Dark Souls anche in diversi tratti del level design, ramificato e contorto come gli alberi morti che circondano, per contrasto, i colorati giardini sopra le terrazze della città maledetta. Come dicevo, rimane un dettaglio che dovrò sciogliere nei prossimi giorni, e che mi regala la sensazione di non aver chiuso definitivamente, peraltro con buon stile, il lungo ciclo di Dark Souls III. Qualcosa che si rivolge con dolcezza al mio personaggio, senza sapere che il suo cuore di usurpatore è nero come la pece.
La sostanza di Dark Souls III è troppo alta perché The Ringed City possa alzare ulteriormente l’asticella, ma è indubbio che il secondo e ultimo DLC riesca a farne sentire l’effluvio. Rispetto ad Ashes of Ariandel è migliore e più corposo in tutto, nel numero dei boss così come nell’intricato (e magnifico) level design della lunga parte centrale, nelle interconnessioni o anche solo nella posizione mai banale o evidente dei punti di raccordo. Forse avrebbe potuto essere più sorprendente nei momenti cruciali, di fronte a tipologie di boss piuttosto classiche o ad altri dettagli, magari di natura citazionistica, che rendono l’esperienza inevitabilmente meno fresca pur se maestosa. Anche le atmosfere più “antiche” dei Souls, però, continuano a mostrare un gigantesco carisma, e The Ringed City sa perfettamente come servirle e renderle grandi.