La sostanza di Ghost Recon Wildlands mi ha fatto sognare un gioco in stile Operation Flashopoint, o se volete ArmA, ma con la potenza tecnica e il colpo d’occhio moderno del titolo Ubisoft. L’erede della gloriosa serie (alquanto bistrattata, con mille cambi di registro) offre momenti di pura esaltazione tattica che, seppur formalmente imperfetti, si uniscono alla rara bellezza e dimensione dello scenario per un risultato complessivamente imperdibile, nonostante tutti i distinguo che avrò modo di porre.
In passato, peraltro, ho anche sognato un’evoluzione stealth per Assassin’s Creed o un Watch_Dogs che diventava davvero un noir tecnologico, ed è stato dunque facile svegliarmi: Ghost Recon Wildlands offre tantissimo nell’interpretazione strategica dello scenario, e almeno sul piano del carisma riesce a mantenere intatte le promesse, ma la magnifica e continua sequenza di meraviglie scenografiche – e di duttili soluzioni strategiche – avrebbe beneficiato di una maggiore attenzione ai dettagli, pur mantenendo intatta la sostanziale ignoranza di fondo. Ghost Recon Wildlands è uno sparatutto cooperativo che ricorda spesso le sue radici, usandole come veicolo di emozioni forti, ma fa anche prestissimo a dimenticarle.
LA VISIONE DI EL SUENO
Dimenticate, senza tuttavia dar troppa importanza alla cosa, i riferimenti nobili scomodati su Narcos o addirittura sul meglio di Don Winslow, che pure ha collaborato con la scrittura del soggetto. Da una parte ci sono i “sicarios”, il cui nome, solo qualche anno fa, sarebbe stato tradotto con “scagnozzi”, dall’altra il continuo riferimento al concetto di “narcostato”, sogno di Escobar realizzato in Bolivia dal possente ma intellettualmente raffinato El Sueno, boss del fittizio cartello Santa Blanca. Facile riconoscere in lui i tratti fisici e il fare calmo e quasi mistico del Colonnello Kurtz di Apocalypse Now (o del nostro capitan Todeschini, tatuaggi e muscoli a parte), senza però altri approfondimenti se non, appunto, quelli che servono a motivare in modo relativamente vario la sequela di missioni.
La trama gira intorno alla formazione di un narcostato, sogno di Escobar realizzato in Bolivia dal possente ma intellettualmente raffinato El Sueno
SU E GIÙ PER IL NARCOSTATO
Più che per questioni di reale rilevanza, ho voluto analizzare la proposta narrativa e la struttura per dovere di completezza: fra le cose che possiamo senz’altro concedere a Ghost Recon Wildlands, al di là di una trama in fin conti dignitosa, è la gestione non troppo cervellotica dell’imponente offerta d’azione, per cui non ci sarà mai un momento in cui non avrete qualcosa da fare o da vedere, che sia una delle innumerevoli missioni principali, una scaramuccia di supporto ai ribelli o anche solo la distruzione di una contraerea per decollare tranquilli. Le azioni di infiltrazione, scorta di personaggi, distruzione/requisizione veicoli o semplice uccisione del boss di turno (questi, in effetti, sono gli obiettivi più frequenti) si mischiano alla ricerca più approfondita di risorse nelle ambientazioni, efficacemente associate ai punti skill per sbloccare le varie abilità e instillare, così, una vera – benché temporanea – assuefazione da crescita del personaggio.
Il punto di climax di Ghost Recon Wildlands viene raggiunto nelle partite cooperative, vero fulcro del gioco
Anche per questo, almeno a mio modo di vedere, in single player ha pochissimo senso selezionare una bassa difficoltà: dopo, infatti, aver sbloccato nel giro di un paio di regioni i tre tiri in simultanea degli alleati, il supporto dei commilitoni riesce a sbrogliare anche le maglie nemiche più fitte, a patto di procedere con cautela e usare il drone al raggiungimento di ogni posizione sicura. Ciò non vuol dire che Ghost Recon Wildlands non sia divertente o impegnativo, e anzi giocare in solitaria consente di godere delle tante suggestioni ambientali in modo diverso e in qualche modo “privato”, cosa che mi è immancabilmente capitata durante gli avvicinamenti in elicottero agli obiettivi, di giorno come di notte, d’innanzi all’incredibile colpo d’occhio offerto dallo scenario.
WAR PUPPETS
A questo punto, però, è arrivato il momento delle note meno piacevoli: per motivi diversi ma connessi tra loro, tanto il single player quanto l’esperienza co-op presentano mancanze che sminuiscono non poco la prestazione complessiva. Il trait d’union può essere riassunto nella necessità di rendere giocabile l’enorme mappa di Ghost Recon Wildlands, al confine tra accessibilità e libertà tattica: mi viene subito in mente la collocazione talvolta assurda dei punti di respawn, ancora più fastidiosa in co-op, quando torniamo in partita al di là di una larga formazione rocciosa (o anche oltre la barriera di una base), oppure a distanze tali per cui il reperimento di un mezzo è l’unica soluzione. Subito dopo, per quel che mi riguarda, si piazzano i diversi effetti meteorologici che appaino ai giocatori in co-op, talvolta influenti sull’interpretazione tattica delle missioni, seguiti in single player dai compagni artificiali che non vengono debitamente rilevati dai nemici, specie quando ricercano la linea di tiro. Dettagli del genere ti svegliano in un attimo, anche se sei immerso nell’azione fino al collo.
Tanto il single player quanto l’esperienza co-op presentano mancanze che sminuiscono non poco la prestazione complessiva
Fra i dubbi che mi assalgono c’è anche la tenuta sulla lunga distanza, a fronte di una longevità meno “strutturata” rispetto a The Division. Naturalmente le future missioni del Season Pass porteranno più varietà, ma già la struttura narrativa lascia molto meno spazio alle invenzioni, almeno a giudicare dalla trama e dai finali, e la futura proposta PvP, benché sensatamente tattica (4 contro 4), non può contare sulla personalizzazione ARPG virtualmente infinita del gioco di Ubisoft Massive, e nemmeno su una trovata geniale in stile Zona Nera.
CIAO CIAO BOLIVIA
Al di là dei dubbi per i prossimi mesi, tra gli elementi positivi di Ghost Recon Wildlands va messa anche la profonda commistione fra esplorazione ed eccellenza degli scenari. Può sembrare banale dirlo, ma anche solo il fatto di essere costretti a calcare il suolo di una certa regione, per sbloccare il buchon e le missioni al suo interno, porta a lunghi e sempre magnifici viaggi verso le varie ambientazioni, impressionanti nella rappresentazione aerea di zone rurali, giungla, formazioni rocciose o punte innevate. Il dettaglio non è per niente male anche a terra, ma balzano maggiormente agli occhi i compromessi per la praticabilità di alcune aree, la forma un po’ squadrata di rocce e crinali o anche i dettagli non risolti di alcuni scorci.
Possiamo contare sul comodo switch-off di qualsiasi icona e segnalatore sull’HUD, a tutto vantaggio dell’immersione visiva
Quello di cui mi rammarico come PCista, in casi come questo, è che Ubisoft adotti una politica quasi del tutto indifferente al modding. La base di Ghost Recon Wildlands resta ottima, ed è un peccato non poter mettere mano ai dettagli di gameplay diversamente interpretabili o aggiungere realismo alla sostanza dell’azione. Probabilmente gli sviluppatori correggeranno i problemi più vistosi, nemmeno così gravi, ma dispiace che all’eccellenza di molti passaggi di gioco, in particolare nell’ottimo co-op, non possa corrispondere un quadro complessivo altrettanto efficace. Tanta esaltazione e momenti di mestizia, nello spazio di millisecondi.
Nel voto qui sotto vince l’esaltazione che Ghost Recon Wildlands riesce spesso a indurre, sommando le possibilità d’azione e l’imponente bellezza dello scenario. Va ben distinto, però, ciò che il titolo Ubisoft è in grado di offrire e ciò che, invece, non si sforza nemmeno di risolvere: da un lato, le partite co-op garantiscono un mix ben dosato di adrenalina e opzioni tattiche, e anche giocare in single player, nonostante tutto, offre decine di ore di divertimento; allo stesso tempo, però, Ghost Recon Wildlands mostra nei dettagli di aver provato una strada difficile senza crederci fino in fondo, risolvendo con l’accetta troppe minuzie. Tutto quel che funziona riesce sempre a emozionare, ma avrebbe potuto portare i Ghost molto più lontano rispetto a quanto in realtà avvenga.