Da tempo immemore la serie FPS più famosa al mondo non cambia la formula dei DLC, e Call of Duty: Infinity Warfare – Sabotage non fa eccezione. Quattro mappe multiplayer e un nuovo episodio “monster-co-op” (in fondo ci sono anche gli alieni cattivi di Ghosts, o gli esseri multidimensionali di Treyarch) in ognuna delle quattro release lungo l’anno, secondo una pratica che va avanti grossomodo dal 2011; da quel momento, nello specifico, la superiorità interna di Infinity Ward sugli altri autori non è più stata cosa certa, e anzi la struttura delle modalità co-op con zombie e creature fantastiche è diventata la regola. Nell’editoriale di martedì prossimo sarà mia cura proporre qualche riflessione complessiva, anche in relazione a recenti dichiarazioni e dati di vendita, ma non ci sarà nulla da eccepire alla fattura di Sabotage: al contrario di qualsiasi pacchetto uscito negli ultimi anni, il primo DLC di Infinite Warfare non presenta nemmeno un anello debole, ed è anzi realizzato senza cedimenti anche sul versante delle mappe competitive, in passato non sempre a fuoco per l’estetica o, peggio, per il level design. D’altra parte, chi ogni anno compra un nuovo capitolo di Call of Duty è ben conscio della sua formula seriale, e tutto quel che vuole è la massima qualità possibile nelle componenti pubblicate, cosa che Sabotage riesce obiettivamente a offrire.
POP FRIZZANTE
Prima di arrivare alla modalità zombie, tradizionale pezzo forte del DLC, anche il breve excursus sulle mappe competitive può sostenere quanto affermato: Neon, Reinassance, Noir e Dominion presentano ognuna una personalità propria sul piano estetico e della giocabilità, con differenze qualitative che dipendono dai gusti più che da difetti veri e propri.
Al contrario di tanti altri pacchetti di Call of Duty, il primo DLC di Infinite Warfare non presenta nemmeno un anello debole
Un approccio visivo più sfumato è quello della mappa Noir, inscenata nei sobborghi di Brooklyn, con piccoli tocchi futuristici e un’atmosfera piacevolmente “hard boiled”: Infinity Ward ha fornito direttamente la chiave di lettura della giocabilità, indicando le classiche “tre corsie” della tradizione competitiva di Call of Duty: in effetti, nelle ali laterali (rispetto ai punti di respawn delle squadre) troviamo depositi, bar e tetti praticabili adatti a scaramucce più leggere, mentre la parte centrale confluisce in uno spazio aperto per il vero massacro. Dominion, infine, è l’immancabile reinterpretazione di una mappa storica particolarmente amata, in questo caso Afghan di Modern Warfare 2: la location si sposta in una valle parzialmente terraformata di Marte, in mezzo a relitti spaziali e strutture dei coloni che si estendono lungo la discreta grandezza della mappa; proprio l’enorme scheletro di un’astronave dà vita ad almeno un paio di punti caldissimi, con coperture adatte a difese disperate e buone postazioni di tiro per chi avanza.
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Al netto di un’offerta sin troppo standardizzata, a cui nuove modalità o classi speciali (Combat Rig, in questo caso) non farebbero male, Sabotage risulta un DLC particolarmente curato e riuscito, privo di veri punti deboli fra i due comparti. Le mappe multiplayer sono tutte belle da vedere e da giocare, senza le eccezioni viste in passato, e anche lo scenario della modalità zombie risulta più ispirato e interessante rispetto a Spaceland, pur proponendo il medesimo tono da spaccone pisichedelico. Per tanti versi è il “solito” DLC di Call of Duty, non si sforza di essere nient’altro e dopo tutti questi anni la formula ha senz’altro bisogno di rinnovarsi (anche nelle espansioni, intendo): se vi accontentate, però, il lavoro svolto da Raven e Infinity Ward è ben più che valido.