Come dicevo nello speciale dedicato al Porsche Pack di Assetto Corsa di qualche settimana fa, è incredibile rendersi conto dell’importanza e dell’invadenza dell’istinto di conservazione in certe circostanze. Compiere gesti normali come guidare, sciare, muoversi e in generale interagire con gli spazi avendo la consapevolezza di stare spingendo le proprie possibilità oltre l’ordinario, sentendo “la voglia di rimanere vivi” tra i polpastrelli e allentando la presa, metaforica o letterale che sia, dà una percezione completamente nuova e quasi estranea alle cose, anche e soprattutto considerando che, come con tutte le cose della vita, mano a mano che si acquisisce sicurezza nelle proprie possibilità e capacità spostiamo inconsciamente il limite di una piccola tacca, allontanando questo sistema di autodifesa quel tanto che basta per sfoderare una prestazione inaspettata.
Perché questa introduzione? Beh, perché giocando intensivamente a Steep nell’ultimo periodo mi sono reso conto che l’opera prima di Ubisoft Annecy è sostanzialmente un enorme simulatore di giorni vacanzieri sulla neve che, parallelamente a quanto fa Assetto Corsa con l’esperienza di guida, ci permette di godere appieno le gioie e la poesia degli sport estremi e dei fuoripista senza l’annoso freno a mano tirato dell’istinto di sopravvivenza.
L’IMPORTANTE NON È LA CADUTA
A voler per forza affibbiargli un’etichetta, sono più propenso a inquadrare Steep nel campo delle simulazioni che in quella degli arcade duri e puri, il cui esponente di genere più famoso rimane certamente il filotto degli splendidi SSX usciti due generazioni di console fa (gulp!). Questo non solo perché, banalmente, non ci sono né turbo boost né evoluzioni che prevedono balletti con lancio nella stratosfera di tavola/sci, ma soprattutto perché, nonostante un’immediatezza e una leggibilità totale del sistema di controllo e delle meccaniche di gioco con tutte le discipline presenti, Steep mette in scena una ricostruzione della fisica e dei movimenti incredibile per profondità e realismo.
Steep mette in scena una ricostruzione della fisica e dei movimenti incredibile per profondità e realismo
E un atterraggio ben eseguito farà tutta la differenza del mondo, dal momento che eseguire un trick particolarmente arzigogolato e chiuderlo adeguatamente ridurrà più o meno la stamina del nostro avatar, togliendogli un po’ di fiato e impedendogli di concatenare immediatamente altri salti ed evoluzioni. Un ottimo metodo di gestione della fisica, che funge da perfetto contraltare alla succitata immediatezza e dà sempre la sensazione di essere in controllo, fino a quando non prenderemo i primi schiaffi sulla neve o, peggio, sul fondo roccioso di qualche scarpata. O andremo dritti contro qualche caratteristico casupolo di legno. In generale, l’idea di fondo è sempre quella di prediligere l’esplorazione preventiva delle piste e degli eventi offerti dal gioco, dal momento che, proprio come nelle montagne reali, le insidie sono sempre dietro l’angolo e non sempre è possibile salvarsi all’ultimo secondo da un dirupo, da una fitta foresta o da chissà quale asperità che non avevamo considerato.
CHI TROVA UN AMICO
L’esplorazione, d’altronde, è una componente fondamentale di Steep, ancor più della valanga di gare, eventi e sfide assortite che riempiono alla follia la spettacolare mappa in 3D, liberamente esplorabile, zoomabile e ruotabile nel pratico e stilosissimo menu di gioco. Una toponomastica ricca di avvenimenti e peculiarità che, come nella più sana tradizione degli open world Ubisoft, è liberamente esplorabile dai giocatori e dai loro amici, tutti insieme appassionatamente grazie alle magie del mondo persistente e always online. Ovviamente nulla vi vieta di esplorare le Alpi svizzere in solitaria totale, come dei burberi nonni di Heidi, ma sarebbe un crimine non condividere con i vostri amici i tramonti, i giochi di luce e le vette poetiche messe a disposizione da Steep. Io stesso, più di una volta, utilizzando lo spostamento rapido della mappa (e beandomi dell’assenza praticamente totale di caricamenti e tempi morti) mi sono stupito nel trovarmi davanti uno scorcio da cartolina, un paesaggio incantato che, davvero, dava una netta sensazione da “simulatore di vacanze di natale”.
Mi sono stupito nel trovarmi davanti uno scorcio da cartolina, un paesaggio incantato
ARIA DI CASA MIA
Volendo lasciare da parte gli aspetti “terreni” di Steep, è mirabile constatare che anche le due discipline meno tradizionali e aeree del gioco sfruttino a dovere il mix tra immediatezza e profondità di quelle più canoniche, oltre al già citato ottimo motore fisico. Tuta alare e parapendio rappresentano probabilmente i due estremi dell’offerta puramente ludica di Steep. Il primo è facile da capire e difficile da padroneggiare, soddisfacente e affascinante, con il suo carico di adrenalina, i suoi tecnicismi necessari per raggiungere la perfezione e le sue sfide al fulmicotone, che arriveranno a far ammattire i giocatori più competitivi e agonisti all’ennesimo tentativo fallito (e per fortuna che il retry è automatico come e meglio di un Super Meat Boy a caso). Il secondo, pur riservando anche lui qualche gara tanto sui tempi quanto sul punteggio, è sostanzialmente un gigantesco dondolo zen grazie al quale agevolare nettamente l’esplorazione degli ambienti, scoprire nuovi eventi e nuovi punti di interesse e, sostanzialmente, godersi la totalità e la bellezza abbacinante degli ambienti di gioco.
Tuta alare e parapendio rappresentano probabilmente i due estremi dell’offerta puramente ludica di Steep
Steep è uno straordinario simulatore di montagna, ancora prima che di sport estremi invernali. Grazie a un modello fisico straordinario e a un’immediatezza dal respiro arcade, l’opera prima di Ubisoft Annecy sa tenerci incollati tanto alle miriade di gare ed eventi di gioco che animano le Alpi svizzere, quanto alle singole discese e agli splendidi scenari che incontreremo durante ogni singola seduta che decideremo di dedicargli.