Aprire la recensione di un titolo attessissimo Final Fantasy XV ripercorrendo quasi dieci anni di sviluppo sarebbe inutile, e d’altronde la genesi dietro l’ultimo capitolo numerato della saga abbraccia quella di Final Fantasy XIII e Final Fantasy Type-0 HD, titoli ampiamente trattati negli ultimi anni: inizialmente concepiti come una trilogia ambientata nello stesso universo, questi tre prodotti portavano alto il nome di Square Enix in un periodo di transizione da PS2 a console di scorsa generazione, prima che il genere dei J-RPG finisse per quasi un decennio nell’oblio delle produzioni mid-budget e delle ibridazioni visual novel ormai sdoganate anche su Steam. Hajime Tabata è riuscito a portare a compimento il progetto iniziato da Tetsuya Nomura e conosciuto col nome di Final Fantasy XIII Versus, dovendo tuttavia venire a patti con quanto realizzato dal team precedente: una responsabilità non da nulla, considerato il decennio di risorse impiegate dalla casa giapponese per promuovere le gesta di Noctis e co. ancor prima che la sua storia venisse raccontata, fra capi di vestiario, action figures e addirittura profumi su licenza.
In equilibrio come un trapezista fra gli albori del progetto su PS3 e il debutto su PS4, e slegandosi forzatamente dalla Fabula Nova Crystallis per risultare un prodotto fruibile nella sua unicità (nonostante il dispiegamento di risorse di Square Enix, fra film in CGI, serie animate e titoli mobile), Final Fantasy XV arriva finalmente a noi forte di un comparto tecnico davvero sbalorditivo e di valori di produzione semplicemente mai visti nel panorama creativo nipponico contemporaneo. Detto questo, l’epopea (finto) epica di Noctis e compagni non rappresenta solamente un viaggio di formazione personale o l’ennesima iterazione del brand giapponese, ma anche e soprattutto uno dei progetti più ambiziosi partoriti dall’industria giapponese, ponendosi per certi versi non molto differentemente da quel chiacchieratissimo – nel bene e nel male – Metal Gear Solid V: The Phantom Pain che Hideo Kojima ha lasciato in eredità agli appassionati della sua saga videoludica per eccellenza.
LUCE E TENEBRA
Per chi fosse totalmente a digiuno di notizie riguardo Final Fantasy XV urge una premessa: tutte le opere cross-mediali appartenenti al Final Fantasy XV Universe (1 film in CGI, 2 titoli per smartphone, 1 serie animata e la Platinum Demo disponibile gratuitamente su PSN), che sulla carta andrebbero fruite prima di iniziare a giocare, possono essere tranquillamente riallacciate in un secondo momento. Ad esempio, Kingsglaive: Final Fantasy XV, il film edito da Sony, racconta ciò che accade nella città di Insomnia contemporaneamente all’inizio del viaggio di Noctis e compagni, ma i personaggi introdotti e le vicende raccontate sono per lo più accessorie, lasciando alle cinematiche in-game il compito di svelare al giocatore gli eventi salienti per capire la storia e l’universo di Eos, pianeta del quale è effettivamente esplorabile solamente la regione di Lucis.
Final Fantasy XV arriva finalmente a noi forte di un comparto tecnico davvero sbalorditivo
Final Fantasy XV è soprattutto questo: un videogioco scisso a metà. Da una parte abbiamo un’introduzione che, scevra di qualsiasi pretesa narrativa, indugia in ore e ore di esplorazione open world, catapultati da un punto all’altro del regno di Lucis a bordo della Regalia, la fida quattroruote del gruppo; in questo frangente ci si può dedicare a qualsiasi tipo di attività senza alcun limite, in barba alla gravitas che in qualche modo la storia del gioco vorrebbe. Fra un selfie vicino al flipper (per di più giocabile), l’esplorazione della manciata di dungeon opzionali e una corsa sui chocobo, ci si dimentica ben presto di avere a che fare con un’epopea di regni in guerra, di lutto e soprattutto di morte, tematica che nel titolo viene quasi sempre trattata con una superficialità tale da far quasi rimpiangere i complessi adolescenziali di Hope e la storia pseudo-saffica fra Vanille e Fang in Final Fantasy XIII, per di più senza nessun guizzo creativo, vista la ripetitività dei compiti proposti.
L’altra faccia della medaglia, invece, mostra la sua effige nelle fasi finali del gioco (coincidenti con l’ottavo capitolo), dove si inizia a percorre in linea retta e inesorabile una narrazione svogliata, incapace di intrattenere a causa di una sceneggiatura debole e piena di forzature, ma che grazie agli altissimi valori di produzione riesce in qualche modo a risollevarsi con qualche rara sequenza cinematica realizzata a dovere. In particolare, duole segnalare il fatto che il cast di protagonisti, seppur ridotto ai minimi termini rispetto alla tradizione della serie, è forse uno dei più deboli di sempre, in un mix di stereotipi talmente caricaturali e piatti da non riuscire mai a stupire, nemmeno quando per esigenze narrative si dovrebbe provare un qualche tipo di legame empatico. Parlando di Prompto, Ignis e Gladio(lus), i tre compagni di viaggio di Noctis, ciò che si deve sapere su di loro è praticamente sintetizzato dal loro aspetto esteriore. Il rapporto fra questi è sicuramente quello più approfondito, considerando che sono gli unici personaggi coi quali si ha a che fare per gran parte dell’avventura, ma non riserva grandi sorprese nemmeno sulle battute finali, durante le quali la storia viene infarcita di elementi già visti nei precedenti capitoli tanto da risultarne una parodia.
Guardando invece all’altra parte della barricata, ovvero al team di antagonisti affiliati all’Impero, non solo ci si trova molto spesso a vivere situazioni surreali in cui i nemici sembrano quasi aiutare l’ascesa al trono del protagonista senza mai ostacolarlo, ma durante l’intera durata della storia si assiste anche a repentini cambi di registro, con sparizioni o nemici che diventano improvvisamente alleati proprio nel momento in cui ciò si dimostra funzionale al prosieguo dell’avventura; non mancano poi eventi sconclusionati, senza che questi siano accuratamente spiegati se non con motivazioni sommarie. Il tutto viene accettato da protagonisti che non sembrano porsi troppe domande, ma d’altronde stiamo parlando di un gruppo di fuggiaschi ricercati che passa gran parte del gioco a cacciare mostri in un regno in cui sembra che nessun suddito conosca il volto del proprio principe.
Il cast di protagonisti, seppur ridotto ai minimi termini rispetto alla tradizione della serie, è forse uno dei più deboli di sempre
Difficilmente la storia di Final Fantasy XV sarà ricordata come una delle migliori raccontate nei quasi 30 anni di esistenza del brand, ma se tanto mi dà tanto, probabilmente le criticità evidenziate sono per lo più da imputare a riscritture della sceneggiatura in fase di sviluppo, quando il nome del progetto è passato dal titolo di Final Fantasy XIII Versus a quello con il quale è conosciuto oggi. Sarebbe molto interessante sapere quali fossero i piani di Tetsuya Nomura per Noctis e soci quando furono concepiti, ma se non altro va riconosciuto ad Hajime Tabata il coraggio di essere riuscito a mettere la parola fine a un lavoro che ormai da anni galleggiava nei tristi mari dei vaporware, accanto a The Last Guardian di Fumito Ueda. Ironico che siano in arrivo nei negozi a così pochi giorni di distanza.
TREDICI ARMI ANCESTRALI
Passando all’impianto prettamente ludico, Final Fantasy XV cerca di proporsi come un titolo “dedicato agli appassionati della serie, ma aperto anche ai neofiti”, frase che tra l’altro apre ogni avvio del gioco, quasi a memento per chiunque non fosse stato sintonizzato sulle frequenze di Square Enix degli ultimi dieci anni. Per farlo, Hajime Tabata e il suo immenso team di artisti e programmatori hanno confezionato un modello di gioco per molti versi molto più simile agli RPG occidentali, con grande spazio dedicato all’esplorazione di sterminati ambienti naturali e al raggiungimento (a piedi o a bordo di veicoli, chocobo compresi) di comodi indicatori sulla mappa, il più delle volte per occuparsi del reperimento di oggetti o della caccia di determinati mostri.
Final Fantasy XV cerca di proporsi come un titolo “dedicato agli appassionati della serie, ma aperto anche ai neofiti”
In tal senso, Final Fantasy XV ha potuto godere dei benefici di uno sviluppo lunghissimo, al punto di permettere al team di artisti e grafici di sbizzarrirsi nella creazione di un pantheon di creature affollato e intrigante, nonché di un mondo credibile e completamente esplorabile, seppur intrappolato fra onnipresenti muri invisibili. Gli sterminati spazi aperti di Lucis riescono nell’ingrato compito di restituire una sensazione di estrema libertà, grazie alla buona varietà di ambienti e a un numero sufficiente di dungeon opzionali ricchi d’atmosfera, da affrontare fra una scorrazzata a bordo della Regalia, per spostamenti più rapidi, o una galoppata in sella ai chocobo, ancora presenti e, per una volta, utilissimi.
Il voler enfatizzare la tematica del viaggio ha portato il team di sviluppo ad apportare alcune scelte di design che potrebbero risultare indigeste, ma che tutto sommato sono coerenti con la visione di Hajime Tabata: ciò si concretizza nella presenza di numerosi tempi morti, magari in viaggio verso una destinazione lontana a bordo dell’auto, volendo allietati dalla radio che trasmette le colonne sonore dei precedenti capitoli. Da un certo punto della storia viene concesso di viaggiare velocemente da una zona di sosta all’altra, ma in queste circostanze la durata dei caricamenti è tale da portare a preferire lo spostamento su ruote, minuti di attesa compresi.
Arrivato ai titoli di coda, paradossalmente, ho avuto l’impressione che il gioco dia il meglio di sé al di fuori dei binari voluti dalla parte finale
ATTORI D’OLTREOCEANO DIGITALE
Final Fantasy XV sfoggia un profilo tecnico di altissimo livello, pur non esente da difetti più o meno evidenti. Sfatiamo innanzitutto un mito: questo è forse il primo titolo giapponese in cui la ricreazione di ambienti naturali dettagliati è stata messa al primo posto, seguita a ruota dai modelli poligonali dei protagonisti e delle loro movenze, con un occhio di riguardo per l’espressività facciale. Gran parte delle scene cinematiche è concentrata nelle fasi finali della storia e si focalizza proprio sulle emozioni dei protagonisti e sulla loro mimica facciale, con risultati davvero sbalorditivi (fun fact: molti personaggi del cast sono dell’italianissimo Roberto Ferrari, già visto all’opera in The Last Remnant e Death by Degrees). Buono anche il commento musicale firmato da Yoko Shimomura, volto dietro alla serie Kingdom Hearts e ad altri classici del passato, come Parasite Eve; la OST palesa peraltro punte di eccellenza qua e là, che solamente la cover di Florence + The Machine di Stand By Me, usata come tema principale, riesce a sintetizzare con la potenza di un testo struggente e soprattutto già passato alla storia, riconoscibile quindi da chiunque volesse avvicinarsi a questa produzione. Solamente discreto, invece, il doppiaggio in lingua inglese, al quale può essere fortunatamente preferito quello in lingua giapponese, decisamente più competente e sfoggiante un cast di tutto rispetto, fra cui Mamoru Miyano (Light di Death Note), e Miyake Kenta (Boku no hero academia). Da notare come l’unica lingua europea non presente come traccia audio sia proprio quella italiana, nonostante Kingsglaive fosse stato doppiato in precedenza.
Final Fantasy XV sfoggia un profilo tecnico di altissimo livello, pur non esente da difetti più o meno evidenti
È più che apprezzabile il lavoro di Square Enix nell’assicurare una fluidità stabile su entrambe le macchine Sony
Il traguardo di Final Fantasy XV coincide con il suo debutto sul mercato, in quello che senza ombra di dubbio si dimostrerà un lancio controverso e capace di dividere critica e pubblico in due parti: chi godrà della libertà delle fasi iniziali, scevra di qualsiasi velleità narrativa, e chi invece rimpiangerà la mancanza di una storia e di un cast di personaggi in grado di portare a testa alta il nome della serie. Quel che è certo è che il prodotto finale porta addosso le cicatrici di uno sviluppo travagliato e di una direzione che, nella speranza di accontentare tutti, potrebbe non far felice nessuno. Anche con i suoi altissimi valori di produzione.