Se il DLC Underground si è dimostrato una discreta aggiunta in termini di opportunità di progressione, ma non è stato abbastanza deciso sulle vere variazioni al gameplay, con Tom Clancy’s The Division Survival è arrivato davvero il momento – sul filo di lana, aggiungerei – di sparigliare le carte. Anzi, per la precisione il lavoro è stato fatto anche dalle ultime patch, la 1.4 e la freschissima 1.5, fondamentali per l’identità futura del gioco Massive: non più una New York esclusivamente per newbie, una volta raggiunto il livello trenta, o massacri troppo ingiusti nel PvP della Zona Nera, ma una serie di “fasce di mondo” tra cui si può scegliere e che sanciscono, finalmente, un criterio globale per governare la difficoltà da soli, in co-op o contro altri giocatori. In questo modo, la nuova modalità “Lotta per la Vita” (traduzione bruttina, in effetti, risparmiata nel titolo) ha potuto poggiare su un terreno più solido, irrobustendo, al contempo, una delle più affascinanti fonti di ispirazione per The Division.
UNA QUESTIONE DI PURA SOPRAVVIVENZA
Per certi versi, ma non tutti, la modalità Lotta per la Vita assomiglia a ciò che avevo sognato alle prime e suggestive presentazioni di The Division, persino nella tendenza a ridurre al minimo necessario le simil-proiezioni olografiche (gli indicatori, insomma, per i molteplici aspetti del gameplay) e aumentare, così, la purezza dell’immersione visiva. In buona pratica, dopo un rocambolesco trasporto in elicottero, ci ritroviamo in una New York ancora più fredda, buia e inospitale, dove la ricerca delle risorse per il crafting, dei medkit e di acqua/cibo (barrette, lattine o bottiglie, con l’apposita animazione contestuale per il consumo) deve essere affiancata al compimento degli obiettivi, e tutto è governato dall’urgenza di sopravvivere all’ipotermia e rallentare l’insorgere di un nuovo virus nel nostro organismo, attraverso pillole e iniezioni.
Potremo contare su 60 minuti di sopravvivenza al nuovo virus, più tutte le “deroghe” che otterremo con le medicine
È possibile accedere alla nuova modalità dal Terminal, immediatamente a destra nella hall; l’ormai classico pannello sospeso nell’aria consente di avviare matchmarking per quattro giocatori (un po’ lunghetti, a dire il vero; la partita non parte fino a che la squadra non è completa), oppure di trovare direttamente i match Survival per giocatori singoli o gruppi già formati, in PvP come in PvE. Pur avendo il sapore di una Battle Royale, la missione è strutturata in tappe specifiche: con l’eccezione di una debole pistola, il nostro Agente inizia l’avventura privo di armi ed equipaggiamento, immediatamente informato della centralità del crafting (in un apposito banco lavoro, solo nelle safe-house) e della malattia che lo ha colpito, con le lancette dell’infezione che iniziano a girare. Progressivamente troveremo altre informazioni, ad esempio sulla necessità di creare vestiti più pesanti, per rallentare la morte da congelamento, oppure sull’obiettivo di costruire una protezione speciale per entrare nella Zona Nera, rinvenire gli “Antivirali” della nuova mutazione ed estrarli in elicottero. Più facile a dirsi che a farsi.
IL MIO REGNO PER UN TOZZO DI PANE (E UN MEDKIT, SE VI AVANZA)
Nelle partite contro le AI viene meno un po’ di coerenza, con gli altri giocatori presenti ma protetti dal frendly-fire. Ciò, tuttavia, non impedisce di divertirsi parecchio anche come lupi solitari, grazie alle attenzioni citate e al fatto che le dinamiche dell’azione, nonostante i punti fermi, possono cambiare profondamente da partita a partita, con il diverso posizionamento di ronde, boss, posti di blocco e l’imprevedibile aiuto degli altri giocatori. Ovviamente, le cose si fanno più serie nel PvP, ancora più retributivo nei premi e, tuttavia, anche più avaro in termini di aspettative di sopravvivenza. La nuova modalità introdotta da Tom Clancy’s The Division Survival è fatta per regalarti belle cose alla fine della partita, ma nel frattempo non perde occasione per riempirti sportivamente di mazzate.
La nuova modalità è fatta per regalarti belle cose alla fine della partita, ma nel frattempo non perde occasione per riempirti sportivamente di mazzate
Da sottolineare, infine, il fatto che le ultime patch, in particolare la 1.4, hanno reso più appetibile il gioco nel suo complesso e, così, anche Tom Clancy’s The Division: Underground, fin troppo bistrattato per colpe non sue. In fin dei conti, anche il primo DLC era andato ad esaltare una delle componenti centrali del gioco – quella ARPG – attraverso l’antica pratica della generazione procedurale dei dungeon. Ora è venuto il tempo della sopravvivenza, ed è il più vigliacco e assuefacente che possiate immaginare.
Non è mio compito stabilire se e quanto The Division stia riuscendo a recuperare sulla disaffezione di parecchi giocatori, nel corso degli ultimi mesi, ma il DLC Survival è sicuramente la miglior iniezione di adrenalina che ci potessimo augurare. Una parte delle cose buone sono arrivate gratuitamente per tutti, con la più razionale organizzazione del mondo di gioco (dei “mondi”, per la precisione, disposti in fasce di livelli) portata dagli aggiornamenti, ma non c’è dubbio che la modalità Lotta per la Vita, introdotta dal secondo DLC, entri di prepotenza fra i contenuti più efficaci dell’intero gioco, compresi quelli di base. Tema e regole della sopravvivenza sono state applicate con rigore e decisione, quasi come se fossero nei progetti di Massive fin dall’inizio. Chissà, magari è andata proprio così.