Potessero parlare, le strade italiane racconterebbero uno spaccato di vita davvero incredibile del nostro paese; nonostante siamo soliti pensare al concetto di “on the road” associandolo a lunghe cavalcate sulle infinite e polverose lingue d’asfalto americane, il viaggio in macchina rappresenta qualcosa di molto più nostrano. Che si tratti di tragicomici esodi familiari estivi, di avventurose epopee con gli amici o incredibili e faticosi traslochi da una parte all’altra della penisola, i viaggi in macchina rappresentano parte della nostra storia, personale e collettiva. Wheels of Aurelia non fa altro che recuperare scampoli di queste memorie per raccontare gli Anni di Piombo attraverso le vite di alcuni personaggi, il cui destino è legato proprio a un viaggio sulla Strada Statale 1, la storica Via Aurelia, arteria costiera che parte da Roma per arrivare fino a Nizza.
BALLI TU, CANTA IL MOTORE
Una ventina di minuti scarsi è la durata di una singola storia. Wheels of Aurelia, alla prima run, è straniante: i personaggi sbocconcellano frasi, mentre noi ci raccapezziamo in un sistema di dialogo a scelte multiple che mischia quello di Oxenfree a quello di Three Fourths Home, e proviamo a seguire la storia mentre guidiamo la macchina.
Wheels of Aurelia condensa la storia di una nazione in flash di vita comune
Per fortuna Wheels of Aurelia parla chiaro: ci sono sedici finali e molte più varianti nelle storie messe in scena sulla via Aurelia. Le identità di Lella, Olga, il Gorilla, Edoardo e tutti gli altri protagonisti si comporranno come in un puzzle man mano che vivremo i diversi racconti scritti dalla sapiente penna di Matteo Pozzi e Claudia Molinari, alias We Are Müesli, già autori, tra le altre cose, di Venti Mesi, altra collezione di brevi racconti di resistenza partigiana sotto forma di visual novel interattive. Wheels of Aurelia riprende da quell’esperienza la capacità di condensare la storia di una nazione in flash di vita comune: i drammi, le aspettative e le avventure dei personaggi del gioco sono in grado di raccontare perfettamente l’Italia del 1978, con Aldo Moro tenuto prigioniero dalle Brigate Rosse e uno scenario socio-politico non esattamente idilliaco.
Tutto ruota intorno alla figura di Lella, una pariolina in fuga di 21 anni, ribelle e femminista, che rappresenta la protagonista del gioco nonché l’emblema dei contrasti e delle incoerenze di una nazione vittima di se stessa. Raccontarvi di più sarebbe assolutamente delittuoso da parte mia: il gioco di Santa Ragione è un’avventura narrativa e dalle scelte effettuate durante i dialoghi dipende l’esito di ogni playthrough, quindi ogni dettaglio della trama va scoperto, custodito gelosamente e piazzato nell’intricato puzzle dei sedici differenti epiloghi e di tutti i diversi intrecci.
GIORNI ROSSI DI PROTESTA
Wheels of Aurelia, dunque, è un’avventura concettuale abbastanza particolare, che all’ottimo sistema dialogico affianca, come motore della storia, un modello di guida assolutamente leggero e blando: non ci si deve preoccupare poi troppo della macchina, che in fondo si guida anche da sola se non acceleriamo e la lasciamo fluire liberamente, concentrandoci sui dialoghi.
Impugnare il “volante” diventa fondamentale soltanto in alcuni passaggi: intanto spetta a noi decidere se fermarci in alcuni punti della strada per raccogliere alcuni autostoppisti o per lasciare scendere i nostri passeggeri in determinati momenti della storia. Se in questi casi si tratta solo di rallentare e accostare, la nostra abilità alla guida vera e propria è richiesta in caso di gare e inseguimenti, momenti piuttosto concitati dove controllare l’auto e dialogare diventa davvero piuttosto provante. Eppure, è in quei momenti che Wheels of Aurelia dà il meglio di sé e, se vogliamo, lascia un po’ di amaro in bocca, perché un maggiore sfruttamento della componente “driving” avrebbe donato un pizzico di profondità al gioco.
Wheels of Aurelia è un’avventura concettuale, che all’ottimo sistema dialogico affianca, come motore della storia, un modello di guida leggero
A dire il vero c’è un momento della storia che è strettamente connesso con la nostra pulizia nella conduzione della vettura, ed è un altro dei frangenti in cui si ha la percezione che forse il sistema di guida avrebbe potuto essere sviluppato e integrato meglio nel complesso narrativo, ma d’altronde lo scopo del gioco resta quello di raccontare alcune storie, e tutto sommato ci riesce bene. Dico “tutto sommato” perché, nonostante lo splendido lavoro di scrittura alla base, non sempre il sistema dialogico riesce a restituire conversazioni consistenti tra i personaggi e, per quanto le linee narrative alla fine abbiano comunque senso, in alcuni momenti la sospensione di incredulità viene un po’ scalfita.
dalle scelte effettuate durante i dialoghi dipende l’esito di ogni playthrough
Nonostante queste criticità, Wheels of Aurelia è un gioco imprescindibile per chiunque ami le avventure basate sulla narrazione: l’estrema cura estetica della messa in scena storica (che spazia da un’incantevole ricerca linguistica nei modi e nelle forme utilizzate alla già citata colonna sonora), l’eccellente direzione artistica (che richiama la tradizione illustrativa dell’epoca) e la scrittura sopraffina (che ci regala personaggi originali e dialoghi intensi) rappresentano gli aspetti caratteristici di quella che è la prima vera avventura davvero italiana della storia dei videogiochi. Un viaggio on the road che parla di noi, della nostra storia, dei vizi e delle virtù di una nazione, oltre che, ovviamente, dell’immancabile passione per i motori che supera ogni altra cosa.
Wheels of Aurelia non ha paura di raccontare in maniera intensa e ficcante pagine buie della storia del nostro paese, nonché di portare alla ribalta in un videogioco temi scottanti come l’aborto, i diritti delle donne e la lotta al fascismo. Lo fa scegliendo un’estetica sublime e un sistema di gioco affascinante per quanto a tratti problematico. L’idea delle brevi storie on the road è geniale, ma le meccaniche di guida potevano essere sfruttate meglio e il sistema di scelte, messo sotto stress alla ricerca dei sedici finali, può scricchiolare un pochino. Nonostante questi difetti, però, il titolo di Santa Ragione ha il grande merito e coraggio di raccontare l’Italia come mai nessuno aveva tentato. Ci riesce in maniera brillante e, benché forse Wheels of Aurelia non sia un gioco per tutti, rappresenta un interessante apripista che si pone nell’ideale condizione di guardare al passato dell’Italia per rivolgersi poi al futuro del gaming nostrano.