ReCore è una produzione che deve molto a nomi come Metroid, The Legend of Zelda, ma anche a Mega Man e tanti altri classici dell’esplorazione, del platforming e dell’avventura tridimensionale. Peccato che non approfondisca con serietà nessuno degli aspetti che hanno reso famosi i franchise appena citati. L’ultima opera di Comcept, software house fondata da Keiji Inafune (Dead Rising) subito dopo aver abbandonato Capcom, avrebbe sicuramente beneficiato di qualche mese di lavoro in più e, in questo caso, anche di valori di produzione capaci di distinguerla dagli altri titoli nati dall’industria indipendente.
ANNO 2200, L’UMANITÀ È SPACCIATA
A cavallo tra scoppiettanti influenze arcade giapponesi e un’estetica post apocalittica ravvivata solamente dal sole battente (che riscalda incessantemente il pianeta desertico di Far Eden), Joule e il suo gruppo di aiutanti robotici sono incaricati di trovare una soluzione ad un esperimento fallito con conseguenze disastrose.
il sistema di controllo è immediato, preciso e facile da padroneggiare
ReCore è, prima di tutto, un platform che deve molto al proprio sistema di controllo: immediato, preciso e facile da padroneggiare, rende davvero una gioia manovrare la bella Joule fra le centinaia di piattaforme volanti che ne costellano l’avventura, soprattutto per chi, come il sottoscritto, avesse fatto indigestione di titoli iperrealistici e modelli fisici senza libertà artistiche. Decidendo quindi di rinunciare a qualsiasi tipo di credibilità, l’ultimo compitino firmato Comcept esplode in sessioni esplorative e platforming piuttosto gratificanti, dovendo comunque fare una netta distinzione fra quello che accade all’interno di aree circoscritte, come i dungeon, e tutto ciò che avviene nel semi-open world del titolo.
ReCore deve molto a Metroid, The Legend of Zelda e Mega Man, classici dell’esplorazione, del platforming e dell’avventura tridimensionale
Forse inseguendo il trend che, attualmente, vuole i titoli di maggiore successo fregiarsi del concetto di “open world”, gli sviluppatori hanno tentato di calare ReCore in un contesto vasto dal design blando e monotono, quando il tutto avrebbe potuto funzionare degnamente sviluppandosi in livelli con un capo e una coda. Per di più, viene richiesto di muoversi in queste macro aree, principalmente vuote, alla ricerca di globi luminescenti che hanno la funzione delle stelle di Super Mario 64 o dei globi precursor del franchise Jak & Daxter: senza di questi, proseguire nell’avventura è semplicemente impossibile, e soprattutto nella seconda metà del gioco questa scelta design va ad affossare tutte quelle buone sensazioni che il comparto ludico, nella sua semplicità, era riuscito a regalare.
la varietà dei nemici è minima
SABBIA, SABBIA E BULLONI
Parlando dei nemici, la cui varietà è minima, bisogna ancora una volta complimentarsi con gli sviluppatori per aver plasmato attorno alla dinamicità della protagonista un sistema di battaglia tanto semplice quanto divertente, anche arrivati all’ennesima ripetizione del medesimo pattern d’attacco. Gli scontri a fuoco sono immediati e veloci, e oltre al fucile della giovane eroina (i cui proiettili vanno cambiati con le freccette del pad a seconda del colore dei nemici), si può contare sulla forza dei tre compagni robotici e di due forme addizionali che si sbloccano proseguendo nell’avventura.
Gli avversari – tutti cibernetici e dal comportamento animalesco, come Mega Man insegna – possono essere letteralmente fatti a pezzi o privati del nucleo che li alimenta attraverso un minigioco di tiro alla fune, due tipologie di ricompense che possono essere investite nella creazione di telai più potenti per i compagni robotici o per aumentarne le statistiche. I livelli di potenza sono l’unica velleità RPG che il titolo si concede, fermo restando che è tutto automatizzato e che non si possono sbloccare abilità speciali o personalizzare l’armamentario della protagonista. La parola d’ordine è “semplicità”, e devo dire che non fosse per la seconda metà del gioco e per le monotone sessioni d’esplorazione del pianeta, tutto funzionerebbe più che bene, considerata anche la scarsa ambizione della produzione, palesata ulteriormente da una durata reale dell’avventura (ovvero senza il backtracking obbligato, ecc.) che non va oltre le dieci ore di gioco.
I livelli di potenza sono l’unica velleità RPG che il titolo si concede
ReCore è un prodotto sicuramente interessante, ma incapace di ritagliarsi una propria identità a causa di improbabili scelte di game design. Se il sistema di combattimento e le sessioni platforming funzionano grazie alla loro semplicità (soprattutto di esecuzione, per via di un sistema di controllo ben realizzato), occorre fare i conti con una seconda metà dell’avventura zoppicante, un semi-open world da bocciare in toto e, soprattutto, un comparto tecnico che non si fa problemi a sfoggiare bug e glitch grafici alla data di lancio. Senza ombra di dubbio, il prodotto Comcept rientra tra i titoli che avrebbero reso meglio con qualche mese di sviluppo in più a disposizione. Per l’edizione PC potete aggiungere un mezzo punto al voto finale, fosse solo per la sicurezza di un’azione a 60 fps.