The Walking Dead: Michonne - Ep. 1: In Too Deep - Recensione

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Curiosa, la scelta di dedicare una miniserie in tre puntate di The Walking Dead al personaggio di Michonne. Fino a questo momento, le avventure dei morti viventi di Telltale si sono sempre basate su figure nuove (almeno per quanto riguarda i protagonisti) e linee narrative inedite; andare a pescare nel passato di uno dei personaggi più affascinanti della serie televisiva e della graphic novel è indubbiamente una scelta coraggiosa, ma non priva di rischi. Per dirne una, sappiamo già che non muore, e questo riduce in parte il coinvolgimento emotivo. Una scelta comunque comprensibile, dal punto di vista dell’appeal sul pubblico, specialmente in queste settimane che è ricominciata la sesta stagione TV. E poi il personaggio di Michonne è tra i più intriganti della produzione di The Walking Dead, e l’idea di accompagnarla nell’affrontare i suoi fantasmi e il suo passato non è priva di un certo fascino.

MICHONNE NON È CLEMENTINE

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Se siete di quelli che seguono fedelmente la graphic novel, sappiate che la miniserie di Telltale si occupa di colmare il vuoto temporale che si crea quando Michonne lascia Ezekiel e il Regno per andarsene verso Oceanside, prima del suo ritorno. E non aggiungo altro, perché il rischio di spoiler è davvero troppo alto. Il primo quarto d’ora di gioco è semplicemente fantastico: ritmo dell’azione, taglio delle sequenze e colonna sonora sono da urlo. Un incipit che lasciava presagire molto di più per lo sviluppo dell’avventura vera e propria, e lo dico anticipando in parte il verdetto che trovate in fondo a questa pagina.

La scrittura, solitamente uno dei punti di forza dei lavori di Telltale, questa volta è davvero un po’ troppo pigra

Dopo la fase iniziale, infatti, ritroviamo Michonne a bordo di una barca in compagnia di un gruppo di persone, e dopo aver ascoltato alla radio un messaggio di aiuto, decide di fare quel che nessuno mai dovrebbe fare in un’apocalisse zombi (e in generale, se il cinema e la televisione ci hanno insegnato qualcosa), ossia andarne a cercare l’autore. Nel breve volgere di qualche istante ci ritroviamo in balia di una delle situazioni ormai classiche della serie, con i protagonisti ostaggio di un gruppo molto più nutrito di persone che hanno messo in piedi una comunità numerosa, fortificata e apparentemente pacifica, il cui buonismo è però solo di facciata, e le cui intenzioni sono ben altre. Vi suona familiare? Beh, siete in buona compagnia. La scrittura, solitamente uno dei punti di forza dei lavori di Telltale, questa volta è davvero un po’ troppo pigra, e finisce con il riproporre situazioni che nella serie TV e nella graphic novel abbiamo visto e stravisto; Michonne a parte, anche i personaggi secondari non brillano per originalità o per caratterizzazione. Qualcuno muore, inevitabilmente, ma la cosa lascia perlopiù indifferenti. La storia non si prende il tempo di creare sufficiente empatia con i comprimari, relegandoli a figure poco più rilevanti degli anonimi morti viventi, un errore che già avevamo notato in 400 Days, lo spin-off che collega la prima e la seconda stagione videoludica di The Walking Dead. La “frettolosità” del racconto si ripercuote anche sulla durata dell’episodio, che non supera l’ora e mezza. Davvero un po’ pochino, per un titolo venduto a 14.99 €.

QUANDO SI GIOCA? MAI

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Il gameplay rimane quello ormai noto e stranoto delle produzioni Telltale, se possibile ancor più accentuato che in passato: tanta narrazione, pochissima interazione da parte del giocatore, al punto che le parti in cui si “fa” qualcosa rappresentano ormai solo brevi interludi tra una scena e l’altra, e in molti casi sono inutili e/o monotone: perché mi costringi a osservare dieci oggetti di una location, quando ce n’è uno solo che mi interessa, e so già quale? Perché mi fai passare al setaccio uno per uno gli oggetti contenuti in un borsone? Li vedo già, ma sono costretto a interagire con ciascuno di essi muovendo il cursore, cliccando il tasto giusto e attivando le blande frasi di commento, prima di poter andare avanti con il racconto. Sono di gran lunga migliorati rispetto al passato i Quick Time Event, sia come implementazione che come integrazione nelle sequenze di gioco, ora molto meno posticci e un goccino più godibili.

THE AGING DEAD

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Al di là dei limiti intrinsechi del gameplay, cui ci siamo più o meno abituati, dal punto di vista tecnico siamo però arrivati al capolinea. Nonostante un uso azzeccato delle sfocature di campo (che piacciono sempre e sono comodissime per celare tante lacune), l’engine di gioco non si può davvero più vedere. Capisco la peculiare impronta stilistica e il tratto volutamente grezzo delle texture, ma le animazioni legnose, le espressioni facciali ripetute (o riciclate da episodi precedenti), e il generale senso di budget allo stremo hanno fatto il loro tempo.

Il racconto funziona sempre alla grande, ma il motore grafico non si può proprio più vedere

I soldi in Telltale ci sono, inutile negarlo, e investire qualcosina nel comparto grafico non sarebbe male. Come sempre eccellenti, invece, sia il doppiaggio degli attori (in inglese, così come i testi) che la colonna sonora, con il pezzo d’apertura che merita di finire in heavy rotation nella vostra playlist preferita. Rimane vincente, e sarebbe sbagliato non dirlo apertamente, la peculiare formula del racconto, strutturato sempre in maniera molto coinvolgente. Il modo in cui il gioco “finge” di farti scegliere dialoghi e azioni, così da condizionare la storia (senza che questo accada realmente), permette di stringere un legame con i suoi protagonisti come pochi altri videogame sanno fare, giocando sull’istintività delle risposte, sul fatto di costringerci a reagire in maniera impulsiva a situazioni moralmente difficili. La vicenda alla fine non cambia più di tanto, ma ci si arriva solo e comunque con le nostre scelte, non con quelle di altri. E questo fa tutta la differenza del mondo.

A conclusione di questa prima puntata, l’unico voto che mi sento di esprimere è una sufficienza, data più sulla fiducia che sull’effettiva qualità del gioco: ci sono parecchi limiti tecnici, che sicuramente non verranno superati nei successivi episodi, così come un gameplay sempre più limitato all’osso, che fa parte di una filosofia che si accetta nel momento in cui si affronta un titolo Telltale. Al netto di tutto questo, resta però il fatto che la storia, il pilastro su cui si basa tutto quanto, è davvero modesta, con personaggi e situazioni che sanno un po’ troppo di già visto. Attendiamo speranzosi il prossimo episodio.

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Pro

  • Nessuno sa raccontare una storia meglio di Telltale.
  • Il personaggio di Michonne è affascinante e pieno di interrogativi, e l’idea di conoscerlo più da vicino è intrigante.
  • Nuova e migliore integrazione dei QTE nel gameplay.

Contro

  • Tecnicamente brutto, non ci sono molti altri modi per descriverlo.
  • Storia frettolosa e “buttata via”, molto sotto gli elevatissimi standard di Telltale.
6

Sufficiente

Il giovin virgulto si diletta con i racing game da molto prima che inventassero la ruota. Pare che Crammond, nei ritagli di tempo di Claudio, abbia usato delle sessioni di guida del nostro eroe per programmare l’IA dei piloti in GP2. Oltre ai titoli corsaioli, Claudio ama le avventure, le serie TV, i platform e gli FPS vecchia scuola.

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