Telltale Games è oramai una vera e propria istituzione nel mondo degli adventure game. Il team americano nel corso degli anni ha saputo capitalizzare i successi del passato, in particolare con Sam & Max, riuscendo a trovare un’identità ben precisa sul mercato, che li ha consacrati definitivamente dopo l’uscita della trasposizione digitale di The Walking Dead. Un consenso quasi unanime, sia di pubblico che di critica, che ha spalancato le porte verso altri franchise di successo, come Borderlands, Minecraft e il qui presente Game of Thrones. Il Trono di Spade, come è noto da queste parti, non ha praticamente bisogno di presentazioni essendo a oggi il serial più visto in assoluto sulla faccia della Terra, con milioni di fan che attendono ogni nuova stagione come la venuta del nuovo Messia. Una saga che è la trasposizione di una parte dei romanzi fantasy scritti dall’ormai più che celebre George R. R. Martin, l’incensato autore delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, di cui dovrebbe prima o poi vedersi un nuovo libro, rimandato di anno in anno da tempi immemori.
VALAR MORGHULIS
Anche se le critiche non sono mancate, Game of Thrones ha settato davvero degli standard altissimi nel campo delle serie televisive, grazie a un valore produttivo fuori di testa (i soli effetti speciali sono degni di un blockbuster hollywoodiano), a un cast di rara eccellenza e una trama tanto intrigata, quanto appassionante. Difficile non farsi trascinare dai continui intrighi e colpi di scena che animano gran parte delle cinque stagioni, tutte caratterizzate da una dose smisurata di violenza e crudeltà, dove di fatto spesso i malvagi prevaricano i “buoni”, ma dove nel contempo nessuno è mai al sicuro, anche il più infame degli infami. Una sorta di grande ruota cosmica che dispensa morte e distruzione con grande generosità, senza guardare ceto, provenienza, sesso e casato di appartenenza. Ok, magari questo vale un po’ meno per gli Stark, ben più sfortunati di tutti le altre famiglie che si combattono da secoli per il controllo del leggendario trono di ferro, che la leggenda vuole composto da “mille lame prese dalle mani dei nemici di Aegon caduti, forgiate con il respiro di fuoco di Balerion il Terrore Nero”.
In realtà pare non siano nemmeno duecento, come Lord Baelish, alias Ditocorto, tiene a precisare in uno storico scambio di battute con Varys, ma tant’è, tutti si vogliono sedere su quella orrenda sedia, simbolo di potere assoluto, quasi sempre pagato con enormi tributi di sangue. Chi quindi meglio di Telltale poteva trasmettere tutta questa gamma di emozioni efficacemente, riuscendo non solo a raccontare una storia perfettamente integrata nel tessuto narrativo originale, ma creando di fatto un nuovo filone, incrociando eventi e personaggio ormai entrati nell’immaginario comune (o almeno in quello dei fan della serie). L’idea geniale è stata proprio questa: invece di tentare la via più semplice di un prequel, gli sviluppatori hanno deciso di raccontare – in parallelo con il serial di HBO – le vicende della famiglia Forrester, che non è quella di Beautiful, bensì un casato del nord, sfortunatamente alleato agli Stark e come tale in serissima difficoltà. Assediato dai nemici di un tempo, gli infami Whitehill, si ritroveranno a difendersi strenuamente dalle angherie e dai soprusi quotidiani, con un Lord reggente a malapena in grado di stare in piedi, un esercito ridotto a un lumicino e il crescente rischio di vedersi completamente annichiliti.
IRON FROM ICE
L’evoluzione del gioco è di fatto raccontata attraverso le gesta di quattro personaggi, ognuno dei quali sparso ad altrettanti angoli di questo crudele mondo. A Ironrath, la casa dei Forrester, troviamo l’acciaccato Rodrik, primogenito del Lord reggente, unico sopravvissuto all’eccidio presso le Torri Gemelle, durante i tragici eventi seguiti alle celeberrime Nozze Rosse, senza dubbio uno dei passaggi più scioccanti del Trono di Spade. Rodrik è sì vivo, ma ridotto a l’ombra di se stesso, incapace persino di reggersi sulle proprie gambe e praticamente in balia dei Whitehill, oltretutto spalleggiati dai Bolton, uno dei casati più sanguinari in assoluto, tanto da avere nel vessillo il ritratto di un uomo scorticato vivo. Una situazione davvero drammatica, dalla quale è praticamente impossibile uscirne se non col l’aiuto di qualche forza esterna.
Nonostante una resa poligonale mediamente scarsa, i risultati sono innegabilmente soddisfacenti, pur con tutti i distinguo del caso
In tutti e quattro i casi non mancheranno incontri con personaggi decisamente noti, come la mitica Madre dei Draghi, Daenerys Targaryen, e due Lannister nel bene e nel male più rappresentativi, Tyrion e Cersei, ognuno dei quali decisamente ben caratterizzato, forti del doppiaggio originale (in inglese ovviamente, l’italiano per ora non si vede neanche nei sottotitoli) e di una rappresentazione visiva alquanto verosimile. I grafici infatti hanno avuto la geniale pensata di dare al gioco un aspetto che per certi versi ricorda i ritratti all’acquerello, evitando la trappola del fotorealismo, oltretutto molto distante dalle capacità dei Telltale. Nonostante una resa poligonale mediamente scarsa, i risultati sono innegabilmente soddisfacenti, pur con tutti i distinguo del caso. Qualche animazione in più non avrebbe certo guastato e anche in termini di illuminazione siamo davvero rimasti fermi a un paio di lustri fa. Certo, è vero che in questo modo è possibile usufruire del gioco sulle piattaforme più disparate (ivi compresi tablet e console old-gen), ma con un prezzo da pagare in termini di prestazioni tutt’altro che esaltante. In particolare gli utenti console lamentano da tempo problemi di varia natura, mentre su PC ancora oggi non si capisce perché i salvataggi non vengano sincronizzati su cloud. Un fatto piuttosto grave, considerando che questa serie in particolare si è dipanata per tutto un anno: nella malaugurata ipotesi di perdere il salvataggio in locale, ci si ritrova quindi costretti a ricominciare tutto da capo, un’eventualità davvero poco piacevole.
IL NORD NON DIMENTICA
Il gameplay fondamentalmente non è cambiato di una virgola rispetto ad altre produzioni di Telltale, con particolare riferimento a The Walking Dead. Anche se si fregia ancora della definizione di avventura grafica, di avventuroso ormai c’è ben poco: non ci sono enigmi da risolvere, oggetti da associare, l’inventario è praticamente inutile e l’interazione con l’ambiente risulta al limite del sindacale. Il tutto si riduce per buona parte del tempo a selezionare una risposta fra le quattro che ci vengono proposte, in una sorta di libro game inframezzato da sequenza QTE ormai stantie e quanto poco ispirate. In Game of Thrones le scelte multiple sembrano giocare costantemente con la nostra coscienza, mettendoci quasi sempre di fronte a delle situazioni difficili quanto drammatiche, dalle quali sembra impossibile uscirne “puliti”.
In Game of Thrones le scelte multiple sembrano giocare costantemente con la nostra coscienza
Rispetto a un Life is Strange, dove le decisioni prese hanno davvero un impatto concreto sull’evolversi della trama, in Game of Thrones sembra quasi sempre di lottare contro i mulini a vento, trascinati verso un ineluttabile destino, con rare e poco efficaci deviazioni. Probabilmente il dover in qualche modo sottostare alla storia principale, ha costretto gli sviluppatori a una scrittura necessariamente più rigida, dove il senso di libertà è solo un’apparenza. In tutto questo la periodicità delle uscite non ha certo aiutato: in un mondo dove Netflix ti spara fuori serie di altissimo profilo narrativo come Daredevil e Jessica Jones, proponendole in una botta sola, pare assai anacronistico dover attendere 11 mesi per vedere la conclusione di un gioco i cui singoli episodi durano giusto un paio d’ore. Uno stillicidio aggravato dalla mancanza di una traduzione in italiano, almeno dei sottotitoli, che di fatto taglia via una notevole fetta di possibili acquirenti. Dubito che le cose cambieranno anche in futuro, come per la giù annunciata seconda stagione, ma sarebbe ora che Telltale si rendesse conto che i giochi episodici hanno davvero fatto il loro tempo.
Per chi segue con occhi sbarrati ogni singolo episodio del Trono di Spade, questo spin-off videoludico è quasi un passaggio obbligatorio, tanto più che riesce nel difficile compito di intrecciare la propria trama con quella del serial TV. Ciò detto, ci troviamo al cospetto di un titolo dove ormai la narrazione ha preso completamente il sopravvento sul gameplay, ridotto a un lumicino praticamente trascurabile. Se questo può bastarvi, Game of Thrones vi regalerà 12 ore piuttosto intense, ricche di intrighi e morti cruente, ma i limiti di questo genere di produzioni stanno iniziando a farsi sempre più sentire, soprattutto dopo l’eccezionale debutto di Life is Strange.
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