Dopo l’ottima prova alla Gamescom di Colonia e le tante ore passate in sua compagnia nei giorni appena trascorsi, non possiamo che parlar bene della seconda trasposizione digitale di Blood Bowl, board game di Games Workshop che centra il non facile obiettivo di risultare un gioco tanto sfaccettato quanto accessibile, sia per i veterani che per i novizi alla ricerca di un ibrido a cavallo tra tattica a turni, RPG e temi “sportivi” in salsa fantasy. Il merito è sicuramente di Cyanide, il team responsabile dello sviluppo del gioco fin dalla sua prima iterazione, che ha fatto tesoro delle tante critiche ricevute dalla community in questi anni. Blood Bowl 2 è un gioco più fluido del suo predecessore, e non solo per quanto riguarda l’azione su schermo, ma anche per le modalità con cui propone al giocatore le tante regole che governano il gioco, la prima volta che questi si presenta sul campo.
La sostanza della campagna in single player è stata rivista, con lo story mode introdotto dal giornalista Jim e l’ex energumeno da centrocampo Bob, intenti a disquisire delle tattiche sul campo e a commentare il nostro incedere sui terreni di gioco, da piccola e risibile squadra di mentecatti a una vera e propria star del campionato. Compito dei due commentatori non è quello di introdurre i tutorial, come accadeva nel primo, quanto di esplicitare le varie regole in una forma più accessibile al pubblico di primo pelo, introducendolo a tutte le differenze tra le varie razze disponibili in questa edizione di base, ovvero Umani, Bretoniani, Skaven, Chaos, Elfi Alti , Elfi Oscuri, Nani e Orchi. L’impressione iniziale è stata invero piuttosto scettica, visto che le prime nozioni erano talmente banali da farci pensare a un prodotto estremamente semplificato, ma grazie al cielo ci siamo presto ricreduti: percentuali di rischio degli interventi, possibilità d’infortunio, crescita delle unità, skill e altre fondamentali regole vengono inizialmente rimosse (ovviamente non nella modalità multiplayer) per poi essere reintrodotte gradualmente, insieme all’acquisto di giocatori, star-player, sponsor e bonus vari, fino a ritrovarle tutte in un insieme coeso molto simile a quello che abbiamo imparato ad amare nel gioco del 2009, solo meglio organizzato. Le regole di base sono sempre le stesse: due squadre da undici giocatori che si danno battaglia in una variante all’ultimo sangue del football americano, il tutto all’interno di una griglia di caselle e regolato da un sistema a turnover che sancisce il passaggio dell’azione all’altro giocatore quando una delle nostre unità viene atterrata o fallisce nel compiere una determinata mossa. A conti fatti si tratta di uno spin-off di Warhammer che preferisce i turni alla più morbida interpretazione degli RTS.
MECCANICHE
A livello di meccaniche tout court abbiamo i “blocchi” e i “Blitz”, interpretati in maniera diversa dalle singole razze ma comunque basilari in ogni partita. Nel primo caso si tratta della possibilità di atterrare gli avversari con il contatto diretto fra caselle, per poi affidarsi ai dadi (da uno a tre, a seconda dei rapporti di forze) e a tutti i fattori che possono dirigere la sorte da una parte o dall’altra, influenzati dai 4 attributi, dalle skill individuali (rilancio dei dadi per specifiche azioni, blocchi ai tentativi di atterramento, trucchi d”agilità e tante altre) e dal numero dei compagni che ci stanno spalleggiando.
Solo il livello di difficoltà più elevato è riuscito a impensierirci
OK, ADESSO FACCIAMO SUL SERIO
Il single player, comunque, rimane solo una corposa e discretamente longeva presentazione del gioco, che ci proietta con violenza nelle arene multiplayer. Se nell’esperienza in solitaria è comunque possibile far evolvere il propio team, è solo durante le competizioni con altri esseri umani che si sperimentano tutta la fantasia e l’imprevedibilità insita in un “board game” come questo. La nostra prova sul campo ci parla di un matchmaking piuttosto veloce, di un’azione fluida e di un ottimo numero di player attivi. Non prevedendo grossi problemi, quindi, a livello di net-code, è opportuno sottolineare la bontà e l’immediatezza delle interfacce per dar vita a squadre e leghe, nonché per vedere gli atleti e acquistarli da altri utenti con denaro esclusivamente virtuale (insomma: si guadagna solo vincendo le partite, e non si può comprare con la carta di credito…). Segnaliamo anche CabalTV, ossia una feature del gioco che sfrutta l’agile motore grafico per simulare le partite di altri utenti partendo da un database delle mosse compiute. Si tratta di un sistema molto più snello di una registrazione vera e propria ed è un vero spettacolo per tutti gli appassionati.
GRAFICA E QUALCHE DIFETTO
Da un punto di vista estetico, Blood Bowl 2 migliora quanto visto nel predecessore, conservandone la palette cromatica accesa e il taglio cartoonesco dei modelli, senza strafare nella fantasia per animazioni e inquadrature. Lo zoom possibile è sempre molto generoso, e ci permette di perderci nei dettagli di arene molto piacevoli allo sguardo, pur rimanendo fluide anche su macchine non troppo aggiornate, complice un conteggio poligonale volutamente trattenuto. Altra nota positiva riguarda i meccanismi di sovrimpressione: sono state eliminate le griglie delle caselle, e tutto viene segnalato di volta in volta direttamente sul campo, con le percentuali di rischio e i possibili effetti delle mosse che appaiono nei punti in cui le caselle vengono a contatto, attraverso icone grafiche pulite e puntuali.
Ci hanno un po’ infastidito le attese per le decisioni dell’AI, assieme al fatto che la leggerezza di Blood Bowl 2 non è un buon motivo per ridurre drasticamente le opzioni grafiche, confinate a risoluzione e grado generale di dettaglio. Altra nota negativa riguarda l’impossibilità di ridefinire i comandi standard, per quanto venga offerta una valida mappatura per il gamepad. Anche il novero delle razze disponibili non è esattamente il massimo, visto che non regge il confronto con l’ultima versione aggiornata del primo Blood Bowl, arricchita da innumerevoli DLC ed espansioni. Il voto a fondo pagina tiene conto anche di questo, per quanto il gioco di Cyanide rimanga un ottimo titolo strategico, capace di ammiccare ai nuovi giocatori senza far innervosire gli appassionati.
Volendo mettere a confronto i due Blood Bowl a sette anni di distanza, i miglioramenti apportati alla serie sono davvero molti. Il secondo capitolo, poi, è molto più accessibile ai neofiti, con meccanismi più leggibili e una campagna in single player davvero propedeutica al gameplay, che comunica gli elementi di gioco in modo concettualmente simile agli strategici di Blizzard o Creative Assembly. Certo, da un punto di vista tecnico non c’è stata una vera rivoluzione, e in termini di razze presenti siamo sull’appena sufficiente, ma non c’è molto altro di cui potersi lamentare. Ah, è assente qualsivoglia localizzazione in italiano; particolare da tenere in considerazione non per questioni narrative, ma per la comprensione delle stesse meccaniche di gioco.