Master Detective: Rain Code – Recensione

Switch

Un’apprendista detective che ha perso la memoria si ritrova invischiato in una spirale di omicidi e casi bizzarri dietro ai quali potrebbe nascondersi una spietata multinazionale. Giallo, nero, fantasy e follia si fondono nell’ultima produzione dei creatori di Danganronpa. Tutto questo è Master Detective Archives: Rain Code.

Sviluppatore / Publisher: Spike Chunsoft-Tookyo Games / Spike Chunsoft Prezzo: € 59,99 Localizzazione: Testi Multiplayer: Assente PEGI: +16 Disponibile su: Nintendo Switch

Quando abbiamo scoperto che dietro Master Detective Archives: Rain Code si celava il team di sviluppo di Danganrompa non abbiamo potuto fare a meno di esaltarci, ma anche se non lo avessimo saputo,  il DNA di quella serie salterebbe fuori fin dai primi istanti di gioco. Ne è protagonista Yuma Kokohead, un ragazzino all’apparenza dotato di un grande talento per l’investigazione. Abbiamo detto “apparente” perché all’inizio della sua avventura il piccoletto dai capelli d’argento non ha la minima idea del perché sia finito su quello strano treno senza personale, appartenente tra l’altro a una gigantesca e spietata compagnia nota come Amaterasu Corporation.




Presto entra in contatto con dei bizzarri colleghi affiliati a un’elite di investigatori dotati dei poteri più disparati. Neanche il tempo di finire le presentazioni e definire un po’ meglio i caratteri di questi primi personaggi e il mistero si infittisce quando, ancora prima di arrivare a destinazione, i suoi nuovi “amici” vengono assassinati da qualcuno che evidentemente è rimasto nell’ombra fino a quel momento. Ma chi se su quel treno oltre alle vittime c’è solo lui? E se l’assassino fosse proprio Yuma? La sua amnesia potrebbe non essere casuale.

E POI NON RIMASE NESSUNO?

Un mistero degno di Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie, destinato però a diventare enormemente più bizzarro quando Yuma scopre di aver fatto un patto con un sexy demone che crede fermamente in lui e vuole accompagnarlo nella sua carriera di investigatore. Finito il prologo il treno si ferma alla destinazione finale, la “Bladerunneriana” città di Kanai Ward e le cose precipitano, gli efferati omicidi vengono subito addebitati sulle sue spalle e la prigione sembra ormai scontata. Si tratta invece dell’inizio di una folle avventura, in cui tutto è diverso da ciò che sembra e anche una indagine può trasformarsi in una battaglia per la sopravvivenza.

Stranissimi incontri del terzo tipo…

Shinigami, la demone di cui parlavo prima, trascina Yumi in un luogo che farebbe andare fuori di testa gli abitanti di Alice nel Paese delle Meraviglie. Sto parlando del Labirinto dei Misteri, che rappresenta la materializzazione onirica di tutti gli eventi vissuti nella dimensione reale. Ci tornerete più volte nel corso del gioco ma prima di entrarvi dovrete raccogliere prove sui vari casi che vi verranno presentati e soprattutto accrescere l’esperienza e le abilità di Yumi accumulando Punti Detective. Esplorare ogni angolo dei livelli, parlare con chiunque ed esaminare gli oggetti: sono questi gli elementi base del gioco che vi condurranno poi al trial vero e proprio all’interno del Labirinto. Tutte le prove e gli ostacoli si materializzeranno al suo interno sotto forma di opportunità ma anche di trappole da evitare.

Un mistero degno di Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie, destinato però a diventare enormemente più bizzarro con il passare del tempo

Gli NPC del mondo reale diventeranno mostri deformi pronti a farvi la pelle a forza di frasi che colpiranno il vostro ego e dalle quali dovrete difendervi con tutte le armi che possedete. Non parliamo solo di strumenti “fisici”, che comunque non mancano, ma anche di mini prove come QTE e mini-giochi da superare entro tempistiche abbastanza ristrette. Detto così sembra tutto abbastanza complesso e fumoso e in effetti inizialmente lo è, ma vi garantiamo che già dopo il primo viaggio nel Labirinto riuscirete a venire a capo di tutto ciò di cui avrete bisogno. Sotto alcuni punti di vista Master Detective Archives: Rain Code ci ha ricordato il mai troppo lodato Catherine: Full Body, ma giocandoci è impossibile non pensare anche a Phoenix Wright sotto LSD, la serie Persona e lo stesso Danganrompa. Insomma, si tratta di videogioco ad altissimo tasso di follia giapponese, che fornisce una continua e generosissima dose di stimoli audiovisivi, cercando di legare il tutto con un gameplay degno di questo nome. Ci riesce? Possiamo dire di sì, ma serve senza ombra di dubbio un periodo di adattamento per riuscire a capire cosa diavolo stia accadendo e, soprattutto, come funzionano le poche ma bizzarre meccaniche di gioco.

MASTER DETECTIVE ARCHIVES: RAIN CODE: A TUTTA BIRRA O QUASI

I poteri a cui accennavamo all’inizio della recensione torneranno presto a farsi rivedere e spetterà a voi utilizzarli per rendere più agevoli le indagini. Ovviamente vogliamo evitare qualsiasi tipo di spoiler, ma possiamo dirvi che, nel corso della sua avventura, Yumi e Shimigami non saranno da soli e che i colpi di scena non mancheranno. Sono sei i capitoli in cui è diviso il gioco, ognuno legato ad un omicidio che sposta sempre un po’ più in su l’asticella della pazzia, anche se la ripetitività di alcune prove tendono alla lunga a frenare un po’ il ritmo. I siparietti comici e vagamente piccanti tra Yumi e la sua amichetta spiritosa dalle forme procaci sono il valore aggiunto della produzione, che in caso di successo siamo sicuri proietteranno il bizzarro duo piuttosto in alto nelle classifiche di gradimento del pubblico.


Colori vivi, colori morti e colori che attendono solo di essere scoperti.

Nel mix non mancano piacevoli risvolti pseudo-horror che venano di nero le tinte gialle che predominano nella produzione. Artisticamente è più che apprezzabile il design generale del gioco e la fantasia con cui sono stati realizzari eventi e personaggi. L’alta risoluzione ci avrebbe sicuramente regalato uno spettacolo molto più “crisp” da vedere, ma gli utenti Nintendo Switch ormai sono abituati a questi compromessi. Qualcosa in più si poteva fare per i caricamenti, un po’ troppo lunghi anche se non frequentissimi, e ottimizzazione.

Master of Detective Archives: Rain Code prende le dinamiche di un’avventura investigativa e le contamina con elementi estranei che contribuiscono però a rendere l’intera produzione frizzante e intrigante

A livello di gameplay, come già detto qualche riga fa, siamo di fronte ad un prodotto che prende le dinamiche di un’avventura investigativa e le contamina con elementi del tutto estranei al genere, che contribuiscono però a rendere l’intera produzione frizzante e intrigante. Non fate l’errore di cercare in Master Detective Archives un emulo di Phoenix Wright perché non lo troverete, vi consigliamo invece di approcciarvi a lui senza particolari pensieri per lasciarvi trasportare dalla follia.

In Breve: Un’avventura investigativa a forti tinte noir, caratterizzata da una storia intrigante che coinvolge un team di super-detective dai poteri davvero speciali, una multinazionale senza scrupoli che ricorda da lontano la Umbrella Corporation di Resident Evil e un protagonista il cui passato e futuro sono avvolti in una fitta coltre di mistero. Dannatamente intrigante questo Master Detective Archives: RAIN CODE, a patto che andiate pazzi per le follie dei giochi “100% Giappostyle”.

Piattaforma di Prova: Nintendo Switch
Com’è, Come gira: L’Unreal Engine su Nintendo Switch non fa prodigi e su Master Detective Archives da vita ad un titolo artisticamente piacevole ma contraddistinto da qualche inciampo di troppo. Caricamenti un po’ troppo lunghi, qualche glitch di troppo e un livello di dettaglio tutt’altro che ammirevole.

 

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Pro

  • Uno stiloso mix tra visual novel e avventura investigativa / Follia “Made in Japan” ai massimi livelli

Contro

  • Shinigami è sexy ma anche dannatamente prolissa / Tecnicamente piacevole ma con qualche ombra
8.1

Più che buono

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