Famicom Detective Club – Recensione

Switch

Cosa succede quando un vero e proprio cult del passato come Famicom Detective Club viene riproposto ai nostri giorni portando in dote meccaniche un po’ farraginose? Elementare, Watson…

Sviluppatore / Publisher: Nintendo / Nintendo Prezzo: 59,99€ Localizzazione: Assente Multiplayer: Assente PEGI: 16 Disponibile Su: Nintendo Switch

Lo so che è una rottura, ma anche in questa recensione vi tocca la lezione di storia, importante per contestualizzare il gioco trattato. Perché Dragon Quest non è l’unica ragione per cui Yuji Horii sarà ricordato nei secoli come un dio del game design, visto che il successo del gioco di ruolo che in patria fa tremare di paura Final Fantasy deve spartire gli onori con un altro peso massimo. Portopia Renzoku Satsujin Jiken (Il caso dell’omicidio seriale di Portopia) esce nel 1983 per PC-6001 e una generazione di giapponesi si trasforma in un esercito di investigatori grazie a un giallo in prima persona capace di magnetizzare l’attenzione di un popolo, tanto che la frase 犯人はヤス (che non traduco: non sia mai che vi rovini il finale di un gioco uscito quasi quarant’anni fa!) è entrata di diritto tra le espressioni idiomatiche del Sol Levante.




Diavolo, col senno di poi il colpo di scena legato al cattivo di Persona 4 è un chiaro omaggio a Portopia Renzoku Satsujin Jiken! È il gioco che ha distolto Kojima dal desiderio di divenire regista a tutti i costi mostrandogli il potenziale dei videogiochi, nonché il template su cui sono nate un’infinità di avventure. Sapete a quale genere appartiene il primo videogioco dedicato a Kenshiro, uscito nel 1986? Esatto, non si tratta di un picchiaduro, bensì dell’ennesimo tentativo di emulare la creatura di Horii, con testo e illustrazioni al posto di pugni e calci in tempo reale!

UN’EREDITÀ DURA DA RACCOGLIERE

La versione di Portopia Renzoku Satsujin Jiken per Famicom non poteva ovviamente sfruttare la tastiera, quindi venne sviluppato un particolare parser con cui selezionare le azioni col joypad, un’intuizione che generò il prevedibile esercito di cloni a partire da Famicom Mukashi Banashi: Shin Onigashima per Famicom Disk System; sulla medesima piattaforma Nintendo pubblica nel 1988 il primo capitolo di Famicom Tantei (detective) Club, ovvero Portopia ad altezza di ragazzino. Il protagonista è infatti un giovanissimo investigatore affiliato all’agenzia Utsugi, ovviamente affetto da amnesia.

famicom detective club recensione

Le inquadrature dinamiche introducono momenti particolarmente intensi; qui stavo toccando roba che non mi appartiene.

FAMICON TANTEI CLUB SI RIVELÒ UN GRANDE SUCCESSO, E DIVENNE UNA PIETRA MILIARE DELLA STORIA DI NINTENDO

Al di là dell’espediente narrativo un filo scontato, il gioco si rivela un grande successo, tanto che il primo “caso” viene seguito da un secondo episodio pubblicato l’anno successivo che narra il primo incontro tra l’anonimo protagonista e lo stesso Utsugi, riproposto poi su Super Famicom con una nuova veste grafica sul sistema di cartucce riscrivibili Nintendo Power e seguito da un capitolo “dimenticato” su Satellaview, dal sottotitolo Yumi no Kieta Kato (Il passato che sparì nella neve). Tralasciando quest’ultimo, elusivo episodio, stiamo parlando di un paio di avventure grafiche fondamentali nella storia di Nintendo e del software nipponico in generale, realizzate in un momento storico in cui il genere aveva raggiunto la massima diffusione da Yoshio Sakamoto, il papà di Metroid e Kid Icarus. Veri e propri oggetti di culto nella terra dei samurai, ora disponibili per la prima volta in occidente grazie alla popolarità di Switch, acquistabili assieme in un unico, conveniente pacchetto.

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Pro

  • Due giochi al prezzo di uno / Un grande classico Nintendo per la prima volta in occidente / Trame intriganti, specialmente nel secondo capitolo.

Contro

  • Massiccia enfasi su interminabili dialoghi, portati avanti da dinamiche farraginose e spesso ottuse / Tantissimo testo, tutto in inglese.
7.8

Buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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