Code of Princess EX – Recensione

Switch

Ah, Kinu Nishimura, mio primo amore di tanto tempo fa, un po’ come la Katia di Finardi. Non proprio lei, però, piuttosto la sua arte, capace di donare vita ad alcune delle più incisive e dettagliate illustrazioni di Capcom negli anni Novanta, particolarmente in epoca CPS2. Ogni tavola di Nishimura richiede la mia incondizionata ammirazione, devozione e studio, con conseguente acquisto di art book e mook nipponici.

In quest’ottica, nel 2012, l’originale Code of Princess su 3DS fu un gioco da avere a tutti i costi, benedetto dal suo character design e da uno schema di gioco che prometteva di ricalcare la caotica bellezza dell’immortale Guardian Heroes per Saturn, anche grazie alla direzione degli ex Treasure Masaki Ukyo e Tetsuhiko Kikuchi. Purtroppo, il risultato non fu all’altezza delle aspettative a causa di una certa ripetitività e di una realizzazione tecnica insufficiente, che condannava la turbolenta azione a nocivi rallentamenti.

UNDRESS TO IMPRESS

La principessa Solange Blanchefleur de Lux potrebbe essere l’incubo delle femministe più arcigne: svampita erede al trono di un regno assediato dai mostri, è dotata di un’armatura tanto striminzita da fare invidia alla Maria Whittaker di Barbarian. Peraltro, Solange agita seminuda la Deluxalibur, uno spadone più grande di lei nonché tesoro reale.Code of Princess EX Recensione

La principessa Solange Blanchefleur de Lux potrebbe essere l’incubo delle femministe più arcigne

Non è certamente l’unico elemento bizzarro dell’avventura, giacché alla nobildonna si unirà ben presto una masnada di folli personaggi, tra cui un’agile ladra, una suora guerriera e una necromante tenuta assieme dai pezzi recuperati nelle soste da un cimitero all’altro. Il gioco edito da Nicalis è volutamente fuori di testa, tanto nel cast quanto nella narrazione, e non si tira indietro nell’elargire senza tregua un gran numero di frecciatine e battute dedicate al mondo dei videogiochi, abbattendo spesso la quarta parete. Per quanto riguarda l’azione vera e propria, il gioco, sulle prime, pare davvero quel seguito spirituale di Guardian Heroes che l’episodio Advance su GBA non ha mai avuto l’ambizione di divenire. All’appello pare esserci tutto, e i colpi si concatenano con gusto nel paradiso delle juggle, recuperando irrinunciabili capisaldi del gioco originale come i tre piani di profondità e il particolarissimo (beh, almeno nel 1996) mix tra brawler e meccaniche ruolistiche. Eppure qualcosa continua a non quadrare, oggi come ieri, nonostante i muscoli di Switch permettano di godere l’azione senza i rallentamenti di cui sopra, visti sei anni or sono su 3DS.

Sarà la ripetitività dell’azione, che alterna carne da cannone a scontri con boss, creando con lo stampino decine di missioni tutte uguali, o forse sarà “colpa” di Dragon’s Crown che, uscito appena un anno dopo, ha alzato oltre le stelle lo standard di simili produzioni. Non aiuta la presentazione, che alterna sprite definiti e ben animati (con un aspetto particolarmente pixelloso, però, quando Switch è nella docking station) a fondali semplicistici e statici; durante il gioco il character design di Nishimura cede il passo a intermezzi realizzati da Bengus, discreti ma privi della personalità che Tetsuhiko Kikuchi era riuscito a infondere nel cast di Guardian Heroes, contribuendo a trasformare un “semplice” gioco bidimensionale in un oggetto di culto senza tempo.

ARMY OF ME

L’abbondanza di statistiche e oggetti equipaggiabili lascia presagire una notevole profondità, ma i buoni propositi naufragano mestamente nella monotonia delle missioni, esacerbata dai picchi di difficoltà improvvisi e talvolta mal posti, contro boss capaci di incassare una marea di danno e pestare come una gilda di fabbri.Code of Princess EX Recensione

Qualcosa continua a non quadrare, oggi come ieri, nonostante i muscoli di Switch rispetto al 3DS

In quei momenti risulta utile rigiocare le missioni concluse o affrontare una considerevole serie di sfide extra, ideale per mettere da parte il giusto bagaglio di punti esperienza e livelli supplementari. Manca un po’ il senso di progressione, dato che i personaggi nascono e muoiono con la stessa dotazione di attacchi speciali, senza poter guadagnare nuove tecniche strada facendo; almeno, però, le differenze tra di loro sono marcate e ben distinte, con moveset e stili di combattimento che non lasciano spazio a doppioni. Questo riguarda il solo cast principale, raccattato da Solange nelle sue peregrinazioni: esiste infatti un vero e proprio esercito di lottatori secondari composto dai nemici, sbloccabili proseguendo nel gioco e liberamente utilizzabili nelle missioni secondarie. Il rovescio della medaglia è che, boss a parte, questi offrono spesso di una dotazione di tecniche risibile e basilare, incapace di mantenere vivo l’interesse per più di un paio di partite.

Per quanto riguarda l’aspetto multigiocatore, infine, sarete lieti di sapere che Code Princess EX permette di giocare la campagna principale con un amico dall’inizio alla fine, giusto il tempo di spartirsi i Joy-Con e iniziare a mulinare fendenti fianco a fianco. Tuttavia, non è da sottovalutare la possibilità di giocare assieme (o contro) i guerrieri che vagano nelle lande di internet.

Code of Princess EX non è perfetto, ma è assai giocabile e i patiti delle combo troveranno un sistema di gioco molto flessibile con cui concatenare attacchi e tenere alta la loro brama di violenza digitale. È ripetitivo fino al midollo e sullo schermo del salotto non fa una bellissima figura, ma se amate i giochi di combattimento a scorrimento di una volta e aborrite il pensiero che l’eredità di Guardian Heroes si sia estinta con Panzer Bandit, allora potreste chiudere un occhio sul ritorno di Solange.

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Pro

  • Molti personaggi giocabili assai differenti tra di loro.
  • Azione finalmente priva di rallentamenti.
  • Narrazione leggera e divertente.

Contro

  • Struttura delle missioni ripetitiva.
  • Esteticamente mostra un po' il peso degli anni.
7.4

Buono

Il retrogamer della redazione, capace di balzare da un Game & Watch a un Neo Geo in un batter di ciglio, come se fosse una cosa del tutto normale. Questo non significa che non ami trastullarsi anche con giochi più moderni, ma è innegabile come le sue mani pacioccose vibrino più gaudenti toccando una croce digitale che una levetta analogica.

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