Mario + Rabbids: Kingdom Battle - Recensione

Switch

C’è una dichiarazione di Davide Soliani, il creative director di Mario + Rabbids: Kingdom Battle, che mi è rimasta impressa nella mente: nelle tante interviste concesse alla stampa specializzata, l’esponente di Ubisoft Milan ha spesso parlato di come lui e il team lombardo abbiano vissuto le settimane che hanno preceduto lo scorso E3, quando cioè sono iniziati a spuntare i leak del gioco creato in collaborazione con la casa di Kyoto. Soliani ha confessato che le reazioni del pubblico alle prime indiscrezioni circolate in rete hanno in un primo momento demoralizzato l’intero gruppo, in quanto non si attendevano di certo una pioggia di critiche negative così battente. Devo ammettere che anch’io, in un primo momento, sono stato investito dallo scetticismo: Mario e compagni armati fino ai denti e spalleggiati da conigli antropomorfi in cosplay? Gli ingredienti per un disastro di proporzioni gigantesche c’erano tutti. Poi è arrivata la fiera di Los Angeles ed è lì che è scoccata la scintilla. È lì che tutto è cambiato.

BWAAAAAAAAAAAAH!

Quello che arriva in questi giorni su Nintendo Switch è un titolo che nessuno avrebbe mai potuto immaginare. Nessuno tranne quei matti di Ubisoft Milan, sia chiaro. Ma come ci sono arrivati i Rabbids nel Regno dei Funghi? Con una lavatrice, naturalmente: c’è chi usa questo elettrodomestico per lavare i panni sporchi; i Rabbids, invece, lo utilizzano per viaggiare nel tempo e nello spazio. Dopo essersi impossessati di un dispositivo in grado di fondere più oggetti insieme e dar vita a cose completamente nuove (e totalmente scombinate), i conigli irrompono nella cerimonia di inaugurazione di una nuova statua della principessa Peach, portando come al solito lo scompiglio nel giro di un amen. In pochi attimi i due universi collidono, mentre qualcosa corrompe gran parte dei Rabbids, rendendoli molto più instabili del solito. Tocca come sempre all’idraulico baffuto tentare di rimediare all’inevitabile disastro, ma questa volta al suo fianco non ci sono solo il fratello Luigi, l’inseparabile Yoshi e la regale Peach: anche le loro rispettive versioni “conigliesche” – volutamente caricaturali – rispondono alla chiamata per mettere un freno al cataclisma.

Kingdom Battle riesce a mantenere sempre alta l’attenzione del giocatore, senza soffrire di particolari momenti di stanca

È così che il gruppetto, inizialmente sparuto e via via sempre più completo, si mette in viaggio per i quattro mondi che formano il Regno dei Funghi, al fine di mettere le mani sul marchingegno che sta causando il pandemonio. Alternando sezioni di combattimento a turni a fasi di pura esplorazione intervallate da qualche simpatico enigma, Kingdom Battle riesce a mantenere sempre alta l’attenzione del giocatore, senza soffrire di particolari momenti di stanca. Un risultato tutt’altro che banale, che poggia le sue radici in modo particolare nell’ottimo ritmo, frutto di un avvicendamento sì lineare, ma sempre puntuale delle diverse anime che compongono l’opera del team italiano.

SE GOLLOP FOSSE UN LAGOMORFO

È d’altronde interessante notare come Soliani e compagni siano riusciti a stravolgere la formula che ha contraddistinto il genere dei tattici a turni negli ultimi venticinque anni, introducendo pochi ingredienti mirati e nonostante siano state operate alcune piccole semplificazioni. Basti pensare che i personaggi – siano essi alleati o avversari – possono infliggere danni durante il movimento: effettuando scivolate o balzando sulle teste dei Rabbids corrotti, difatti, li si può indebolire per poi sferrare il colpo di grazia con le armi vere e proprie. Per sfruttare al meglio queste azioni gratuite diventa essenziale muovere con accortezza gli eroi affinché possano supportarsi a vicenda. Va da sé, poi, che ogni membro del gruppo è più competente degli altri in determinate discipline: Rabbid Mario, per esempio, quando colpisce qualcuno con la scivolata innesca un’esplosione che coinvolge chiunque si trovi nel raggio d’azione, senza distinzione tra amici e nemici, mentre Rabbid Yoshi è talmente rapido che può concatenare più scivolate di seguito, causando lo scompiglio tra i ranghi.

Mario + Rabbids Kingdom Battle recensione Switch immagine

la libertà di personalizzazione concessa al giocatore è davvero molto ampia

Inutile dire che ciascun membro del party è dotato di abilità speciali, sia essa la capacità di Peach di erigere uno scudo difensivo attorno agli alleati o il potere di Mario di aumentare i danni inflitti dagli eroi vicini. Questi poteri, però, vanno usati con parsimonia in quanto hanno un periodo di cooldown piuttosto alto, ma se attivati al momento giusto sono in grado di imprimere una svolta decisiva allo scontro, magari salvando il gruppo da una sconfitta quasi certa. Per non parlare di un pool di armi principali e secondarie davvero ampio, che diventa sempre più ricco con il prosieguo dell’avventura, andando alla ricerca dei forzieri disseminati negli angoli più nascosti dei livelli. L’esplorazione è poi propedeutica anche all’ottenimento di sfere del potere extra con le quali potenziare gli otto eroi: ognuno di essi, difatti, ha uno skill tree dedicato che governa l’incisività delle abilità, i danni inflitti dalle azioni gratuite, i punti salute totali, il raggio di movimento e via di seguito. In questo senso la libertà di personalizzazione concessa al giocatore è davvero molto ampia, in quanto è virtualmente possibile adattare ogni personaggio in base al proprio stile di gioco, a patto di possedere un discreto quantitativo di sfere.

MONUMENTO A MIYAMOTO

Oltre a un gameplay sfaccettato supportato da un level design di tutto rispetto e che fa ampio uso di ripari distruttibili e tubi che migliorano la mobilità dei personaggi, ciò che davvero mi ha lasciato senza parole è la direzione artistica di Mario + Rabbids: Kingdom Battle. L’impressione è che dietro ogni singolo pixel si celi un profondo rispetto del materiale Nintendo, il quale spesso sfocia in vera e propria venerazione. Non avrei mai pensato che da un cross-over talmente strampalato come questo potesse nascere un’opera dalla qualità così insolitamente alta, eppure ciò è stato possibile proprio grazie all’amore e alla devozione verso le icone della casa di Kyoto dimostrati da Ubisoft Milan.

Pur contaminati dalla presenza dei Rabbids, i mondi di Mario + Rabbids: Kingdom Battle mantengono quel design e quei colori pastello tipici delle creazioni sfornate direttamente da Nintendo: lo scontro tra i due universi si manifesta in maniera sì bizzarra, ma estremamente coerente. Tra deserti una volta cocenti e ora parzialmente innevati, villaggi spettrali avvolti nella follia e pianure verdeggianti con un tocco di Salvador Dalì, il team lombardo ha dato sfogo alla fantasia, restando comunque in perfetta sintonia con quanto la Grande N ci ha saputo offrire nel corso della sua lunga attività. Una buona parte di questo successo, però, si deve anche all’accompagnamento musicale curato da Grant Kirkhope: difficile immaginare un compositore più adatto, vista la lunga carriera che lo ha portato spesso a incrociare la strada con la stessa Nintendo. La spensieratezza dell’avventura di Mario e soci è facilmente riconoscibile nelle tracce orchestrali realizzate da Kirkhope, le quali celano anche qualche richiamo ai temi principali di alcune delle serie targate Nintendo. Impossibile non fare caso al Jungle Groove di Donkey Kong Country opportunamente rivisitato durante una delle prime boss fight, o alle note dei vari Super Mario Bros. quando si porta a termine un livello.

L’impressione è che dietro ogni singolo pixel si celi un profondo rispetto del materiale Nintendo

Sono queste piccole cose che rendono Mario + Rabbids: Kingdom Battle un gioco davvero memorabile, che cattura ed esalta l’essenza stessa dei videogiochi Nintendo. Realizzato quasi interamente a Milano, con il supporto del team parigino e di quello di Montpellier di Ubisoft, quello che sbarca su Nintendo Switch rende onore a quarant’anni di attività della casa di Kyoto, trattando con estremo riguardo alcune delle icone più sacre dell’industria dei videogiochi. Prima di chiudere, però, lasciatemi esprimere un altro piccolo pensiero: l’ultima fatica del team italiano dimostra che nel Bel Paese è possibile sfornare titoli di qualità che esulino dal contesto dei motori o dalle produzioni indipendenti a basso budget (seppur siano anch’essi molto importanti): per questo credo che Mario + Rabbids: Kingdom Battle sia una delle cose più belle che potessero capitare allo Stivale, videoludicamente parlando.

Mario + Rabbids Kingdom Battle è un’opera davvero singolare, che riesce a fondere due universi completamente diversi tra loro per dar vita a un tattico a turni profondo, divertente e bislacco. Spero con tutto il cuore che non ci troviamo di fronte a un esperimento isolato, giacché il titolo sfornato da Ubisoft Milan ha tutte le carte in regola per diventare il capostipite di un franchise di successo. Di spazio per migliorare ed estendere una formula di gioco già di per sé ottima ce n’è tanto, così come sarebbe interessante vedere anche altri personaggi della casa di Kyoto partecipare alle mischie del Regno dei Funghi. Chissà che Ubisoft e Nintendo non decidano di portare avanti questa collaborazione… qui lo speriamo un po’ tutti.

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Pro

  • Pur trattandosi di un gioco a turni, il gameplay è estremamente dinamico.
  • I personaggi Nintendo sono trattati con profondo rispetto.
  • Direzione artistica straordinaria.
  • Come si fa a non amare Rabbid Yoshi?

Contro

  • La varietà degli enigmi non è molto alta.
  • Da dove tira fuori le granatre Rabbid Yoshi?
9

Ottimo

Le leggende narrano che a Potenza ci sia un antro dentro al quale vive una misteriosa creatura chiamata Alteridan. In realtà è solo il nostro Daniele, che alterna stati diurni di brillantezza ad altri notturni dove i suoi amici non hanno ancora capito che non conviene fargli assumere troppo alcol.

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