Devo ammettere che Phantom Trigger mi ha spiazzato: dalle prime immagini e dai video di gameplay mi sarei aspettato l’ennesimo action in pixel art simile a tutti quelli che tanto vanno di moda in questo periodo. Invece, il titolo sviluppato da Bread Team per PC e Nintendo Switch ha molti assi nella sua manica che non esita a calare sul tavolo al momento opportuno, differenziandosi parecchio dagli altri videogiochi dello stesso stampo che, settimana dopo settimana, inondano il mercato.
COLPO DI FRUSTA
Inizio con mettere in chiaro l’ovvio: le somiglianze tra Hyper Light Drifter e Phantom Trigger ci sono, e non si limitano solamente al comparto artistico. Eppure, l’opera oggetto di questa recensione si discosta in maniera abbastanza netta dal titolo di Alex Preston e Heart Machine; basti pensare che le meccaniche di combattimento di Phantom Trigger sono notevolmente più elaborate e si basano quasi del tutto su un articolato sistema di combo che sfrutta le tre armi a disposizione dell’alter ego del protagonista, l’Outsider, per dar vita a devastanti coreografie al neon.
le meccaniche di combattimento si basano quasi del tutto su un articolato sistema di combo
Non è tutto, perché le regole stesse del gioco spingono a variare sempre il proprio approccio: per imparare nuove combo, difatti, bisogna far salire di livello i tre artefatti che donano le capacità offensive all’eroe, con l’esperienza che si accumula man mano che si sferrano colpi e si prende dimestichezza con una certa arma. Inutile precisare che più combinazioni di attacchi si conoscono e maggiori saranno le possibilità di sopravvivere, soprattutto durante gli inevitabili scontri con i boss.
IL NEMICO ALLO SPECCHIO
Oltre a un gameplay raffinato e privo di sbavature, colpisce l’impianto narrativo di Phantom Trigger. L’opera sviluppata dal duo ucraino formato da Victor Solodilov e Denis Novikov pone il giocatore nei panni di Stan, un normalissimo impiegato che – improvvisamente – scopre di avere un tumore: da qui ha il via un calvario fatto di cure sperimentali e sessioni di psicoanalisi che fanno riaffiorare i vari aspetti nascosti della personalità del colletto bianco, come l’Outsider, impegnato a lottare contro i demoni che dimorano in un mondo alternativo creato dalla mente di Stan.
le regole stesse del gioco spingono a variare sempre il proprio approccio
Tuttavia, il giocatore non riveste il ruolo di mero spettatore passivo: grazie alle decisioni prese nella mente di Stan è possibile modificare i rapporti tra i personaggi e l’Outsider, che di fatto rappresenta il subconscio del protagonista. Queste scelte, poi, vanno a determinare il finale del gioco, e di riflesso il destino di Stan. Si tratta di un approccio davvero peculiare che butta nel calderone molte nozioni freudiane del comportamento della psiche umana. Bread Team confeziona tutto questo con saggezza, senza mai scadere nella banalità, regalandoci un action sofisticato che non rinuncia a narrare una storia di per sé davvero molto intrigante.
Phantom Trigger è una sorpresa: ammetto che non mi sarei mai aspettato un titolo così profondo, sia sul fronte delle dinamiche di gioco che su quello narrativo; eppure, l’opera di Bread Team mi ha spiazzato grazie all’affascinante storia di Stan e delle creature che dimorano nella sua mente, senza per questo rinunciare a un gameplay elegante e sfaccettato. Davvero un ottimo lavoro per il duo ucraino e per tinyBuild che ha deciso di credere nel progetto del minuscolo team indipendente est-europeo.