Siete mai caduti nel buio, ritrovandovi sospesi fra l’ignoto e il mistero? È una sensazione all’apparenza vuota, incomprensibile, complessa da gestire e, soprattutto, da contemplare. In parole povere, l’oscurità è un regno imprevedibile: è forte dei rimasugli e frammentati di un’esistenza, è la poetica del dolore che si rafforza, è il messaggio finale che conduce alla follia e poi, nuovamente, è il motivo per esistono lati che è complicato riconoscere all’interno del noi assoluto, dominato dalle disgregazioni di una fine lenta e impetuosa, che conduce al freddo abbraccio della morte.
Le tenebre nascondono orrori che non si notano: alcuni di essi, silenti e brutali, non si smuovono; rimangono in attesa, pronti a colpire da un momento all’altro, a banchettare e straziare il corpo di un miserabile, del solo, dell’irrisolto e del disperato. Così la luce, ormai spenta e concettualmente disintegrata, diventa la reminiscenza di un passato dal ricordo triste, in cui si è tentato consapevolmente di vedere del bello e del dolce in quei momenti che, al contrario, si sono dimostrati brutali. Sono caduto, sono scivolato, mi sono perduto nel buio ma, infine, ho ritrovato me stesso. Il Remedyverse, d’altronde, è una connessione di elementi simili: da una parte c’è il buio costante, dall’altra c’è l’illusione di una verità già chiara, scritta e contemplata, utile per chiunque sta cercando il vero anche dove non sembra. Questo non è un loop, bensì una spirale: è il messaggio procedurale di Returnal in una realtà che cambia attraverso ciò che si crede reale. È l’effetto farfalla, il momento Matrix definitivo, la solitudine che conduce attraverso un altro percorso, per poi presentarne altri, mille altri, tanti altri.
Ansia e paura, panico e tensione: il respiro è affranto, delle nubi si stagliano davanti a me e la pioggia scende copiosa sul terreno, bucherellando l’asfalto completamente rovinato, con l’acqua che scivolava via, riempie pozzanghere già riempite, trascendendo il tempo e lo spazio. È un momento che si ferma scosso solo dai ricordi: il buio è brutale, il buio è una casa insicura, l’insicurezza si fossilizza sul torpore mentre, con il gelo, cela l’esistenza di chi tenta invano di uscirne. Depressione, paura e morte, lutti e follia: non è un lago; è un oceano, ed è una spirale perpetua, la costante di una vita che si ritrova a cavallo fra l’ignoto, tra ciò che è facile e cos’è giusto. Il Luogo Buio raccontato in Alan Wake 2, che l’omonimo protagonista ha affrontato tredici anni fa, intercambia la realtà e, intanto, tramuta cosa si credeva reale e concreto, mostrando delle insensatezze, come un calcolo che presenta sempre le stesse cifre ma con un risultato diverso, da sviscerare con una nuova formula.
Se il precedente capitolo del franchise creato da Sam Lake proponeva un piccolo assaggio del Luogo Buio e cosa significasse, dimostrandosi vicinissimo alla complessità narrativa di Secret Window di Stephen King, nella seconda iterazione c’è un accostamento al Buio di Lemony Snicket, una favola che approfondisce ogni sfumatura dell’oscurità. Il buio, in tal senso, non è cosa circonda, bensì ciò che è attorno e all’interno di qualcuno: va oltre i messaggi classici della psicologia, poiché qui l’argomento centrale e vitale per capirlo al meglio è in realtà la filosofia, che lo scrittore statunitense, autore della magnifica serie dei fratelli Baudelaire e del conte Olaf, ha dipinto nel suo scritto con abilità e passione, andando a dettagliare come il buio sia ovunque, anche nel cuore di un bambino.
Se il precedente capitolo del franchise creato da Sam Lake proponeva un piccolo assaggio del Luogo Buio e cosa significasse, dimostrandosi vicinissimo alla complessità narrativa di Secret Window di Stephen King, nella seconda iterazione c’è un accostamento al Buio di Lemony Snicket
ARALDO DELL’OSCURITÀ
È Graffio, sì, ma potrebbe essere chiunque altro. Nel libro di Lemony Snicket, come in tanti testi letterari riguardanti la letteratura del 1800, nel buio è nascosta la paura di qualcosa; spesso dell’ignoto. Hansel e Gretel, temendo di finire in una casa di marzapane, alla fine sono diventati quel piatto prelibato e di punta che tanti, soprattutto la megera, non vedeva l’ora di spolpare e annientare, di sminuzzare. Il Buio, però, è un libro che incontra l’idea alla base di Alan Wake 2 attraverso una consapevolezza che fagocita e alimenta le sensazioni di chi è perduto. Alan Wake ha perso la bellezza di scrivere e, nel frattempo, si è dimenticato come fare: guarda una pagina vuota, che però una volta sapeva riempire, e che ora è la sua più grande minaccia.
Cerca le parole, ne trova due o tre, poi bofonchia e lascia stare. La spettacolarità di un autore decadente è ciò per cui Cecco Angiolieri viene ricordato, per quel suo fuoco dentro che arderebbe il mondo, con l’acqua che lo annegherebbe. Al contrario, Alan Wake è in un limbo eterno di eterne illusioni e paure, di una città che conosce bene ma che non è la stessa in cui ha vissuto con Alice. Al centro di tutto, d’altronde, c’è proprio sua moglie: nel primo capitolo, lo scrittore arriva a Bright Falls con la speranza di ritrovare la fantasia perduta. Il blocco dello scrittore colpisce tutti, e non dà modo di esporsi e di vivere normalmente.
Al centro di tutto, d’altronde, c’è proprio sua moglie
Alan Wake è parte integrante di quelle pagine come Lemony Snicket quando tratta dell’oscurità, con il Luogo Buio che è intere città piramidali composte da altre edificazioni infinite, e che compongono un sonetto di dolore che si esprime in una speranzosa e folle determinazione. Il contesto di gioco, sia in Alan Wake che in Alan Wake 2, mostra un’oscurità che è presente anche là dove la luce abbaglia e conduce a un viaggio di pace e armonia. Alan Wake, però, è perduto per sempre: il Luogo Buio, dunque, è una spirale che continua e non finisce, perché è infinita; si alimenta delle paure, descrivendo situazioni e cambiando il corso dell’esistenza di chi decide di condurre a una fine brutale. In Alan Wake 2, per l’intero arco della storia principale, l’horror incontra il paranormale, ammiccando al thriller e alle sue caratteristiche più truculente e inquietanti.
Il Luogo Buio, dunque, è una spirale che continua, perché è infinita
C’è da considerare, inoltre, la presenza e i collegamenti con Control e i DLC dedicati ad Alan Wake, che al tempo confermarono la presenza di un secondo capitolo in lavorazione. Jesse Faden trova negli archivi legati alla Presenza Oscura dei dettagli rilevanti sui casi di possessione e sparizione, comprendendo che il Luogo Buio è una frammentazione della realtà, e che si può accedere in un solo luogo. In un modo o nell’altro, i registri riguardanti Alan Wake parlavano della sua sparizione e di come il mondo, in un modo o nell’altro, potesse essere in un vortice composto dal terrore. Una produzione di questo genere, capace di esaltare le caratteristiche potenti di un sistema e di approfondire dei messaggi delicati, è anche in grado di esplorare i patemi dell’animo umano di Alan Wake e il perché si è ritrovato in quel luogo.
In Alan Wake 2, in tal senso, si parla di mostri e creature, di chi accetta l’oscurità e chi la combatte: Alan Wake non è nulla di tutto questo
CAMPIONE DELLA LUCE
Se da una parte il lato oscuro di Alan viene fuori, dominato da una paura che non è solamente interiore, ecco che l’esteriorità, fondamentale nel titolo di Remedy Entertainment, espande il concetto concettuale di un’opera d’arte che si racconta come un libro, ma è un videogioco. A primo impatto, lo ammetto, è stata questa la mia frase: è un libro prestato al videogioco. Ragionandoci, questo è stato probabilmente il miglior complimento che potessi fare in assoluto, specie a seguito di tante opere trattate e di tanti testi scritti. Ma tralasciando questa premessa, il Luogo Buio è un posto concretamente complesso e dominato da poche luci: Buio di Lemony Snicket, in tal senso, racconta della luce attraverso i bambini di cui scrive, e nella complessità testuale dei romanzi che raccontano dei fratelli Baudelaire, quanto si evince è una complessa ma ragionata poetica del racconto. La scrittura diventa ben più di una valvola di sfogo e di libertà, con il blocco dello scrittore che è da abbattere, e in quel vortice di follia, che porta Alan Wake a Bright Falls, si comprende maggiormente anche la figura e le creature della sua penna.
A primo impatto, lo ammetto, è stata questa la mia frase: è un libro prestato al videogioco
Alan Wake, volente o nolente, lo ha addirittura trovato piacevole; per tredici anni ha cercato di uscire da esso, ma quante volte ha trovato quel posto affascinante, nonché l’unico in grado di farlo sentire libero e a contatto con le sue creazioni e le sue follie. Le domande si sono fatte fitte a tal punto da chiedersi se quanto si è giocato sia reale, se è frutto di una mente perversa, se è una storia inscenata da Graffio o se è, semplicemente, un ennesimo delirio di un uomo ormai perso nei suoi sogni. Niente è più complesso dallo spiegare un luogo astratto che ne conserva mille altri, come fosse un incontro dimensionale che, in realtà, è fatto di parole su una pagina intinta d’inchiostro.
Un luogo astratto e perduto che ne conserva mille altri: è questo il Luogo Buio
IL BUIO E LA SPIRALE
Il Luogo Buio è un posto, una realtà appositamente creata per distorcere i pensieri e le paure di qualcuno, ma è anche una ramificazione costante in cui i sogni di ogni genere diventano incubi costanti. Tom Zane, l’unico che non è mai uscito dal Luogo Buio, si è abituato a viverlo intensamente, accettando anche la violenza di Graffio e la brutalità della Presenza Oscura. La sua mente ha accettato quell’oscurità, tant’è che la sua follia lo ha annientato a tal punto da fargli credere che non esiste una reale ancora di salvezza, che Alan Wake, al contrario, scopre proprio alla conclusione del gioco, realizzando che non è loop, bensì una spirale.
Sia chiaro, il finale di Alan Wake 2 è apertissimo: tante, troppe aperte lasciate in sospeso – il che rende inevitabile sperare che si capisca tutto quando il momento arriverà. Il dolore al petto, dunque, diventa fitto e ancora più lancinante, grondante di una sofferenza infinita e la consapevolezza si tramuta in rimorso. Non importa essere araldi dell’oscurità e campioni della luce se quanto si è perduto, purtroppo, è ormai perduto. Resta poco, forse troppo poco per contemplarlo davvero. Rimane un silenzio, il rumore di un’idea che si accende come una torcia e, infine, uno scrittore che si sveglia, e che forse ora vede realmente la luce, la sua luce. Cos’è la realtà, se non quella che noi decidiamo che sia? È un prolungamento della ragione, o l’ennesima, spietata follia?