Unity, che combini?

Quando ha iniziato a circolare la voce sui social, ho pensato a una fake news quelle relative a Unity. Avevo appena scorso un paio di post in cui si diffidava Meta dall’utilizzare le foto di Zia Concetta per il proprio tornaconto, e improvvisamente han cominciato ad arrivare notizie allarmistiche riguardo Unity, che dal 2024 avrebbe chiesto 20 centesimi per ogni installazione dei giochi realizzati con il suo game engine. No, non solo i giochi, le demo o qualsiasi altra opera. Però solo se ha già faturato oltre 200.000 dollari e ha già una base di 200.000 installazioni. Ma non retroattivamente. Anzi sì. E se rimuovi un gioco dal tuo PC e poi lo riscarichi, vale doppio. Ciò ovviamente viola i Terms of Service. Invece no. E se bastasse diffidare John Riccitiello – CEO di Unity – con un post su X? In questo clima di caos totale, oltretutto mentre l’attenzione era principalmente rivolta all’iPhone 15 appena svelato, mi sono recato nell’unico posto in cui pensavo avrei trovato chiarezza: il blog ufficiale di Unity. Ho scoperto così che era tutto vero. O meglio, era vero che ci sarebbero stati dei costi extra, ma con un sistema di calcolo talmente ambiguo e macchinoso da rendere virtualmente plausibile qualsiasi previsione di spesa. In ogni caso, ecco qui criteri di idoneità e quote da pagare.

Tutto chiaro? Per nulla, non si capiva bene in che modo sarebbero state conteggiate le copie pirata, i giochi inclusi in bundle e raccolte varie o le installazioni in seguito ad abbonamenti quali Game Pass, e infatti nelle ore successive si sono susseguiti, correzioni e postille per ritoccare questo o quel dettaglio, ma su due punti non ci piove: il responsabile della comunicazione andrebbe dato alle fiamme, e da gennaio 2024 Unity chiederà, con un sistema che si spera per allora sia inequivocabile e definitivo, dei soldi in più. Ma cosa sarebbe questo Unity? Sono sicuro che abbiate visto tutti, avviando qualcuno dei vostri videogame preferiti, il famoso splash screen “Made with Unity”.

È il game engine più utilizzato dagli sviluppatori per produrre videogiochi. Più o meno la metà di quanto reperibile in Steam è realizzato proprio con Unity. Potete controllare voi stessi facendo un giretto su questa pagina. Sono stime, certo, ma rendono l’idea del successo e della popolarità che di cui gode. Nel 2021, il numero di giochi realizzati con Unity è aumentato del 93% e il numero di nuovi creatori è aumentato del 31%. Durante lo Unity Gaming Report del 2022, inoltre, l’azienda ha parlato di oltre 230.000 sviluppatori che realizzano e gestiscono più di 750.000 giochi basati su Unity.

Game engine utilizzati al GMTK Game Jam, indovinate chi è quello azzurrino.

Come si è arrivati a tale successo? Attraverso una serie di fortunati eventi, molto merito e altrettanta lungimiranza.

QUANDO GLI ORCHI ATTACCARONO

È il 2005 quando David Helgason, Joachim Ante e Nicholas Francis tentano di portare la democrazia nel mondo dello sviluppo videludico progettando un game engine economico che permetta di realizzare progetti professionali, in modo da mettere chiunque in grado di produrre giochi di qualità. Il software si chiama Unity 3D, ed è ancora disponibile sul forum il messaggio in cui Helgason ringrazia tutti per il beta testing. Notare il dominio del link: unity3d.com, perché nasce principalmente come motore 3D. Non è un flop, ma nemmeno spopola. I due anni successivi vedono il boom dei giochi hyper casual da lanciare al volo sul browser, realizzati in Flash, prima con ActionScript 2 e poi con ActionScript 3. Ogni giorno, appena acceso il computer, è d’uopo una visita Kongregate e Newgrounds per vedere le nuove release, che escono con cadenza impressionante. Finché un bel dì arriva un tower defense chiamato When Orcs Attack, di Jon “MrJoy” Frisby.

Il gameplay, connubio tra l’osservare mostriciattoli avanzare verso la propria base e piazzare diavolerie per sterminarli prima che giungano a destinazione, è nel suo periodo d’oro grazie a Bloons Tower Defense, realizzato proprio in Flash dai neozelandesi Ninja Kiwi. L’attacco degli orchi però è decisamente su un altro pianeta. Un ambiente tridimensionale, con effetti particellari e filtri, dal movimento super fluido. Oggi non stupirebbe nessuno, ma siamo nel 2007. Un anno prima di Google Chrome. Due anni prima di Internet Explorer 8. L’anno del primo iPhone, che avrà un ruolo chiave in questa storia.

E se vi dicessi che questo girava su IE7?”

Come è possibile realizzare una simile meraviglia su un browser? Grazie al plugin per web di Unity. Si installa un piccolo componente extra, così come avviene per il già diffusissimo Flash Player, e la magia prende forma. When Orcs Attack su browser però non è un gioco completo, bensì un demo per far provare a chiunque il prodotto, disponibile a pagamento solo per Mac e Windows.

Il sito di Mochi Media, leader nell’advertising Flash.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è: perché non seguire le orme di Bloons Tower Defense e renderlo giocabile su browser nella sua interezza? Per l’impossibilità di monetizzarlo a dovere. E come si guadagna invece con un gioco Flash, fruibile gratuitamente online? Mochi Media, attiva dal 2005 al 2014, è leader nel servizio di advertising dedicato ai Flash game. Permette, con l’inserimento di due sole righe di codice, di abilitare spazi pubblicitari all’interno delle proprie creazioni. Una specie di Google Adsense dei videogiochi. Di che cifre parliamo? Bloons, il primo casual game prodotto da Ninja Kiwi, team di due persone senza particolari competenze tecniche, viaggia intorno ai trentamila dollari al mese. Finire nella zona “featured” di un appena decente portale di videogame online porta intorno ai 100 dollari al giorno.

Comincia così la caccia agli hyper casual game più appetibili a colpi di sponsorizzazioni. Tra le figure professionali più ricercate iniziano a comparire gli ActionScript 3 Senior Developer, prima chiamati non senza una punta di disprezzo “quelli che fanno i siti in Flash”. Un ecosistema appetibile, dal quale Unity è escluso. Al momento. Ma tutto sta per cambiare.

NO MOBILE PHONE? AHI AHI AHI

Ci sono due principali motivi per i quali oggi non riuscite più a lanciare giochi Flash sui vostri computer, se non ricorrendo a workaround. Il primo è che nel 2008 Apple esclude qualsiasi possibilità che il Flash Player possa venir installato sugli iPhone, lamentando problemi di sicurezza e di performance, tagliandolo fuori dal nascente mercato del mobile browser gaming. Nonostante vi siano tool per trasformare giochi Flash in app compatibili con l’Apple App Store, queste ultime oltre a non essere ottimizzate a sufficienza per garantire un’esperienza di gioco fluida quanto basta – ricordiamoci che parliamo di iPhone di prima generazione – devono anche scontrarsi con la miriade di videogame progettati appositamente per questi apparecchi. E indovinate chi è tra i primi a garantire pieno supporto? Proprio Unity, che cattura l’attenzione di molti sviluppatori ActionScript 3. Però, Flash può sempre contare su Android, giusto? Sbagliato. Nel 2012, Adobe annuncia che il Flash Player non sarà presente da Android Jelly Bean in avanti. Già indebolita nel parco utenti, Adobe dichiara pure che intende trattenere il 9% degli introiti superiori a 50.000 dollari – ecco il perché di quella sensazione di déjà vu – in cambio della possibilità di utilizzare accelerazioni hardware 3D tramite Stage3D, API realizzata dalla stessa Adobe che non gode più di fiducia cieca, data la situazione. Flash muore. Unity invece non sbaglia un colpo.

IDE relativamente semplice, supporto nativo anche per il 2D senza il workaround della telecamera 3D che inquadra una scena piatta, marketplace pieno di plugin ed estensioni, supporto iniziale per il JavaScript per raccogliere la più ampia platea di programmatori possibile, scripting in C#, sistema di advertising integrato che include anche rewarded ads, ovvero pubblicità che se guardate fino alla fine regalano un premio nel gioco, servizi cloud e filosofia cross platform, per progettare i giochi una volta sola e renderli compatibili con quasi tutte le piattaforme hardware disponibili.

Nel cross platform di Unity non manca nessuno, se cercate con attenzione vedrete anche i leocorni”.

A un prezzo per tutti. La democrazia sognata da Helgason, Ante e Francis diventa realtà. E il Senior Unity Developer diventa un profilo professionale di tutto rispetto. Perlomeno fino al 31 dicembre 2023. E dopo?

E VERRÀ IL GIORNO

Non è facile prevedere cosa accadrà ora, anche perché il – volutamente? – poco esaustivo schemino si presta a molteplici interpretazioni che a poco a poco stanno venendo chiarite nella sempre più corposa FAQ.

La sezione FAQ dei prezzi potrebbe presto diventare più voluminosa della sezione tutorial.

Partiamo però da una precisazione doverosa: Unity è un’azienda privata ha tutto il diritto di sperimentare qualsiasi politica di prezzo gli passi per la testa, sottoponendosi al giudizio insindacabile di una sola entità: il mercato. La storia è piena di punizioni esemplari per scelte commerciali disastrose, o semplicemente perché è arrivato un nuovo sceriffo in città. Adobe Flash è un esempio, ma citerei anche Commodore, Nokia, 3dfx Interactive, Geocities, Netscape, Altavista, e potrei continuare a lungo. Si aggiungerà anche Unity? Non si sa. Se propri vogliamo essere pignoli, Unity non ha fatto nulla di male, ha solamente alzato i prezzi. Come Netflix. Come Spotify. Come il supermercato sotto casa mia. Tutti vorremmo più soldi. Solitamente, quando c’è uno sciopero degli autobus, o degli aerei, o degli attori, o di chi volete, è perché gli addetti ai lavori vogliono più soldi. Non ci vedo nulla di sbagliato.

Mi preme però sottolineare tre aspetti che denotano una grave mancanza di professionalità. Non di etica: professionalità, che per un’azienda dovrebbe essere la priorità. Innanzitutto i tempi. Un cambiamento di questa portata avrebbe richiesto un preavviso più ampio, almeno di sei mesi, e per chi avesse sottoscritto da poco abbonamenti top tier con pagamento annuale, se ne dovrebbe riparlare alla data di scadenza. Dopodichè le modalità di calcolo delle royalty. Si potevano calcolare a seconda del fatturato dell’azienda. O numero di dipendenti. O installazioni dell’engine. O quantità di progetti realizzati. In qualunque modo, purché fosse inequivocabile. O se proprio tanto ci tenevano a questa cervellotica storia delle installazioni, impostare un cap. Un’azienda non vuole leggere FAQ e tutorial per supporre quanto potrebbe spendere sulla base di esempi che nella maggior parte dei casi non calzano nemmeno. Ha bisogno di un dato certo per decidere se è un investimento interessante o no. Infine, la retroattività di alcuni conteggi.

Per quello che ne sa Unity, potrei essere arrivato a dieci milioni di download ma essere lo stesso in passivo, perché magari ho speso molto in marketing. Operazione che non avrei mai compiuto se avessi saputo che poi scattava la tassa. Vuoi cambiare la politica a tuo piacimento? Va bene, è un tuo diritto, ma tira un linea tra il prima e il dopo. Non ci si può sempre mascherare dietro la frase “però è legale”. Anche salutare con i rutti è legale. Anche la panna da cucina sulla carbonara è legale. Questo non significa che ti aiuterà a farti apprezzare e stimare.

UNITI CONTRO UNITY

Le reazioni non si sono fatte attendere, prima tra tutte l’improbabile minaccia di una migrazione di massa. Perchè improbabile? Facile: se sei in grado di switchare in modo indolore da Unity a Unreal Engine – o Defold, Godot, Commodore Basic 2.0, eccetera – allora significa che difficilmente sei andato oltre il famoso Hello World e sì, sei libero di passare a ciò che ti pare. Un professionista o un’azienda con migliaia di script realizzati, estensioni acquistate, plugin installati, che conosce pro e contro del sistema, con i giusti workaround per aggirare questi ultimi, deve rimanere con Unity o prepararsi a una lunga e costosa transizione. Lo sanno le aziende, lo sa Riccitiello. Che tra l’altro parrebbe che si sia venduto qualche azione di Unity proprio qualche settimana fa. Insider trading? Chi lo sa. Più semplice, questa sì nel tempo di un click, la rimozione del gioco dagli store il 31 dicembre. Mentre tutti aspettano il brindisi di mezzanotte per lanciarsi nel trenino cantando Brigitte Bardot Bardot, i nostri eroi potrebbero chiudere i gioco alle vendite. Ma è molto più probabile, nel caso arrivi una dashboard per monitorare le fee in tempo reale, che restino a vedere come si evolve la situazione giorno per giorno fintanto che la spesa è conveniente. E magari lancino sui social qualche raccomandazione a comprare il gioco oggi stesso perché del doman non v’è certezza.

E chissà, Steam potrebbe mettere un tick, accanto al pulsante per comprare il gioco, con scritto “paga tu i 20 centesimi a questi barboni”, e lasciare all’acquirente la facoltà di accollarsi la spesa. Non lo cliccherei per un AAA, ma il Vampire Survivors di turno – che per la cronaca non è Unity ma Phaser, framework JavaScript – lo supporterei volentieri. Qualunque direzione prenderà la storia, ancora tutta da scrivere, prima di condannare Unity alla lapidazione vorrei pensaste, oltre a questo brutto capitolo, anche a tutti i piccoli sviluppatori che hanno potuto realizzare il proprio sogno in questi anni, grazie proprio a questo game engine che, a prescindere da tutto, rimane straordinario. Ma una bella notizia non ce la vuoi dare, Emanuele? Certo! La versione free non sarà più limitata a chi fattura meno di 100.000 dollari. Visto che sotto sotto anche Riccitiello ha un cuore grande così?

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