Dopo aver provato The Legend of Zelda: Breath of the Wild per una mezzora, mi sono alzato dalla postazione con una strana sensazione: da una parte, la convinzione di aver giocato a un titolo che cambierà per sempre la storia di uno dei franchise più longevi dell’industry; dall’altra, la sensazione di aver giocato una versione “in gabbia” di un gioco. Sì, perché le ambizioni di Nintendo sono palesi, e le prestazioni di Wii U rappresentano un collo di bottiglia abbastanza evidente che separa l’idea dalla piena attuazione.
CAMBI DI EMISFERI
Se dal punto di vista narrativo Zelda si conferma un delicatissimo esempio di narrazione JRPG che sospende il giocatore tra diverse dimensioni alla ricerca del senso dell’avventura, da quello ludico e, perché no, anche strutturale questo è sicuramente il capitolo più occidentale mai sviluppato a Kyoto.
Link si sveglia dopo un sonno di cento anni per scoprire che Hyrule è sotto il dominio di Ganondorf. Di lì a poco, però, lo sgomento del protagonista è anche quello del giocatore: l’overworld, per la prima volta, è senza limitazioni, un vero e proprio open world da esplorare senza soluzione di continuità. Via i muri invisibili, via le istanze, Link può andare ovunque, cadere ovunque, e fare anche tante cose che non poteva fare prima: saltare, con tanto di attacco volante, ma anche usare lo scudo come tavola per scivolare sulle superfici, scalare le pareti rocciose o planare con una specie di paracadute.
è evidente come il gioco sia stato pensato per NX e successivamente adattato a Wii U
IL NUOVO CHE AVANZA
La totale libertà d’azione influenza non poco anche il combattimento, che risulta molto più vario e incalzante, soprattutto grazie alla dinamica di parata e contrattacco e alla già citata estrema mobilità di Link. Ma le novità, per il protagonista della storica saga, non sono finite: nell’open world selvaggio immaginato da Nintendo ci sarà bisogno di procacciarci del cibo, cucinarlo ed evitare di prendere un malanno quando si è esposti al freddo o al caldo. Tutti questi fenomeni sono sottolineati da microreazioni di Link, in quello che è un continuo di empatia e senso meraviglia. Un flusso che è alimentato da una direzione artistica che cerca evidentemente di esaltare il colpo d’occhio complessivo, gli scorci, i campi larghi, con colori vividi che richiamano immediatamente alla mente il cinema di animazione.
l’overworld, per la prima volta, è senza limitazioni, un vero e proprio open world da esplorare senza soluzione di continuità
Quello che appare evidente è che The Legend of Zelda: Breath of the Wild sarà il gioco che si occuperà simbolicamente della migrazione. La speranza è che sulla nuova console di Nintendo l’ambizione del nuovo corso della storica IP si compia pienamente e quell’iceberg di cui oggi abbiamo visto soltanto la punta non si sciolga sotto il calore di una console in difficoltà come Wii U.