Fra le produzioni sbandierate da Sony durante il tour promozionale di PlayStation VR, Until Dawn: Rush of Blood è sicuramente una delle meglio confezionate.
Come anticipa il titolo stesso, Rush of Blood non è altro che uno spin-off del ben più noto Until Dawn, produzione firmata Supermassive Games arrivata su PlayStation 4 nei mesi scorsi che, pur non riscuotendo un gran risultato in termini di vendite, è riuscita a ritagliarsi una certa fama fra i videogiocatori amanti delle avventure interattive sulla falsariga di Heavy Rain et similia. Il gusto per il feeling cinematografico e la ricercatezza della messinscena sono stati declinati, ovviamente, alle possibilità di PlayStation 4 e della sua neonata realtà virtuale, ma vi assicuro che il risultato non è da meno!
BENVENUTI ALL’INFERNO!
Until Dawn inscenava un giallo a tinte soprannaturali che seguiva le peripezie di un gruppo di adolescenti, isolati dal mondo esterno in uno chalet disperso fra le montagne, proponendo un mix equilibrato di fasi esplorative, azione, narrazione non lineare e tanti, tantissimi jumpscare a condire in modo più o meno subdolo gli sforzi dei protagonisti.
Rush of Blood rinuncia al budget roboante e all’ambizione del fratello maggiore per collocarsi nel più comune filone dei titoli shooter on-rail ad ambientazione orrorifica. Nel gioco, ci si sveglia improvvisamente a bordo di un carrello delle montagne russe, disturbati dalla voce di un misterioso figuro, e ci si trova di lì a poco a scorrere sui binari nel tentativo di collezionare più centri possibile come se si stesse giocando ad una sorta di tiro a segno acrobatico.
Il gusto per il feeling cinematografico e la ricercatezza della messinscena sono stati declinati alle possibilità di PS4 e della sua neonata realtà virtuale
Supermassive Games ha presentato Rush of Blood come una sorta di “viaggio nella follia di uno dei protagonisti di Until Dawn”, e in tal senso – specie se si conoscono i retroscena della storia – la sensazione è proprio quella di affondare sempre più nelle fantasie di una mente profondamente disturbata, dapprima solamente inquietati dalle losche figure di malefici clown e dal look dismesso del luna park, e in un secondo momento dalle allucinazioni che accompagnano lo sfrecciare e l’ondeggiare del carrello sul percorso dell’attrazione, fino a giungere all’azione serrata dei livelli finali. Senz’ombra di dubbio, il titolo è immerso in un’atmosfera che deve molto alla produzione originale, con frequenti rimandi a personaggi e ambientazioni, ma fortunatamente la bontà del gameplay, unita ad un’ottima rigiocabilità (promossa anche dalla presenza di leaderboard e più livelli di difficoltà), lo rende capace di reggersi in piedi in piena autonomia, soprattutto nel caso lo si approcciasse come una delle primissime esperienze in realtà virtuale.
la mappatura delle mani, protese nell’atto di mirare, è praticamente 1:1
Come dicevo in partenza, la natura shooter on-rail della produzione ben si sposa con l’estrema rigiocabilità di alcuni livelli, in cui, oltre ai nemici e agli obiettivi segnalati, si può andare alla ricerca di percorsi alternativi, collezionabili sparsi nei punti più disparati e oggetti segreti che non fanno altro che aumentare il giudizio finale al termine della corsa.
“STUPIDO…”
Un gameplay agile ed estremamente divertente, dunque, reso possibile da due metodi di controllo: il primo utilizza il DualShock 3 e permette di arrivare ai titoli di coda sfruttando il led d’illuminazione posto sulla parte superiore e i giroscopi per tracciarne la posizione e l’inclinazione, ma personalmente consiglio l’utilizzo di una coppia di Move per poter godere di una mappatura delle mani, protese nell’atto di mirare, praticamente 1:1.
la bontà del gameplay rende Rush of Blood capace di reggersi in piedi in piena autonomia
Se i PlayStation Move assicurano l’esperienza migliore, non bisogna comunque sottovalutare il lavoro svolto da Supermassive Games in ambito prettamente estetico: le geometrie poligonali sono ovviamente ridotte rispetto a quanto visto nel prequel, ma l’atmosfera tesa (e a tratti un po’ camp) è reale e costante, resa vivida da un buon sistema di illuminazione in tempo reale e da un frame rate che non denota alcuna incertezza, anche nei momenti più caotici.
Il doppiaggio in italiano risulta forse l’elemento meno credibile, nonostante la buona interpretazione di Riccardo Peroni (la voce di Joker nella serie Batman: Arkham), ma tutto sommato il titolo scorre liscio come l’olio. Infine, tengo a sottolineare come durante la prova non abbia riscontrato alcun tipo di motion sickness, a parte gli ovvi vuoti di stomaco provocati dall’avanzata veloce del carrello sui binari. Allargando la fase di test ad amici e familiari, posso confermare che Until Dawn: Rush of Blood risulta forse uno dei migliori videogiochi “motion sickness friendly” attualmente disponibili su PS Store e nei negozi per PlayStation VR, affiancando il già trattato REZ Infinite.
UntilDawn: Rush of Blood è senz’ombra di dubbio uno dei videogiochi migliori nell’attuale panorama di titoli disponibili per PlayStation VR, e sa farsi apprezzare anche nella sua inedita natura di spin-off in qualità di sparatutto su rotaie. Chiaramente, il team di Supermassive Games è affezionato al cast di protagonisti del titolo originale, e chissà che questo rinnovato interesse per il brand da parte di Sony non riesca a smuovere le acque in previsione di un sequel.